LA RESISTENZA ORGANICA
Testo e disegni di Stelvio Beraldo
- COME SI PRESENTA LA RESISTENZA
Il termine generico di RESISTENZA definisce la capacità dell’organismo di durare in un lavoro il più a lungo possibile, più precisamente:
– RESISTENZA GENERALE: si riferisce alla capacità di eseguire per un lungo tempo una attività fisica che impegna più gruppi muscolari unitamente all’apparato cardiocircolatorio e respiratorio.
– RESISTENZA LOCALE: è la capacità di un ristretto settore muscolare di eseguire un lavoro per un tempo lungo. In questo caso il supporto è dato essenzialmente dalla ottimale capacità di utilizzo dei substrati energetici locali, dai livelli dei vari tipi di forza (specialmente forza resistente), dal livello di forza specifica e dalle capacità coordinative (giusta tecnica esecutiva).
– RESISTENZA SPECIALE: si riferisce ad una determinata disciplina sportiva e, quindi, al particolare tipo di resistenza richiesta dal gesto specifico di gara.
- LA RESISTENZA E I MECCANISMI ENERGETICI UTILIZZATI
– RESISTENZA AEROBICA: il lavoro muscolare avviene in equilibrio tra consumo e reintegro di sostanze energetiche.
È il processo più economico ed il lavoro muscolare può essere protratto per lunghissimo tempo essendo le tensioni sviluppate molto basse (sotto il 25% circa del massimale). La capacità di lavoro va dai tre minuti circa fino a oltre 90 minuti.
Il sistema aerobico necessita dell’ossigeno inspirato per l’utilizzo (ossidazione) dei glicidi e dei grassi.
Il prodotto finale della reazione energetica è l’acqua, l’anidride carbonica e l’energia che risintetizza l’ATP (fonte energetica del muscolo).
– RESISTENZA ANAEROBICA: le tensioni muscolari, di media intensità, possono essere protratte per un tempo relativamente lungo.
Questo meccanismo avviene in assenza di ossigeno e la capacità contrattile iniziale viene ripristinata dopo circa tre ore, tempo di smaltimento dell’acido lattico ((la metà ogni 15 minuti) che è stato prodotto durante il lavoro.
- LA RESISTENZA E IL GRADO DI IMPEGNO ORGANICO E MUSCOLARE NEL TEMPO
1- RESISTENZA DI LUNGA DURATA: attività aerobica con prevalente impegno degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio.
Il tempo di durata dell’impegno organico e muscolare supera i 10 minuti per proseguire anche 2-3 ore. Dote di “endurance” con risposta cardiaca tra 140-160 pulsazioni al minuto. La resistenza di lunga durata può essere suddivisa, a seconda della possibilità di protrarre l’impegno organico e muscolare, in:
– Resistenza di lunga durata I (10-35 minuti circa): il carburante utilizzato è essenzialmente il glicogeno muscolare mentre il consumo dei grassi è molto limitato. Le tensioni muscolari superano la soglia anaerobica. Quindi viene prodotto anche acido lattico che condiziona l’intensità e la durata del lavoro.
– Resistenza di lunga durata II (35-90 minuti circa): viene utilizzata una miscela di grassi e glicidi, con prevalenza di questi ultimi. Le tensioni muscolari sono prossime alla soglia anaerobica.
– Resistenza di lunga durata III (da 90 a 360 minuti circa): l’utilizzo dei grassi è prevalente. Le tensioni muscolari si allontanano dalla soglia anaerobica e le caratteristiche psicologiche e motivazionali assumono un ruolo importante nella prosecuzione dell’attività.
– Resistenza di lunga durata IV (oltre 360 minuti circa): L’energia viene fornita quasi esclusivamente dai grassi. Le tensioni muscolari sono basse e le caratteristiche psicologiche e motivazionali assumono un ruolo predominante.
2- RESISTENZA DI MEDIA DURATA: coinvolge sia il meccanismo aerobico che anaerobico lattacido. Il lavoro può durare tra 2-10 minuti circa.
3- RESISTENZA DI BREVE DURATA: attività con predominante impegno del meccanismo anaerobico-lattacido. Richiede un buon sviluppo della resistenza alla forza e della resistenza alla velocità. Il lavoro può essere protratto per 45-120 secondi circa.
4- RESISTENZA ALLA FORZA: prestazione di forza prolungata nel tempo con elevate esigenze di resistenza locale. Si riferisce essenzialmente a discipline con gesto ciclico che si esprimono contro una resistenza bassa.
5- RESISTENZA ALLA VELOCITÀ: intervento quasi esclusivo del meccanismo anaerobico lattacido e anaerobico alattacido (a secondo della durata e dell’intensità) in esercitazioni con gesti rapidi di intensità massimale o sub-massimale. Capacità detta di “resistence” con durata possibile tra i 15-45 secondi.
- FATTORI CHE GARANTISCONO LA RESISTENZA
– Presenza (patrimonio genetico) nei muscoli utilizzati di un maggior numero di fibre rosse (a contrazione lenta o ST).
– Maggiore vascolarizzazione muscolare.
– Contenuto nel sangue di ossigeno e fonti energetiche (glicidi e acidi grassi).
– Capacità di assorbimento e utilizzazione dell’ossigeno.
– Capacità di immagazzinamento e trasformazione delle fonti energetiche (glicidi e acidi grassi).
– Efficienza dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio.
– Ottima coordinazione dei movimenti nel giusto alternarsi di contrazione e decontrazione dei muscoli agonisti e antagonisti.
– Capacità volitiva e forte motivazione.
L’allenamento per la resistenza può determinare nel tempo:
– aumento del diametro e del numero dei capillari muscolari e relativo migliore trasporto e scambio periferico
– aumento delle cavità cardiache e della forza di contrazione del cuore
– migliore regolazione della distribuzione sanguigna tra carico e recupero
– diminuzione della frequenza cardiaca a riposo
– aumento del volume del sangue e dei globuli rossi
– aumento delle capacità “tampone” del circolo sanguigno sulla formazione di acido lattico
– aumento dei volumi polmonari.
- GLI ASPETTI PECULIARI DELLA RESISTENZA
1- CAPACITA’ AEROBICA (o resistenza aerobica): possibilità di protrarre a lungo il lavoro grazie alla presenza ottimale delle sostanze energetiche (glicogeno muscolare ed epatico).
2- POTENZA AEROBICA: importantissima negli sport di durata, è strettamente legata alla quantità di ATP (Adenosintrifosfato) che il metabolismo aerobico del soggetto è in grado di sintetizzare nell’unità di tempo. Sono determinanti il massimo consumo di ossigeno (detto VO2 max, è la più grande quantità di ossigeno che si riesce a consumare nell’unità di tempo riferendosi ad 1 Kg. di peso corporeo, ovvero aumento dell’ossigeno nel sangue e maniera ottimale in cui giunge ai muscoli), e la massima intensità di lavoro realizzabile al di sotto della soglia anaerobica (massima intensità di lavoro che può essere effettuata senza ricorrere alla glicolisi anaerobica e, quindi, senza accumulo di acido lattico nei muscoli).
Responsabili del VO2 max sono principalmente:
– ventilazione respiratoria
– gittata cardiaca (quantità di sangue pompata in un minuto)
– trasporto periferico di ossigeno da parte dell’emoglobina del sangue
– capillarizzazione muscolare
– differenza artero-venosa della concentrazione di ossigeno
– attività enzimatica a livello dei mitocondri delle cellule muscolari.
Il VO2 max raggiunge il suo valore naturale massimo intorno ai 16-17 anni per poi diminuire progressivamente.
3- CAPACITA’ ANAEROBICA LATTACIDA: corrisponde alla quantità di lavoro che si riesce ad effettuare utilizzando come fonte di energia il solo meccanismo anaerobico-lattacido e, pertanto, tollerare l’accumulo di lattato nei muscoli e nel sangue.
4- POTENZA ANAEROBICA LATTACIDA: è la quantità di energia prodotta anaerobicamente, nell’unità di tempo, dalla scissione del glicogeno. È strettamente collegata al processo energetico anaerobico alattacido nei cui confronti svolge un vero e proprio ruolo di supporto. In condizioni di massima potenza anaerobica lattacida è possibile mantenere lo sforzo per poche decine di secondi.
Il miglioramento della capacità aerobica si effettua con lavoro prolungato e, quindi, tale da comportare il giusto utilizzo della miscela energetica glicogeno-grassi.
Il miglioramento della potenza aerobica si effettua con lavoro in prove ripetute ove le tensioni muscolari e la durata (quindi velocità esecutiva) portano molto vicino alla soglia anaerobica (mai superiore per non accumulare lattato e conseguente riduzione della attività dei mitocondri cellulari, centrali “energetiche” dove avvengono le reazioni ossidative aerobiche).
- LA RESISTENZA E I GIOVANI
Tra i 7-8 anni di età l’organismo risponde allo sforzo di durata in maniera quantitativa, ovvero aumentando solo la frequenza cardiaca e respiratoria. Questo avviene in quanto sono ancora ridotti i volumi cardiaci e polmonari. Il vero limite alla resistenza nel bambino deriva comunque dalla naturale scarsa propensione allo sforzo monotono e prolungato e, quindi, alla mancanza di stimoli sempre diversi e di carattere ludico.
A 9-10 anni si può già iniziare un progressivo allenamento alla resistenza generale. Il massimo incremento naturale della resistenza si ha intorno ai 15-16 anni, mentre a 17-18 anni si raggiunge la massima capacità di resistenza.
- I METODI PER MIGLIORARE LA RESISTENZA
1- METODI PER LO SVILUPPO DELLE CAPACITÀ AEROBICHE
(Metodi continui, Metodi alternati, Metodi intervallati, Metodo del circuito)
Tendono ad attuare tutte quelle modificazioni organiche utili a migliorare i parametri fisiologici e biochimici esposti precedentemente.
a) METODI CONTINUI (a velocità costante)
Presentano la caratteristica di svolgersi senza interruzioni e a velocità costante:
– LAVORO LUNGO E LENTO: fino a circa 2 ore, con frequenza cardiaca intorno a 120-150 e VO2 max al 60-65% del massimo. Metodo ottimale per gli adattamenti idrotermici e muscolari, per il metabolismo aerobico e per l’attivazione capillare
– LAVORO MEDIO: fino a 60 minuti con intensità più elevata portando la frequenza cardiaca intorno a 150-170 e VO2 max al 75% circa del massimo. Utile per elevare il consumo di ossigeno, la funzionalità enzimatica e mitocondriale
– LAVORO BREVE E VELOCE: fino a 30 minuti circa, con frequenza cardiaca intorno a 170-180 e VO2 max all’80-85% del massimo. Metodo utile se, unito al lavoro medio, per rafforzare sia il meccanismo aerobico che quello anaerobico. I ritmi più elevati del movimento trasformano e ottimizzano le coordinazioni nei regimi più elevati. Inoltre, grazie alla maggiore intensità vengono a interrelarsi in maniera ottimale le esigenze metaboliche, tecniche e volitive.
b) METODI ALTERNATI (variazioni di ritmo)
Hanno la caratteristica di durata con alternanze di richieste energetiche tali da far contrarre, per breve tempo, debito di ossigeno (produzione di acido lattico), debito che viene recuperato continuando il lavoro a ritmi più bassi. Quindi viene migliorata la capacità di recupero del debito di ossigeno lattacido durante il lavoro stesso.
Gli stimoli di alternanza producono anche adattamenti ed elevazione delle funzioni degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio.
La METODOLOGIA prevede un lavoro lungo a ritmo moderato (circa 130-140 di frequenza cardiaca) al quale si alternano momenti più brevi a ritmo più veloce (fino a 180 di frequenza cardiaca) e così di seguito. Tra questi metodi tipico è il Fartlek che (nella corsa) si snoda in ambiente naturale vario, con pendii, ostacoli ed altre situazioni che favoriscono l’alternanza delle richieste energetiche.
c) METODI INTERVALLATI
Si svolgono in serie di ripetizioni ad intensità elevata su distanze o tempi programmati. Il recupero tra le serie è incompleto e tale da riportare la frequenza cardiaca a 120 circa, per poi iniziare subito una nuova serie.
I PARAMETRI da tenere sempre in considerazione sono:
– distanze e/o intensità del lavoro
– numero delle ripetizioni e degli intervalli
– durata dell’intervallo di recupero tra le ripetizioni
– condizioni cardiache nelle fasi di recupero
– frequenza di allenamenti settimanali.
Metodo intervallato estensivo (o della pausa allenante o interval-training)
Si pone come obiettivo primario l’aumento delle cavità cardiache, quindi la possibilità di mettere in circolo una maggiore quantità di sangue. Questo avviene in quanto alla fine del carico di ogni serie si verificano grandi variazioni della pressione arteriosa minima e conseguente aumento del volume di riempimento del cuore. È un allenamento che rientra essenzialmente nelle esercitazioni utili al miglioramento della resistenza aerobica:
– distanze o tempo programmati in maniera tale da far salire la frequenza cardiaca intorno a 180 (lavoro di 15-60 secondi)
– pause di recupero tali da consentire una discesa della frequenza cardiaca intorno a 120 (solitamente in 45-90 secondi)
– 10-20 ripetizioni.
Bisogna porre attenzione a regolare opportunamente gli intervalli di recupero al fine di rimanere nell’ambito di sviluppo delle capacità aerobiche in quanto:
– intervalli troppo lunghi con rispettiva normalizzazione delle funzioni fisiologiche contribuiscono ad incrementare solo qualità anaerobiche
– intervalli troppo brevi incrementano la potenza anaerobica.
d) METODO DEL CIRCUITO
Si effettua nel modo seguente:
– 6-10 stazioni con esercizi che coinvolgono più masse muscolari contemporaneamente in ogni singola stazione
– carico naturale o piccoli sovraccarichi
– ripetizioni in numero tale da mantenere la frequenza cardiaca e il tempo di lavoro nell’intensità di carico desiderata, ovvero:
1- intensità di carico compensatorio: utile in fase di riscaldamento e di recupero, con frequenza cardiaca a 100-110
2- intensità di carico di base: ottimale per la formazione dei processi aerobici e per l’incremento delle capacità di base di prestazione. La frequenza cardiaca si aggira intorno a 120-150.
Solitamente viene identificato come resistenza di lunga durata con impegno organico e muscolare che permette di superare i 10 minuti:
– recupero tra le stazioni minimo o nullo
– recupero tra i giri tale da mantenere la frequenza cardiaca ai valori prefissati
– numero di giri del circuito adeguati ai parametri cardiaci e tempi previsti per le varie intensità di carico.
2- METODI PER LO SVILUPPO DELLE CAPACITÀ ANAEROBICHE
(Metodi intervallati, Metodi delle ripetizioni, Metodi alternati, Metodo della competizione, Metodo del circuito)
a) METODI INTERVALLATI
Metodo intervallato intensivo
Differisce dal precedente metodo intervallato estensivo per la minore durata del lavoro e per la maggiore intensità di carico che si porta intorno al 90% del massimo consumo di ossigeno con tensioni muscolari che superano il 30% circa della massima forza isometrica.
Sollecita selettivamente le fibre a contrazione rapida con depauperamento energetico che porta all’ipertrofia. Inoltre migliora la capacità di assorbimento dell’ossigeno (VO2 max).
Si effettua nel modo seguente:
– distanze o tempo programmati in maniera tale da far salire la frequenza cardiaca intorno a 180 e più (lavoro di 15-60 secondi)
– pause di recupero tali da consentire una discesa della frequenza cardiaca intorno a 110-120 (solitamente in 45-90 secondi)
– 4-5 prove (serie) da 3-5 ripetizioni ciascuna. Al termine di ogni serie si effettua un recupero di 15-20 minuti.
b) METODI DELLE RIPETIZIONI
Indicati per discipline sportive ad elevata intensità e grande capacità di resistenza, consistono nella ripetizione di distanze, o tempi di lavoro, brevi e mediamente brevi con recuperi completi. Vengono stimolate principalmente le fibre muscolari a contrazione rapida.
Metodo delle ripetizioni per la capacità anaerobica alattacida
Orientato al potenziamento delle capacità di utilizzo dell’energia legata alla reazione CP (fosfocreatina), il metodo consiste nella esecuzione di ripetizioni e serie con i seguenti parametri:
– intensità di lavoro: intorno al 95% del massimo possibile
– tempo di lavoro (ripetizione): 5-8 secondi circa
– intervalli di recupero: 2-3 minuti tra le ripetizioni e 7-10 minuti tra le serie (sommatoria di più ripetizioni)
– numero delle ripetizioni: 3-4 per serie
– numero delle serie: 3-4.
Metodo delle ripetizioni per la capacità anaerobica lattacida
Scopo principale è il miglioramento del meccanismo glicolitico. Si attua nel modo seguente:
– intensità del lavoro: elevata, vicina a quella massima e in relazione alle distanze o tempi programmati
– durata del lavoro (ripetizione): tra i 20 secondi e i 2 minuti circa
– intervalli di recupero: completi dopo ogni ciclo di ripetizioni. Effettuando più serie (sommatoria di più ripetizioni) circa 15-20 minuti tra le serie
– numero delle ripetizioni: solitamente 3-4 per serie
– numero delle serie: 4-5.
c) METODO DELLA COMPETIZIONE
Attuato in atleti di alto livello e nei periodo di preparazione a gare importanti, consiste in vere e proprie prove di gara effettuate con intensità leggermente superiore o inferiore.
d) METODO DEL CIRCUITO
Si effettua nel modo seguente:
– 4-8 stazioni con esercizi che coinvolgono più masse muscolari contemporaneamente in ogni singola stazione
– carico naturale o piccoli sovraccarichi
– ripetizioni in numero tale da mantenere la frequenza cardiaca e il tempo di lavoro nell’intensità di carico desiderata, ovvero:
1- intensità di carico di sviluppo: al limite della soglia anaerobica e sollecitazione del meccanismo anaerobico lattacido. Questo tipo di impegno mantiene la frequenza cardiaca intorno a 170-180. Rientra in questo quadro la resistenza di media durata con tempi di lavoro tra 2 e 10 minuti
2- intensità di carico limite: nettamente al di sopra della soglia anaerobica con prevalente intervento del meccanismo anaerobico lattacido. La frequenza cardiaca si colloca a 180 e oltre. Si identifica come resistenza di breve durata con lavoro dai 45 secondi ai 2 minuti.
– recupero tra le stazioni minimo o nullo
– recupero completo (5 minuti e oltre) tra un giro e l’altro
– numero di giri del circuito adeguati ai parametri cardiaci e tempi previsti per le varie intensità di carico.
(*)
% MFC = Percentuale della Massima Frequenza Cardiaca. Va tenuto presente che la MFC è semplicemente una indicazione che può comunque variare a seconda dello stato di salute, di allenamento e di età del soggetto. Per i principianti e per le persone anziane non dovrebbero superare mai la percentuale della MFC consigliata.
% VO2max = Percentuale riferita al Massimo Consumo di Ossigeno.
PER SAPERNE DI PIÙ: Cardiofitness e miglioramento dell’efficienza fisica
Stelvio Beraldo
Maestro di Sport
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