LA CATARATTA

Francesco Antonio Vero, Nicoletta Fantozzi
La cataratta è un’opacizzazione del cristallino usualmente progressiva e irreversibile che porta alla perdita della funzionalità visiva con implicazioni mediche, sociali ed economiche (OMS 1985)
L’intervento di cataratta rappresenta uno degli interventi più eseguiti nel mondo. Si calcola che, in Italia, annualmente sino eseguiti circa 500.000 interventi di cataratta in strutture pubbliche e strutture private.
Riproduzione di una lastra di litografia da Gray’s Anatomy – Bridgeman Art Library – USA
COSA È LA CATARATTA?
La cataratta è una progressiva opacizzazione del cristallino che interferisce con il passaggio della luce nell’occhio provocando una progressiva riduzione dell’acuità visiva sia in termini quantitativi sia qualitativi.
Il cristallino è una struttura trasparente rivestita da una capsula di collagene resistente ed elastica.
Ha la forma di una lente biconvessa sospesa all’interno dell’occhio e connessa, grazie ad un apparato di sospensione definito “zonula”, al muscolo ciliare la cui reazione determina la modifica della curvatura della superficie anteriore assicurando il normale passaggio dalla visione da lontano a quella da vicino e viceversa (Kanski, J., 1990).
Il cristallino separa le due camere anteriore e posteriore dell’occhio.
Da un punto di vista morfologico distinguiamo:
- Capsula Anteriore
- Epitelio Sottocapsulare
- Nucleo
- Corteccia
- Capsula Posteriore
Il nucleo rappresenta la parte più interessata dal processo di sclerosi e viene asportato in toto durante l’intervento lasciando in situ la capsula che funge così da supporto per l’impianto di un cristallino artificiale (IOL: Intra Ocular Lens).
Il particolare orientamento delle fibre nucleari conferisce la normale trasparenza di questa lente attiva e i fenomeni di invecchiamento o alterazioni metaboliche o fenomeni innescati su base genetica comportano il progressivo ispessimento delle fibre stesse determinando all’inizio una riduzione dell’elasticità con difficoltà nella visione da vicino (presbiopia) e, nel tempo, una opacizzazione progressiva tanto da comportare una riduzione quasi completa della visione come capita nelle cosiddette cataratte bianche (Lofoco, G., et al. 1990).
CAUSE DI CATARATTA
Quando la cataratta è presente già alla nascita si parla di cataratta congenita, quando invece compare nel corso dell’età adulta si parla di cataratta acquisita.
Le principali cause di cataratta congenita sono:
FATTORI AMBIENTALI
- Meccanici: traumi, briglie amniotiche
- Fisici: radiazioni
- Chimici: farmaci
- Metabolici: diabete materno, ipoparatiroidismo, ipotiroidismo, galattosemia
- Nutrizionali: carenza di aminoacidi, di acido folico, ipo e ipervitaminosi A, ipervitaminosi D
- lnfezioni da gravidanza: rosolia, Citomegatovirus, toxoplasmosi
FATTORI GENETICI
Cataratta congenita
Cataratta congenita
Sono possibili tre modalità di trasmissione:
- Autosomica Dominante
- Autosomica Recessiva
- Legata al cromosoma X
Le principali cause di cataratta acquisita (Peymans S., 1981) sono:
NON OCULARI
- Malattie metaboliche: diabete mellito, galattosemia (Skalka H., 1980; Elman M., 1986.) ipocalcemia, ipotiroidismo, morbo di Wilson
- Malattie Cutanee: dermatite atopica, S. di Rothmund, S. di Werner, ittiosi, psoriasi, incontinentia pigmenti
- Malattie lnfettive: lue, toxoplasmosi, Citomegalovirus ecc.
- Altre Malattie Sistemiche: distrofia miotonica, S. di Down, S. di Conradi, Aminoacidurie, Fenilchetonuria
- Cause tossiche: farmacologiche (Skalka H. W., 1980): cortisone, miotici, clorpromazina
- Da Radiazioni (alfa, beta e gamma)
- Da Emodialisi
Cataratta da steroidi
OCULARI
Si definiscono anche cataratte complicate perché complicano un’altra malattia oculare.
- Uveiti
- Glaucoma
- Retinopatia Pigmentosa
- Tumori Oculari
- Miopia Elevata
- Post-Traumatiche: contusione bulbare, perforazione, shock elettrico, folgorazione, disidratazione grave
Cataratta uveitica
SINTOMATOLOGIA
Nelle cataratte congenite (Stark W.J., 1979) sono la comparsa di un’ombra bianca in campo pupillare e uno strabismo da non uso a richiamare l’attenzione dei genitori. I neonatologi, subito dopo la nascita, valutano la presenza di anomali riflessi in campo pupillare che possono essere non solo espressione di una cataratta quanto anche di neoformazioni congenite a carico soprattutto del nervo ottico.
Nelle cataratte acquisite, laddove non esistano fenomeni particolari come infiammazioni o malattie che inducono catarattogenesi, il processo di sclerosi del cristallino inizia all’incirca ai 40 anni di età con l’avvento della presbiopia, cioè della progressiva incapacità a leggere o mettere a fuoco spontaneamente gli oggetti a una distanza ravvicinata.
Con il passare del tempo aumenta la sclerosi e varia l’indice di rifrazione del cristallino determinando un peggioramento del visus anche per lontano per cui un soggetto può presentare una ipermetropia o una miopia mai avuti prima, difetti definiti appunto “di indice” e ancora correggibili.
Solo quando la sclerosi determinerà un grado di opacizzazione del cristallino, tale da non essere più suscettibile di correzione con occhiali, si può parlare di cataratta vera e propria.
I sintomi più frequentemente riferiti, nonostante l’uso degli occhiali, sono la visione nebulosa, una percezione dei colori meno vivida, abbagliamento e scarsa resistenza alla luce.
La progressione non è necessariamente uguale nei due occhi tanto che il soggetto può esser sottoposto a necessario intervento in un occhio mentre l’altro addirittura per qualche anno può non richiedere trattamento chirurgico.
Esistono dunque vari tipi di cataratta (Shagian J., 1978) con aspetto morfologico diverso e una differente manifestazione clinica.
Secondo un Criterio topografico si distinguono:
- Cataratta Nucleare
- Cataratta Corticale
- Cataratta Sottocapsulare Posteriore
- Cataratte Miste
La Cataratta nucleare (Fisher R.F., 1970) interessa solo il nucleo, induce in genere una miopizzazione per lontano ed è anche la più frequente.
Cataratta nucleare
La Cataratta Sottocapsulare interessa la zona di passaggio tra il Nucleo e la Capsula Posteriore, è altamente invalidante in quanto interessa il punto nodale dove si concentrano i raggi luminosi prima di proiettarsi sulla retina e si trova molto spesso nei soggetti al di sotto dei 40 anni.
La Cataratta Pseudoesfoliativa (Ritch R., 2001) (PEX) può inquadrarsi nell’ambito di una malattia sistemica caratterizzata dalla produzione di materiale fibrillare, di origine sconosciuta, depositato nella matrice extracellulare di vari tessuti e organi.
Il materiale fibrillare si deposita e poi si sfoglia dalla faccia anteriore del cristallino a seguito dei movimenti pupillari. Questo tipo di cataratta è ad alto rischio di complicanza perché tutte le strutture capsulari e zonulari vengono indebolite e il pericolo di rotture intraoperatorie è abbastanza alto ma soprattutto per la difficoltà a ottenere una dilatazione pupillare adeguata che consenta un’agevole esecuzione dell’intervento.
La PEX inoltre si associa alla presenza di un glaucoma detto appunto “pseudoesfoliativo” indotto dall’intasamento del trabecolato sclerale da parte del materiale fibrillare che, spesso, necessita di trattamento chirurgico a se stante.
Cataratta Pseudoesfoliativa
Secondo l’entità della densità dell’opacità del cristallino la cataratta si classifica in:
- Cataratta incipiente: in evoluzione rapida
- Cataratta intumescente: cataratta di grandi dimensioni che provoca un glaucoma secondario
- Cataratta matura: cataratta sub-totale
- Cataratta ipermatura (o cataratta morgagnana): bianca, brunescente, nigra
Cataratta intumescente e glaucoma secondario
Cataratta senile ipermatura
Cataratta bianca
Cataratta senile morgagnana
TIMING PER L’INTERVENTO
Una volta fatta la diagnosi di cataratta assume valore importantissimo il timing di scelta per eseguire l’intervento.
Nelle cataratte congenite è necessario intervenire prima possibile soprattutto se la cataratta è totale in quanto l’ambliopia, il cosiddetto “occhio pigro”, rappresenta un effetto immediato con impossibilità di sviluppo delle colonne visive e sviluppo di un deficit da privazione.
Cataratta matura
Nelle forme acquisite dovute all’età fino a qualche anno fa, quando ancora non esistevano le attuali tecniche chirurgiche, si aspettava che la cataratta fosse “matura”, arrivasse cioè ad un grado di opacizzazione tale che i pazienti rasentavano la cecità reale con ovvie conseguenze in termini personali e sociali.
Rappresenta un valore assoluto quindi, per i pazienti ai quali sia stata diagnosticata una cataratta in evoluzione, sottoporsi a visite di controllo regolari che accertino il grado di compromissione visiva sia in termini quantitativi che qualitativi attestando il punto utile per procedere all’intervento ai 5 – 6 /10 di vista, quando cioè il grado di sclerosi non è così alto da rendere troppo duro il nucleo “catarattoso”: “La cataratta si identifica come malattia da curare chirurgicamente quando la presenza di opacità della lente determina una riduzione visiva pari o uguale a 6.5/10 (Framingham Eye Study 1973-75)” (The Framingham Eye Study, 1977). I motivi di un timing attento e corretto risiedono nell’obiettivo di ridurre il rischio operatorio.
Una cataratta dura oltre ad allungare il tempo operatorio può complicare l’intervento con una rottura del sacco capsulare e difficoltà nell’impianto del cristallino artificiale o addirittura con lussazione della cataratta in camera vitrea che impone il recupero attraverso altro intervento di vitrectomia.
Inoltre gli ultrasuoni emessi dal facoemulsificatore possono indurre un danno iatrogeno sull’endotelio corneale per sviluppo di calore e conseguente opacità della cornea talvolta irreversibile che impone un trapianto endoteliale.
Nonostante le varie raccomandazioni da parte degli oculisti ancora oggi non è infrequente operare cataratte ipermature sia per una paura implicita dei pazienti a sottoporsi a intervento sia perché si indugia a sensibilizzare il paziente ai fattori di rischio intraoperatorio.
È importante consultare dunque un chirurgo oculista per un consiglio non appena venga posta diagnosi di cataratta in evoluzione per arrivare all’intervento in condizioni di sicurezza.
PREPARAZIONE ALL’INTERVENTO CHIRURGICO
Qualche giorno prima dell’intervento si eseguono gli esami ematici di routine e una visita cardiologica con ECG. In quell’occasione viene prescritta una profilassi locale con colliri antibiotici e un collirio midriatico per indurre dilatazione pupillare che il paziente dovrà somministrare nei tre giorni precedenti l’intervento. Il paziente si reca presso la struttura il giorno stesso dell’intervento e, a digiuno, viene ulteriormente preparato presso una pre-sala previa instillazione di colliri midriatici e di colliri anestetici per l’anestesia topica o diversamente, all’occorrenza e in casi particolari, si esegue una anestesia infiltrativa peribulbare.
L’intervento si esegue con il paziente sdraiato, opportunamente con telo sterile monouso e con l’ausilio di un microscopio operatorio.
Il paziente, preferibilmente con l’aiuto di un accompagnatore, potrà tornare a casa dopo un’ora dalla fine dell’intervento sbendato ma con occhiali scuri per la fotofobia postoperatoria.
ANESTESIA
In passato si usavano tecniche anestesiologiche importanti come l’anestesia generale o la cosiddetta acinesia che altro non era che un’anestesia locale abbastanza dolorosa nella quale s’iniettava l’anestetico in area periorbitaria.
Successivamente sono state usate le anestesie retrobulbari o le peribulbari, con iniezione di anestetico rispettivamente dietro o lateralmente all’occhio, ed attualmente ci si avvale di una anestesia topica previa instillazione di colliri anestetici molto potenti.
Questa metodica non determina un blocco muscolare come accade per le peri o le retrobulbari, per cui il paziente può muovere l’occhio durante l’intervento, ma assicura una riabilitazione molto rapida del paziente stesso e, diversamente dalle iniezioni di anestetici retro o peribulbari, oltre a non essere invasiva non è assolutamente dolorosa assicurando un livello di anestesia molto elevato.
L’anestesia topica presuppone un’assoluta abilità ed esperienza da parte del chirurgo che oltre a essere rapido deve essere perfetto nella sua tecnica e, soprattutto, un importante rapporto di fiducia medico-paziente.
TECNICA OPERATORIA
L’intervento di cataratta era già eseguito in epoca egiziana e consisteva nella lussazione del cristallino in camera vitrea con appositi uncini.
Questa tecnica è ancora eseguita in alcuni paesi in via di sviluppo e comporta nel migliore dei casi l’uso di occhiali molto spessi e pesanti sempre che non insorgano distacco di retina o endoftalmite.
Nel tempo si è passati all’Estrazione Intracapsulare della cataratta praticata con un crioestrattore attraverso un taglio di almeno 15 mm e successivamente all’Estrazione Extracapsulare che prevede l’asportazione della cataratta per intero sempre attraverso tagli ampi ma con l’obiettivo di lasciare in situ le strutture capsulo-zonulari per consentire un impianto di Cristallino Artificiale (IOL) in zona retro iridea, evitando così l’uso di occhiali spessi da afachico e chiusura con punti di sutura molto sottili.
Questo tipo di tecnica è tuttora usato soprattutto in casi di cataratta ipermatura o in casi complicati dove l’uso del facoemulsificatore non è consigliabile e nei paesi del cosiddetto terzo mondo.
La vera svolta nella chirurgia della cataratta si è avuta intorno agli anni novanta del XX secolo (quindi in tempi molto recenti) quando fu messa a punto la tecnica della facoemulsificazione (Faco) (Hoffman R.S., 2001).
Il vantaggio notevolissimo raggiunto con questa tecnica è stata la riduzione delle incisioni dai 15 mm e oltre agli attuali 2.75 mm fino ai 1.8 mm delle tecniche microincisionali.
Estrazione extracapsulare
Tutto questo si traduce in una induzione astigmatica post-chirurgica praticamente nulla, in un intervento rapido, in una razionalizzazione dei costi e soprattutto in una più rapida riabilitazione del paziente.
Condizione assolutamente non trascurabile è il poter usare dei Custom Pack sterili monouso prodotti in base alle esigenze e alle volontà del singolo chirurgo, elemento che limita il rischio di inquinamento delle strumentazioni chirurgiche e rende più sicuro il risultato finale.
La tecnica prevede l’uso di ultrasuoni generati dalla vibrazione di 4 ceramiche posizionate nel manipolo usato dal chirurgo. Gli ultrasuoni fanno vibrare avanti-indietro la punta del manipolo con un meccanismo definito “elongazione della punta” che frantuma la cataratta generando una certa energia meccanica e calore.
Al manipolo sono collegati un tubo di infusione che serve per mantenere la profondità della camera anteriore dell’occhio e un tubo di aspirazione attraverso il quale defluiscono i residui della emulsificazione.
Il tutto è pilotato da uno strumento molto sofisticato che comanda vari parametri, dalla potenza del facoemulsificatore alla velocità di aspirazione e alla portata del flusso, che possono essere memorizzati a seconda delle singole esigenze dei diversi chirurghi.
L’ultima generazione di apparecchi permette l’applicazione di ultrasuoni ad oscillazione anche laterale (OZil® torsional) con riduzione dei tempi di faco, scomparsa del calore generato dall’elongazione e migliori risultati in termini di recupero post-chirurgico.
TECNICA OPERATORIA FACOEMULSIFICAZIONE
- Microincisione variabile tra 1.8 e 2.2 mm in cornea chiara con bisturi precalibrati.
- Capsuloressi: apertura circolare della capsula anteriore del cristallino che consente di esporre il nucleo.
- Idrodissezione: mobilizzazione della cataratta con BSS per poterne facilitare la frantumazione.
- Facoemulsificazione: frantumazione e aspirazione della cataratta.
- Aspirazione delle masse: aspirazione delle masse corticali dalla capsula che rimane in situ.
- Iniezione di Cristallino Artificiale Pieghevole: posizionamento della IOL nel sacco.
- Idrosutura: chiusura delle incisioni con acqua senza apporre punti di sutura.
Capsuloressi – Facoemulsificazione – Impianto IOL
CRISTALLINI ARTIFICIALI
La chirurgia della cataratta ha avuto una svolta decisiva con l’avvento della facoemulsificazione ma senza lo sviluppo dei materiali e del disegno dei cristallini artificiali (IOLs) sarebbe stata una conquista relativa. Infatti i pazienti sottoposti a intervento di cataratta prima dell’avvento della tecnica extracapsulare erano destinati a portare occhiali molto pesanti e spessi con evidenti limitazioni pratiche.
L’idea di costruire una protesi intraoculare venne già all’indomani della Seconda Guerra Mondiale quando si osservò che piloti che venivano abbattuti in combattimento e che venivano colpiti negli occhi dalle schegge dei cupolini degli aerei, non avevano reazione di rigetto nei confronti del materiale di cui erano composti.
Si arrivò quindi alla sperimentazione del polimetilmetacrilato (PMMA) e alla produzione di IOL rigide impiantabili attraverso brecce ampie con tecnica extracapsulare.
Cartridge e IOL
Impianto di IOL con iniettore
A metà degli anni novanta del Novecento furono introdotte le IOL pieghevoli che però, nonostante le piccole incisioni eseguibili con la facoemulsificazione stessa, richiedevano ancora brecce superiori ai 4 mm imponendo un allargamento delle incisioni stesse con induzione astigmatica maggiore. Le IOL attuali sono prodotte in materiale acrilico biocompatibile idrofobo o idrofilo, di disegno vario e possono essere iniettate grazie a cartucce (Cartridge) particolari attraverso incisioni minime.
La tecnica Microincisionale (MicS) (Baykara B.M., 2006), attualmente praticata da non molti chirurghi, prevede incisioni al di sotto dei 2 mm, rappresenta il futuro di questa chirurgia anche se le IOL iniettabili al di sotto dei 2 mm sono ancora poche.
Attualmente vengono impiantate IOL di varia fattura:
- Monofocali sferiche e asferiche con o senza filtro Natural
- Multifocali refrattive e diffrative
- Toriche
- Toriche e multifocali
- Pseudoaccomodative con ottica diffrattiva apodizzata
- Accomodative
Crystalens accomodativa
Lente multifocale
Lente multifocale
Le lenti accomodative (Lindstrom H.L., 2009) sono le più interessanti e le più recenti e sono concepite nella eventualità di ripetere il meccanismo accomodativo grazie alle aptiche incernierate che consentono lo spostamento antero-posteriore del piatto della lente seguendo la contrazione del muscolo ciliare motore dell’accomodazione.
Il limite delle IOL più sofisticate è rappresentato dai costi e dal fatto, come nelle accomodative, che le microincisioni non sono ancora praticabili a causa del disegno.
COMPLICANZE ED EFFETTI COLLATERALI POSSIBILI
Non esiste chirurgia senza possibili effetti collaterali o complicanze. La decisione di effettuare l’intervento nasce da una corretta valutazione del caso da trattare tenendo conto del grado di avanzamento della cataratta e delle esigenze del paziente in termini di recupero.
La valutazione clinica è momento fondamentale per il chirurgo anche di esperienza perché ogni intervento va affrontato con precisione e metodo ma soprattutto tenendo ben a mente le singole problematiche.
Cataratte che si presentano già in partenza complicate come le forme uveitiche, le pseudoesfoliative, le intumescenti, le sublussate ecc. meritano molta attenzione ai fini di condurre in porto l’intervento senza complicanze intraoperatorie.
A tal proposito bisogna segnalare un aumento di casi di Floppy iris Syndrome o IFIS (Sindrome dell’iride flaccida o “a bandiera”) in pazienti che assumono farmaci alfa-1 antagonisti come il Tamsulosin Cloridrato, molecola prescritta per l’ipertrofia prostatica benigna (BPH) o off-label nelle donne con incontinenza urinaria, che dilatando la muscolatura liscia determina un aumento del flusso urinario. Questi farmaci inducono però una atonia della muscolatura iridea con scarsa dilatazione pupillare, prolasso del tessuto irideo attraverso le incisioni e aspirazione iridea incidentale con il facoemulsificatore, evenienze che rendono estremamente difficoltoso l’atto chirurgico.
La sospensione del farmaco non risolve il problema. Nella nostra esperienza abbiamo avuto IFIS in pazienti che avevano ricevuto prostatectomie radicali qualche anno prima dopo aver seguito terapie con alfa-1 antagonisti. In caso di miosi (Schos M.M., 2004; Malyugin B, 2007) non risolvibile farmacologicamente si rende necessario, oltre all’uso di viscoelastici pesanti, eseguire manovre di stretching pupillare o posizionare uncini pupillari che garantiscano una sufficiente dilatazione.
Stretching Pupillare
Uncini iridei in posizione
COMPLICANZE ED EFFETTI COLLATERALI MENO GRAVI
- Diastasi della ferita
- Ipopion sterile
- Danni iridei
Edema corneale - Imprecisione calcolo del cristallino artificiale: dovuta a errori biometrici nonostante vengano eseguiti con formule matematiche molto complicate utilizzando strumenti computerizzati.
- Visione di corpi mobili, legati alla sineresi vitreale fisiologica non percepibile prima, per la presenza della cataratta che limitava l’ingresso di luce nell’occhio.
- Bruciore, Lacrimazione, Sensazione di Corpo Estraneo dovuti ad alterazione del film lacrimale.
- Anisometropia cioè differenza di correzione tra i due occhi se l’occhio controlaterale è affetto anch’esso da cataratta.
- Necessità di utilizzare occhiali da lettura se impiantato un cristallino monofocale.
- Cataratta secondaria: fenomeno abbastanza frequente. È una opacizzazione della capsula posteriore risolvibile facilmente e definitivamente con un trattamento YAG laser (Green W.R., 1985; Gaasterland D.E., 1987) che produce, con effetto meccanico ab esterno, una apertura nella capsula posteriore restituendo una buona visione.
Anello di Malyugin in posizione
Capsulotomia Yag Laser
COMPLICANZE IMPORTANTI
- Distacco di retina: l’incidenza si è notevolmente ridotta dopo l’avvento delle tecniche di facoemulsificazione ma sono ancora possibili soprattutto in pazienti miopi o di una certa età.
- Degenerazione maculare: i pazienti affetti da questa patologia migliorano poco o non migliorano il proprio visus centrale dopo intervento di cataratta e possono assistere ad un peggioramento della malattia retinica ma ciononostante è consigliabile eseguirlo per migliorare la percezione laterale.
- Glaucoma: evento raro ma possibile anche in pazienti che non ne soffrivano prima dell’intervento.
- Endoftalmite: evenienza molto grave che può compromettere la funzionalità dell’occhio.
CONSIDERAZIONI
In mani esperte l’intervento di cataratta ha una durata variabile dai cinque ai dieci minuti e assicura un recupero funzionale abbastanza rapido ma è non scevro da complicanze intra o postoperatorie.
Si affronta in regime ambulatoriale quindi senza ricovero e dimissione del paziente dopo un’ora salvo complicazioni ma in struttura autorizzata secondo canoni dettati dalla legge, anche se solo ambulatoriale. E’ dunque importantissimo non banalizzare questa procedura chirurgica, come spesso viene fatto purtroppo sia dai medici sia dai mezzi di comunicazione, perché raggiungere alti livelli e quindi risultati soddisfacenti è frutto di anni di fatica, di esperienza e di una curva di apprendimento lunga e difficoltosa da parte del chirurgo e, non di meno, di un’organizzazione capillare e meticolosa che impegna numerose persone sia fuori sia dentro la sala operatoria.
Complicanze intraoperatorie sono purtroppo possibili anche in mani che hanno eseguito migliaia di interventi e la differenza sta nel saperle gestire per ridurre al massimo le conseguenze a carico del paziente mentre quelle postchirurgiche rientrano comunque nella sfera del possibile. Affidarsi ad equipe esperte e con anni di esperienza è elemento fondamentale e limita notevolmente incidenti poco graditi.
IL FUTURO
La chirurgia della cataratta sta cambiando di anno in anno e l’evoluzione della tecnica microincisionale associata all’evoluzione dei materiali con cui vengono concepite le IOL è inarrestabile tanto che ormai si parla di Chirurgia Refrattiva della Cataratta con una riabilitazione del paziente più rapida possibile e trauma chirurgico sempre meno importante, assicurando una buona visione lontano-vicino possibilmente senza uso di occhiali.
I casi di cataratta insorta in pazienti con neanche 40 anni sono in aumento e se si considera che, comunque, la vita media si è allungata e che molti pazienti di 80 anni continuano le proprie attività lavorative si comprende quanto importante possa essere questo argomento in termini sociali.
Si sta sperimentando da pochi mesi l’applicazione del Laser a Femtosecondi, attualmente molto in uso nella chirurgia refrattiva, per eseguire capsuloressi precise e una frammentazione laser della cataratta che non preveda l’uso di ultrasuoni al fine di limitare al massimo la larghezza delle incisioni e ovviamente le complicanze.
La vera svolta avverrà se si realizzerà il sogno del padre di questa chirurgia, il prof. Kelman, e cioè quello di sostituire il contenuto del cristallino “catarattoso” con una sostanza di pari elasticità e pari trasparenza che rispetti la funzione principe del cristallino, l’accomodazione.
BIBLIOGRAFIA
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GLOSSARIO
Facoemulsificatore: strumento dotato di una punta vibrante alla velocità di 40.000 volte al secondo, generando ultrasuoni in grado di frantumare il cristallino.
Facoemulsificazione: trattamento chirurgico della cataratta mediante frammentazione ultrasonica del cristallino e aspirazione dei residui.
Crioestrattore: sonda in grado di congelare il cristallino a -30° C ed estrarlo in toto.
Dott. Francesco Vero
Specialista in Oculistica – Chirurgia Oculare e Oftalmoplastica
Consulente chirurgico dell’Ospedale San Carlo di Nancy – Roma
Responsabile Servizio Oculistico BIOS SpA – Via D. Chelini 39 – Roma
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