PIERRE de COUBERTIN E QUELLA FRASE MAI DETTA
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Antonio Lombardo
(Professore Ordinario di Storia dello Sport e Presidente del corso di laurea
in Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)
Nel 2008 Pechino celebrerà la XXVIII edizione dei Giochi Olimpici moderni, potremo così ammirare i sorprendenti miglioramenti che hanno investito quel grande paese e potremo assistere allo spettacolo sportivo più bello e affascinante del mondo. Le televisioni di tutti i paesi si soffermeranno sulle eroiche gesta degli atleti e sicuramente ci rammenteranno episodi e citazioni della gloriosa storia delle Olimpiadi. Una frase in particolare sarà pedissequamente ripetuta: “come affermava il padre dei Giochi Moderni, Pierre de Coubertin, nello sport l’importante non è vincere, ma partecipare”. Si può essere d’accordo o meno con questa affermazione, ed io non sono d’accordo, ma è certo che questa citatissima frase non è stata inventata da Coubertin, e soprattutto con la stessa certezza si può affermare che il barone francese aveva un concetto diverso di sport.
La consultazione delle carte di Coubertin, depositate presso l’Archivio del C.I.O. (Comitato Olimpico Internazionale) a Losanna, mi permette di affermare con assoluta sicurezza che quella frase è stata pronunciata per la prima volta dal vescovo anglicano Ethelbert Talbot della diocesi di Pennsylvania nel corso della cerimonia tenuta nella cattedrale di Saint Paul di Londra in onore dei partecipanti ai Giochi Olimpici del 1908.
Coubertin in una manifestazione successiva, organizzata dal governo britannico in onore degli ospiti, lancia dure parole contro la “follia delle scommesse” che “minaccia l’idea olimpica”; si dice inoltre molto preoccupato per il pericolo che sta correndo il fair play. Annuncia pure l’inizio di una crociata contro le scommesse e chiama in aiuto tutti coloro che amano lo sport per quello che è: vale a dire “per il suo alto valore educativo, per il perfezionamento umano di cui esso può essere uno dei fattori più potenti”. A questo punto ricorda che domenica ultima, nel corso della cerimonia organizzata a Saint Paul in onore degli atleti, il vescovo di Pennsylvania lo ha ricordato in termini felici: “l’importante in queste Olimpiadi, non è di vincere, ma di partecipare”. Sono parole che non traducono al meglio il vero pensiero di Coubertin circa il suo modo di intendere lo sport. Infatti subito dopo si affretta a fornire un’interpretazione che rappresenta una forzatura rispetto a quelle parole e che si accosta maggiormente alla sua concezione di sport: l’importante nella vita, non è trionfare ma combattere, non è d’aver vinto ma di essersi ben battuto. Lo sport ‑ secondo Coubertin ‑ è prima di tutto lotta, dura lotta, per la vittoria; lo sport è ambizione e volontà: “ambizione di fare più degli altri, volontà di pervenirvi”, le doti dell’atleta devono essere una grande energia, la calma e il controllo di se stesso. Lo sport poi deve tendere verso “l’eccesso”: lo sport vuole più velocità, più altezza, più forza … sempre di più. È vero! è questo anche il suo inconveniente dal punto di vista dell’equilibrio umano. Ma è anche la sua nobiltà, e anche la sua poesia.
Sono degli elementi distintivi che possono riassumersi nel noto motto di padre Didon: citius, fortius, altius, che Coubertin fa suo e che ben riassume la filosofia dei Giochi Olimpici e dello sport. In conclusione, secondo il barone francese, lo sport va praticato con l’obiettivo della vittoria, ma la vittoria va ricercata con fair play, generosità, lealtà, senza violenza e sempre rispettando l’avversario. Ed è questo il concetto di sport che ci piace e che vorremmo far diffondere sui nostri campi di gioco.
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