Alimentazione

ADOLESCENZA E DISTURBI ALIMENTARI

Giorgio Pitzalis
Specialista in Gastroenterologia e Scienza dell’Alimentazione

FIGLI

Si sono appropriati di ogni nostro gesto
hanno gli stessi occhi, la stessa
inclinazione a contar storie
magari un viso somigliante
soffrono come noi dell’ingiustizia.
Vivono in un mondo di case rimpicciolite
castelli spaziosi ed alte torri
circondati da fantasmi con nomi misteriosi.
Parlano una segreta lingua
di uccelli e di burattini.
in genere ci ignorano.
La nostra vendetta consiste
nel guidar le loro vite
e obbligarli a copiare segrete frustrazioni,
ma ogni notte, liberi, ci uccidono nei sogni.
Inoltre si ammalano, pure, e
hanno ancora bisogno di noi.
Ci conquistano con piccole parole
e praticano la magia tenacemente.
Eppure niente potrà impedire
che sui loro corpi il dolore si accanisca,
che commettano errori
e che crescano.
(Horacio Salas)

L’adolescenza rappresenta da sempre un momento della vita estremamente complesso e periglioso ed è comunque un momento di discontinuità nello sviluppo del bambino/a; è vero: spesso è necessaria molta, molta pazienza. Ogni adolescente, in questo periodo, cerca di “fare fronte” (coping). La fiducia in se stesso comporta organizzare un’azione e cercare un aiuto specifico (= coping centrato sul problema). In altri casi questo non avviene e si può avere una reazione scomposta ai problemi adolescenziali, come arrabbiarsi o piangere (= coping puramente emozionale). In ultima analisi, e sono i casi più seri, possono essere presenti sentimenti quali l’abbandono, la disperazione, la fuga, la perdita di tempo (= coping non adattativi).
L’età puberale viene considerata solitamente quella che va dai 9 agli 11 anni; ovviamente, l’età di inizio è molto variabile e dipende da molti fattori, tra cui l’ereditarietà ed i fattori ambientali (la nutrizione, lo stato generale di salute, condizioni geografiche e climatiche).

Quando inizia la pubertà?
Nella femmina il primo segno è la crescita del seno (telarca) che interviene tra gli 8 e i 13 anni (media 11 anni). Il completamento puberale avviene 4-5 anni dopo. L’età della prima mestruazione (menarca), che negli ultimi 100 anni ha mostrato un’anticipazione di 4 mesi ogni decade, negli ultimi 20 anni è stabile sia negli USA che in molti paesi europei. Attualmente è, in Italia, 12-12,6 anni. Il picco di velocità di crescita avviene, in media, a 12,2 anni (dopo il menarca la crescita è in media 4-6 cm). L’arresto staturale avviene a 15,5 + 2 anni.
Nel maschio il primo evento puberale è l’aumento dei testicoli tra i 10 e i 14 anni (media 11,5 anni). Il completamento puberale avviene 4,5-5 anni dopo. Il picco di velocità di crescita si ha, in media, a 14,9 anni e l’arresto staturale avviene a 17,5 anni + 2 anni.
Una delle caratteristiche essenziali della pubertà è costituita dal fatto che essa si accompagna inevitabilmente a marcati cambiamenti fisici nell’individuo. Questi mutamenti marcati, possono presentare caratteristiche diverse nei maschi e nelle femmine.
Nei ragazzi accade che le loro spalle si allargano, aumenta il loro tessuto muscolare, tendano a perdere peso. Di contro, nelle ragazze, a causa del rallentamento della velocità della crescita, tendono ad ingrassare, e, soprattutto, ad accumulare adipe nei fianchi.
La conseguenza (non banale!) di tutto ciò è che i maschi sono generalmente molto contenti di quello che gli sta succedendo, mentre per le femmine è esattamente il contrario.
Il perché è facilmente immaginabile: nella nostra società le ragazze inseguono il mito della magrezza. La pubertà è invece per loro associata ad una tendenza inesorabile ad ingrassare; il vedersi grasse (soprattutto rispetto ai canoni che la società ci impone) si associa molto spesso ad una percezione negativa di sé e del proprio corpo e questo comporta, molto spesso, l’inizio di diete severe. Queste grandi modifiche strutturali e comportamentali, senza dubbio influenzate dai mass-media, possono condurre ad una distorsione dello schema corporeo.
Molti ragazzi tendono a far confluire tutte le proprie ansie sull’aspetto fisico in trasformazione: il peso (spesso ritenuto eccessivo per le femmine), o l’altezza nei maschi (fonte di preoccupazione perché considerata inferiore alla media), il viso, la forma del naso, le dimensioni del pene o del seno, diventano improvvisamente fonti di disagio e preoccupazione. Talora possono sfociare anche in condotto patologiche (dismorfofobia e disturbi del comportamento alimentare).

Cosa è una dismorfofobia? Il termine dismorfofobia compare per la prima volta nel 1886 sul Bollettino dell’Accademia delle Scienze Mediche di Genova, per indicare “una sensazione soggettiva di deformità o di difetto fisico, per la quale il paziente ritiene di essere notato dagli altri, nonostante il suo aspetto rientri nei limiti della norma“.Una delle caratteristiche essenziali della pubertà è costituita dal fatto che essa si accompagna inevitabilmente a marcati cambiamenti fisici nell’individuo. Questi mutamenti marcati, possono presentare caratteristiche diverse nei maschi e nelle femmine.
Nei ragazzi accade che le loro spalle si allargano, aumenta il loro tessuto muscolare, tendano a perdere peso. Di contro, nelle ragazze, a causa del rallentamento della velocità della crescita, tendono ad ingrassare, e, soprattutto, ad accumulare adipe nei fianchi.
La conseguenza (non banale!) di tutto ciò è che i maschi sono generalmente molto contenti di quello che gli sta succedendo, mentre per le femmine è esattamente il contrario.
Il perché è facilmente immaginabile: nella nostra società le ragazze inseguono il mito della magrezza. La pubertà è invece per loro associata ad una tendenza inesorabile ad ingrassare; il vedersi grasse (soprattutto rispetto ai canoni che la società ci impone) si associa molto spesso ad una percezione negativa di sé e del proprio corpo e questo comporta, molto spesso, l’inizio di diete severe. Queste grandi modifiche strutturali e comportamentali, senza dubbio influenzate dai mass-media, possono condurre ad una distorsione dello schema corporeo.
Molti ragazzi tendono a far confluire tutte le proprie ansie sull’aspetto fisico in trasformazione: il peso (spesso ritenuto eccessivo per le femmine), o l’altezza nei maschi (fonte di preoccupazione perché considerata inferiore alla media), il viso, la forma del naso, le dimensioni del pene o del seno, diventano improvvisamente fonti di disagio e preoccupazione. Talora possono sfociare anche in condotto patologiche (dismorfofobia e disturbi del comportamento alimentare).
Gli studi sulla “dismorfofobia” hanno rivelato che i soggetti interessati valutano correttamente l’aspetto delle persone che le circondano ma non il proprio. In poche parole una ragazza con questo problema valuta con facilità se un’amica sia troppo magra o al contrario sovrappeso. E si esprime con grande obiettività, rispetto a canoni estetici da applicare alle altre coetanee che vede per strada. Invece quando osserva la sua immagine riflessa allo specchio … si sbaglia.
I disturbi dell’alimentazione possono essere secondari alla dismorfofobia come conseguenza di un’alterata percezione del corpo. è possibile ipotizzare due diversi “percorsi” che associano l’anoressia nervosa al dismorfismo. Da un lato è infatti ragionevole pensare che l’anoressia sia una conseguenza del dismorfismo, come tentativo di controllare il proprio peso corporeo al fine di rendere il corpo adeguato al proprio ideale. Dall’altro lato è possibile ipotizzare il percorso diametralmente opposto, ovvero della dismorfofobia come conseguenza dell’anoressia. Oggi la dismorfofobia è comunque considerata un “criterio diagnostico” dell’anoressia nervosa.

Anoressia

– Perdita di peso e rifiuto di mantenere il peso corporeo al livello minimo normale per l’età e la statura
– Disturbi nel modo di sentire il proprio peso e negazione della gravità della perdita di peso
– Paura di aumentare di peso, pur essendo sottopeso
– Amenorrea (o perdita della libido nei maschi)

Nei disturbi dell’alimentazione di tipo restrittivo o bulimico è molto importante Il rapporto madre-figlia. Spesso infatti nella storia si possono incontrare madri intrusive e limitanti, che hanno rinunciato alle loro ambizioni personali per dedicarsi ai figli e che agiscono su quest’ultimi un controllo tale da non permettere loro una naturale acquisizione di autonomia ed una adeguata percezione della propria identità “in fieri”.
Molte persone sono insoddisfatte del loro aspetto fisico, e ovviamente questo di per sé non rappresenta un sintomo di interesse psichiatrico. La semplice insoddisfazione per il proprio aspetto, diviene patologica quando i pazienti dismorfofobici ritengono che gli altri siano consapevoli della loro deformità fino al punto che l’ansia e la preoccupazione portano ad un disturbo della funzionalità sociale. L’intera vita del paziente può essere sconvolta fino ad arrivare ad un isolamento sociale estremo e, in rari casi, a suicidi o tentati suicidi. “La preoccupazione è così esclusivamente concentrata su un aspetto del corpo, vissuto come deformato, ripugnante, inaccettabile e ridicolo, che l’intera esistenza di un individuo è dominata da questa preoccupazione e nient’altro ha più significato” (Jahrreiss, Ipocondria della bellezza – 1930).
La dismorfofobia è alla base di intensi sentimenti di ansia e di inferiorità, non sempre compresi dal mondo adulto. Questa paura tipica degli adolescenti di ogni epoca viene oggi esasperata dalle immagini diffuse dai media, con le quali i giovani sono inevitabilmente costretti a confrontarsi, con il risultato pressoché scontato di risultare perdenti. Questo senso di sconfitta, dal quale l’adolescente non sa difendersi, influisce grandemente sull’autostima. L’unica difesa messa in atto dai ragazzi è quella di conformarsi sempre più al gruppo che frequentano, alle immagini che più vanno di moda, ai propri idoli. E così che il peso, la statura, il sedere, la pancia, le cosce, il seno diventano oggetto, tutti insieme o singolarmente, delle ossessive attenzioni della ragazza, che sin da giovanissima aspira oggi a entrare nel mondo colorato della moda e dello spettacolo. Da qui nascono le esigenze di controllare il peso, da cui poi insorgono comportamenti anoressici. Grandi sofferenze può inoltre provocare la comparsa dell’acne.
Nella maggior parte degli studi epidemiologici negli ultimi tempi si è notato un aumento della frequenza dei disturbi del comportamento alimentare tra gli studenti, sia delle scuole medie inferiori che superiori. A seconda dei diversi studi la frequenza varia tra il 2 ed il 10%, dipendendo dal tipo di popolazione studiata e dai criteri diagnostici utilizzati; questo ha fatto sì, che si sia parlato di una “epidemia sociale moderna” a proposito di anoressia e bulimia, e si siano fatte le ipotesi più disparate per giustificare questo sviluppo. è chiaro che i ricercatori si sono dedicati allo studio di questa popolazione, in quanto risulta maggiormente affetta da queste patologie, ed è contemporaneamente la maggiormente influenzabile dalle mode e dagli atteggiamenti culturali dei mass media, sentendo su di se in modo pesante la pressione dei fortissimi condizionamenti pubblicitari, che l’industria alimentare e non, riversa su di loro.
Da queste considerazioni deriva un importante problema di politica sanitaria, ed è decidere se eventuali forme di educazione alimentare o di semplice formazione di base sulla nutrizione, migliorano il comportamento alimentare di queste popolazioni e diminuiscono l’incidenza e la prevalenza di anoressia e bulimia.
Alcuni studi concordano con percentuali vicine al 7% di ragazze tra i 17 e i 19 anni con BMI <17 e percentuali del 16% tra i 17 e i 21 anni con BMI <19, le percentuali relative ai maschi sono invece decisamente inferiori; ma nonostante questi indici, indichino magrezze che sconfinano nel patologico, contemporaneamente, la popolazione femminile della stessa età, presenta desiderio di dimagrire in percentuali intorno al 20%, e percentuali che raggiungono quasi il 25%, per quanto riguarda l’insoddisfazione generica nei confronti del proprio aspetto fisico.
Alcuni lavori francesi che utilizzavano il Body Shape Questionnaire (per valutare l’immagine corporea), hanno rilevato tra le ragazze giovani una scontentezza rispetto alla loro immagine corporea pari al 20%. Questo fatto, legato al desiderio di dimagrire per la gran parte della popolazione giovanile femminile, nonostante la presenza di un peso corretto, può far sospettare un acritico adeguamento a modelli sociali prestabiliti ed una fragilità psicologica inquietante, al punto che, questa potrebbe legarsi fortemente alla genesi di problemi sull’immagine corporea (dismorfofobia) e, di conseguenza, partecipare con meccanismi riflessi allo sviluppo dei disordini del comportamento alimentare.
Per evitare questi possibili rischi, il/la bambino/a e poi ragazzo/a, in corrispondenza della pubertà, deve essere condotto ad un controllo pediatrico 1-2 volte l’anno, al fine di valutare il corretto procedere della sua crescita. Durante tali visite verranno valutati anche le abitudini alimentari e un rapido calcolo del Body Mass Index o BMI (kg/m2), consentirà di individuare un eventuale stato di sottopeso, per il quale intervenire prontamente (Tabella 1).

Tabella 1 – BMI (limite minimo)

BMIminimo

(Cole TJ et al. BMJ 2000)

I principali errori alimentari dell’adolescente sono la prima colazione frettolosa o assente, la seconda colazione del mattino abbondante, il pranzo spesso incompleto, la merenda a base di cibi “industriali”, la cena preparata in fretta o addirittura basata su formaggi e salumi.
I pasti sono consumati sempre meno a domicilio e nelle “ore canoniche”. Gli snack vengono assunti senza soluzione di continuità durante la giornata a scuola, al lavoro o nei locali pubblici. Altro fenomeno sociale è il dilagare di distributori automatici di alimenti ad alto contenuto di grassi e di zuccheri semplici e di bibite analcoliche dolci. Ridotto è invece il consumo di cereali, dei legumi e della frutta fresca, a favore di dolciumi, “snack”, barrette, “soft-drink”, hamburger etc. Il latte è spesso precocemente abolito e sostituito da bevande gasate e zuccherate. Costante è l’eccesso di proteine animali, grassi saturi e sodio mentre carenti sono i carboidrati complessi e fibra alimentare, calcio, ferro, zinco ed acido folico.
Un regime dietetico corretto, sulla scorta dei dettami della dieta mediterranea, dovrebbe prevedere che il 12-15% delle calorie sia fornito dalle proteine, il 25-30% circa dai lipidi e il 55-60% circa dai carboidrati. La percentuale dei lipidi dovrebbe essere suddivisa in: 10% acidi grassi saturi, 7-8% polinsaturi e 12-13% monoinsaturi. L’apporto di colesterolo non deve superare i 100 mg/1000 kcal. Di seguito vengono riportate le grammature indicative per gli adolescenti degli alimenti, confrontati con le porzioni per gli adulti (Tabella 2).

Tabella 2– Consumo indicativo quotidiano degli alimenti dell’adolescente e dell’adulto

adolescenti

(da Il cibo: istruzioni per l’uso. Giorgio Pitzalis; Maddalena Lucibello. Franco Angeli 2002)

In conclusione, emerge la necessità di seguire nel tempo i nostri ragazzi ed il pediatra, in prima fila, è tenuto “a consegnare” al medico dell’adulto un “individuo sano” e con un buon rapporto con gli alimenti. La sfida continua!


Giorgio Pitzalis
Specialista in Gastroenterologia e Scienza dell’Alimentazione
Sezione di Valutazione Nutrizionale e Dietoterapia del bambino sovrappeso
BIOSdueRoma – Via D. Chelini 39

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