Ortopedia e Traumatologia

DIAGNOSTICA STRUMENTALE DELLE TENDINOPATIE

Stefano Dragoni
Specialista in Radiologia

Le tendinopatie rappresentano un capitolo della traumatologia dello sport che ha visto, nel corso degli ultimi anni, lo sviluppo di notevoli progressi in tema di fisiopatologia, diagnosi e trattamento. È sicuramente singolare notare come in quasi tutti i trattati di anatomia i tendini sono relegati al ruolo di formazioni secondarie, ausiliarie dei muscoli, dedicando loro molta meno attenzione che non ai muscoli stessi, che vengono considerati come l’elemento nobile del sistema. In realtà i tendini, proprio per la loro configurazione anatomica che li vede interposti tra osso e muscolo, svolgendo la funzione di trasmettere all’osso gli impulsi meccanici che derivano dalla contrazione muscolare, vanno considerati come elementi fondamentali per la dinamica e il movimento.

I tendini si collegano ai muscoli in un punto di unione che viene definito giunzione muscolo-tendinea mentre l’estremità che lo collega all’osso prende il nome di giunzione osteo-tendinea.
I tendini sani hanno colorazione e lucentezza madreperlacea e dimostrano una notevole resistenza alle sollecitazioni meccaniche.
Le loro caratteristiche macroscopiche possono variare considerevolmente a seconda delle richieste funzionali che devono svolgere sia per la forma che per le modalità di inserzione sull’osso assumendo l’aspetto di tendini larghi e piatti, cilindrici, a ventaglio e a nastro.
In genere, quelli destinati a sopportare una azione muscolare molto intensa come da parte del quadricipite femorale, del tricipite brachiale o dei muscoli del polpaccio, tendono ad assumere caratteristiche nastriformi mentre quelli che devono rispondere a stimoli muscolari minimi e delicati come i flessori e gli estensori delle dita, assumono una forma cilindrica e sottile (1).
La giunzione mio-tendinea può svilupparsi direttamente secondo la stessa direzione del muscolo (inserzione termino-terminale) ed è caratteristica dei muscoli ampi quali quelli dell’addome, ovvero si può realizzare obliquamente con angolo variabile (inserzione termino-laterale dei muscoli lunghi).
In questa regione anatomica, altamente specializzata, la tensione generata dalle fibre muscolari è trasmessa alle fibre collagene del tendine; a tale livello le fibrille collagene si inseriscono, come le dita in un guanto, tra i numerosi processi digitiformi di varia profondità e dimensioni delle cellule muscolari che grazie al loro aspetto ondulato realizzano un incremento dell’area di contatto di 10-20 volte. Nei processi digitiformi sono presenti dei piccoli canali nei quali penetrano le fibrille collagene (Fig. 1).

Fig. 1 – Rappresentazione schematica della giunzione muscolo-tendinea con le digitazioni di collegamento tra muscolo e tendine

La giunzione osteo-tendinea è la regione in cui il tendine si inserisce all’osso con aspetti variabili a seconda della morfologia muscolare anche se la forma più comune prevede la presenza di una chiara formazione tendinea che si allarga e appiattisce in corrispondenza del tratto terminale; in questi casi è possibile suddividere la giunzione in quattro zone visibili alla microscopia ottica che sono quella del tendine, della fibrocartilagine, della fibrocartilagine mineralizzata (separate dalla linea del cemento o linea blu) e dell’osso (Fig. 2).

Fig. 2 – Schema della giunzione osteo-tendinea con le quattro zone di passaggio tra tendine e osso

Tutte le formazioni tendinee dell’organismo sono formate prevalentemente da fibrille collagene di tipo I (90% delle proteine totali e 65-75% circa della sua massa secca) prodotte da tenoblasti e tenociti (che rappresentano il 90-95% di tutti gli elementi cellulari del tendine) e da elastina (2% circa) immerse in una matrice extracellulare formata da proteoglicani, glicosaminoglicani. glicoproteine e acqua; il collagene di tipo 1 ha la caratteristica di disporsi con fibre tra loro parallele e di possedere un’elevata forza tensionale che lo rende particolarmente idoneo a trasmettere la forza di contrazione dei muscoli; gli elementi fibrillari sono organizzati secondo uno schema gerarchico complesso che forma il tendine vero e proprio. In fase di riposo le fibre collagene presentano un aspetto ondulato e regolare che scompare se il tendine viene teso leggermente; per allungamenti sino a circa il 4% della lunghezza basale, il tendine si comporta come un tessuto elastico che riassume il suo normale aspetto al cessare dello stimolo mentre per allungamenti tra il 4 e l’8% la forma ondulatoria non riappare (comportamento viscoso); per tensioni superiori all’8% il tessuto può andare incontro a micro-rotture delle fibre collagene e dei ponti intermolecolari.
Alcuni tendini sono inoltre dotati di formazioni anatomiche satelliti che hanno lo scopo di proteggerli e di facilitare il loro scorrimento sulle strutture circostanti e che sono:

  • guaine fibrose, ovvero canali o solchi ossei rivestiti da fibrocartilagine attraverso i quali decorrono i tendini lunghi che sono ricoperti da una guaina fibrosa o retinacolo; un esempio di tali strutture è quello del retinacolo dei flessori degli estensori e flessori della mano e del piede
  • troclee di flessione, sono rinforzi anatomici in aree di curvatura del tendine e hanno lo scopo di mantenerlo nella sua sede di scorrimento
  • guaine sinoviali, sono dei condotti chiusi al cui interno è presente liquido lubrificante molto simile a quello sinoviale di un’articolazione, attraverso i quali scorrono i tendini il cui scopo è quello di ridurre l’attrito tra questi e le strutture adiacenti (Fig. 3)

Fig. 3 – Schema di guaina sinoviale all’interno della quale scorre il tendine

La presenza della guaina è tipica di quei tendini la cui sede anatomica è adiacente ad un osso ed ha lo scopo di proteggerli da fenomeni di attrito:

  • paratenonio, tessuto fibrillare lasso che rappresenta la continuazione del rivestimento fasciale del muscolo in quei tendini privi di guaina sinoviale (quale ad esempio il tendine di Achille), il cui scopo è quello di consentire il libero movimento del tendine rispetto ai tessuti circostanti
  • borse sierose, localizzate in quelle sedi anatomiche in cui una prominenza ossea potrebbe comprimere e usurare il tendine.

L’organizzazione gerarchica dei tendini privi di guaina sinoviale prevede quindi la presenza del paratenonio al disotto del quale è presente una sottile membrana di tessuto connettivo che prende il nome di epitenonio; le due membrane insieme prendono il nome di peritenonio.
Sulla sua superficie interna l’epitenonio è contiguo con l’endotenonio (sottile rete di tessuto connettivo reticolare) che riveste le fibre tendinee; un insieme di fibre tendinee forma un fascio primario e gruppi di questi fasci formano i fasci secondari (fascicoli); un gruppo di fasci secondari forma i fasci terziari che costituiscono il tendine (Fig. 4).

Fig. 4 – Rappresentazione della struttura di un tendine privo di guaina sinoviale (ad esempio il tendine di Achille)

Classificazione delle tendinopatie ad etiologia meccanica

La patologia tendinea da sport comprende molteplici forme morbose acute e croniche provocate dalle iper-sollecitazioni funzionali cui queste formazioni anatomiche sono sottoposte nel corso dell’attività sportiva.
Tra le molteplici classificazioni delle tendinopatie ad etiologia meccanica quella che meglio di altre esprime l’essenza anatomo-patologica della lesione è quella proposta da Perugia e coll. (2) che prevede:

  • peritendiniti con flogosi del peritenonio, nei tendini privi di guaina sinoviale che si suddividono, a loro volta, sulla base degli aspetti anatomo-patologici e clinici in forme crepitanti e croniche aderenziali
  • tendinosi, nelle quali il tessuto tendineo è preda di processi degenerativi e metaplastici di tipo condroide, ossicalcifico, ialino, mucoso o fibrinoide; questa condizione che decorre tipicamente in modo quasi del tutto asintomatico, riduce la resistenza del tessuto agli stress meccanici
  • tenosinoviti ipertrofico essudative e stenosanti, a carico dei tendini provvisti di guaina sinoviale; le prime sono relativamente frequenti negli atleti con localizzazioni a carico del capo lungo del bicipite brachiale, dei peronei e del tibiale posteriore, mentre le stenosanti sono più rare in medicina dello sport
  • tendinopatie inserzionali, localizzate in corrispondenza della giunzione osteo-tendinea, si caratterizzano per la presenza di aree di degenerazione e metaplasia che provocano il sovvertimento strutturale della normale architettura del segmento giunzionale
  • peritendiniti e tenosinoviti associate a tendinosi, nelle quali coesistono degenerazione del ventre e flogosi del peritenonio o della guaina sinoviale
  • rotture sottocutanee, che sono da considerare come l’epifenomeno di una condizione degenerativa che ha colpito il ventre tendineo; le localizzazioni più frequenti in medicina dello sport sono quelle a carico del tendine di Achille e del capo lungo del muscolo bicipite brachiale.

Anatomia ecografia normale dei tendini

L’esecuzione dell’esame con sonda lineare a frequenza medio-elevata (7.5 – 13 MHz) mediante scansioni longitudinali e trasversali rispetto all’asse maggiore del tendine, abbinata in alcuni casi a distanziatore, consente di documentare in modo molto accurato l’organizzazione anatomica della maggior parte delle formazioni tendinee dell’organismo.
In condizioni normali il tendine risulta omogeneo e sensibilmente più ecogeno della muscolatura adiacente ed inoltre è possibile individuare al suo interno, nelle scansioni longitudinali, sottili filamenti longitudinali iperecogeni ad aspetto lievemente ondulato che ben risaltano rispetto ad una tenue ipoecogenicità di fondo (3 – 4).
Questa organizzazione strutturale si traduce, nelle scansioni trasversali, in una tessitura puntiforme rappresentata dai fasci di fibre collagene e dalla confluenza dei setti endotenonici.
Tale aspetto è ben apprezzabile quando si utilizzano frequenze elevate che meglio dimostrano la confluenza dei setti.
I tendini di ancoraggio, quale il tendine di Achille, il quadricipitale e il rotuleo sono circondati dal peritenonio che appare rappresentato da due sottili linee altamente ecogene, una superficiale e l’altra profonda, tra loro parallele e ben distinte dal tessuto sottocutaneo e dai tessuti adiacenti.
I tendini di scorrimento, quali gli estensori e i flessori al polso ed al piede, sono avvolti dal una guaina sinoviale, anch’essa iperecogena, al cui interno può essere presente un sottile filamento anecogeno di liquido sinoviale.
Una corretta valutazione del tendine soprattutto al fine di cogliere alterazioni anche minime della sua ecostruttura rende utile eseguire lo studio in condizioni di estensione al fine di evitare possibili artefatti.

Tendine di Achille
Costituito dall’unione delle aponeurosi dei muscoli gastrocnemio e soleo, è il tendine più voluminoso del nostro organismo, si inserisce sulla porzione posteriore della tuberosità calcaneare.
La sua lunghezza è variabile ed il suo spessore è compreso tra 4 e 5 mm. Nelle scansioni longitudinali le limitanti superficiale e profonda, rappresentate dal peritenonio, appaiono tra loro parallele mentre in quelle trasversali la sua forma è ellittica con aspetto piatto o lievemente concavo del versante profondo (5) (Figure 5-6).

Fig. 5 – Scansione ecografica del tendine di Achille normale secondo il suo asse maggiore (scansione longitudinale). Le due limitanti, tra loro parallele, delimitano il corpo del tendine caratterizzato da sottili filamenti ad aspetto lievemente ondulato

Fig. 6 – Scansione ecografica trasversale del tendine di Achille normale, che assume una forma ellittica con aspetto piatto del versante profondo

La parte più distale della giunzione osteo-tendinea può apparire normalmente ipoecogena a causa della deflessione delle fibre in tale sede. Ventralmente al tendine è possibile riconoscere l’area ipoecogena del triangolo cellulo-adiposo di Kager, al disotto del quale è presente il muscolo flessore lungo dell’alluce.

Tendini dell’apparato estensore del ginocchio

Sia il tendine quadricipitale che il rotuleo sono situati in sede superficiale, al disotto del piano sottocutaneo e sono in rapporto, il quadricipitale con i ventri muscolari della regione anteriore della coscia e la base della rotula, mentre il rotuleo con l’apice della patella e l’apofisi tibiale anteriore.
Nelle scansioni longitudinali il tendine quadricipitale assume l’aspetto di una banda nastriforme debolmente iperecogena e finemente fibrillare che subisce, in prossimità dell’inserzione sulla base della rotula, una brusca riduzione della ecogenicità legata al cambiamento di direzione delle fibre.
Per ovviare a tale variazione del segnale, che non va interpretata come una condizione patologica inserzionale, è opportuno modificare l’orientamento della sonda ed invitare il soggetto a contrarre energicamente il muscolo quadricipite allo scopo di mantenere in tensione il tendine.
Anche il tendine rotuleo appare nelle scansioni longitudinali con una struttura omogenea di aspetto nastriforme e fibrillare, compresa tra due sottili limitanti iperecogene tra loro parallele (Fig. 7).

Fig. 7 – Scansione ecografica longitudinale del tendine rotuleo con le due limitanti tra loro parallele e l’aspetto fibrillare del corpo tendineo. Il tendine prende origine dalla rotula mediante una giunzione osteo-tendinea

Le sue dimensioni normali sono di 5-6 cm di lunghezza, 3 cm di larghezza in corrispondenza dell’origine ed uno spessore compreso tra 3.5 e 5 mm.
In condizioni fisiologiche gli annessi bursali non sono visibili all’esame ecografico.
Al disotto del tendine è presente il cuscinetto adiposo di Hoffa, di forma piramidale con base anteriore posta sotto il tendine e vertice che si prolunga verso la gola intercondiloidea.
Il suo aspetto ecografico è quello debolmente ipoecogeno con struttura disomogenea del tessuto adiposo con la presenza, al suo interno, di tralci fibrosi iperecogeni.

Diagnostica per immagini

Lo scopo precipuo della diagnostica per immagini è quella di fornire al clinico indicazioni quanto più possibile aderenti alla realtà anatomo-patologica che si accinge a valutare allo scopo di consentirgli una accurata pianificazione prognostica e terapeutica.
Le moderne tecniche strumentali consentono di stabilire non solo l’estensione e la gravità della lesione ma anche di migliorare le conoscenze dei meccanismi fisiopatologici che ne determinano l’evoluzione.
I mezzi di indagine utilizzabili in queste affezioni hanno campi di applicazione ben definiti alla luce delle caratteristiche peculiari di ciascuna tecnica e dei protocolli codificati dall’esperienza di molti anni di studi e ricerche.
Nello studio delle tendinopatie l’esame ecografico grazie alle indicazioni morfologiche e strutturali che derivano dall’utilizzazione di sonde ad elevata frequenza in grado di riprodurre una immagine estremamente definita precisa dell’architettura strutturale, è attualmente la tecnica di prima istanza; di particolare utilità è poi la possibilità di eseguire valutazioni dinamiche capaci di fornire informazioni funzionali.
L’aspetto comune e più caratteristico in presenza di una tendinopatia è quello che si traduce in un incremento del calibro tendineo, quale espressione di una sofferenza cronica difficilmente reversibile e nella comparsa di una ecostruttura disomogenea (Fig. 8).

Fig. 8 – Esame ecografico di un tendine di Achille patologico; le due limitanti hanno perso il normale aspetto di parallelismo e la struttura fibrillare appare disorganizzata

Ad esempio, nel tendine di Achille uno spessore superiore a 5.9 mm è ormai considerato come un reperto indicante una condizione patologica mentre valori superiori a 10 mm associati ad alterazioni strutturali del tessuto sembrano indicare la presenza di una lesione incompleta determinata da un cedimento strutturale (6).
L’integrazione dell’esame tradizionale con Color o Power Doppler ha assunto negli ultimi tempi un notevole interesse non solo speculativo, ma anche di carattere pratico (Fig. 9); la letteratura concorda nell’affermare che nel tendine normale non è possibile dimostrare un flusso ematico significativo che è invece presente nei tendini patologici e che tale flusso è quasi sempre proporzionale più alle dimensioni che ai sintomi ed è più pronunciato sul versante profondo del tendine ispessito (7 – 8).

Fig. 9 – Esempio di tendinopatia rotulea studiata con l’ausilio del Power Doppler.
Sul versante profondo della giunzione osteo-tendinea si rileva un flusso vascolare che è l’espressione del processo patologico

Tuttavia, non è ancora del tutto chiaro se questo processo deve essere interpretato come un tentativo di riparazione o come la causa della patologia.
In alcune situazioni particolari quale ad esempio nelle tendinopatie calcifiche, la radiologia tradizionale conserva tuttora il suo valore di indagine dalla quale non si può prescindere purché integrata dai rilievi anamnestici e dagli elementi ricavati dalla semeiotica clinica. (Fig. 10).

Fig. 10 – Un esame radiografico in proiezione laterale consente di individuare un’area calcifica localizzata nel tendine di Achille

La Risonanza Magnetica per le sue caratteristiche intrinseche di elevato contrasto, multiplanarietà, esaltazione del dettaglio anatomico, capacità di individuare lesione ancorché minime, si è dimostrata una delle tecniche più affidabili nello studio delle tendinopatie fornendo quadri diagnostici altamente significativi.
I criteri di semeiotica RM sono ben conosciuti e riproducono fedelmente le alterazioni anatomo-patologiche della lesione; in condizioni di normalità i tendini, così come legamenti, fibrocartilagini e capsule articolari ricche di collagene, presentano basso segnale (colore nero, omogeneo) in tutte le sequenze e in tutti i tipi di immagini (Fig. 11).

Fig. 11 – Scansione RM sagittale del ginocchio che mostra il tendine rotuleo come una struttura cordoniforme di colore nero estesa tra l’apice della rotula e la tibia; anche le fibrocartilagini meniscali e il tendine quadricipitale hanno la stessa bassa intensità di segnale del tendine rotuleo

La Risonanza Magnetica Nucleare

È una tecnica di generazione di immagini che viene usata in campo medico a scopo diagnostico.
La sua caratteristica principale è quelle di fornire immagini multiplanari (orientate secondo qualsiasi piano dello spazio) ad elevato contrasto e dettaglio anatomico.
I componenti principali dell’apparecchio sono il magnete principale con le bobine di radiofrequenza e di gradiente che, attraverso l’interazione dei campi magnetici e l’elaborazione da parte di una complessa elettronica di controllo, consentono la formazione delle immagini.
A seconda delle diverse esigenze diagnostiche si utilizzano molteplici tipi di sequenze in grado di esaltare le diverse caratteristiche dei tessuti.
Le modalità più comuni sono quelle a densità protonica e quelle pesate in T1 T2 e STIR.
Le acquisizioni T2 e STIR hanno la caratteristica di un elevato contrasto con una alta visibilità dei fluidi, che assumono un colore molto chiaro o bianco, rispetto ai tessuti adiacenti.
In presenza di alterazioni patologiche è possibile dimostrare, oltre alle modificazioni morfologiche che si traducono in un ispessimento diffuso o circoscritto della formazione, la presenza di aree focali più o meno estese di aumentato segnale (aree chiare) ben evidenti soprattutto nelle sequenze T2 e STIR (Fig. 12).

Fig. 12 – Scansione RM sagittale di un tendine rotuleo patologico con incremento sia dello spessore che della intensità del segnale a livello della giunzione osteo-tendinea sull’apice della rotula

ICONOGRAFIA

Esempio di tendinosi con ispessimento del tendine, disorganizzazione strutturale e accentuazione della vascolarizzazione

Esame RM di una tendinosi achillea con deformazione e ispessimento del tendine, la cui struttura è disomogenea per la presenza di aree ad elevata intensità di segnale (aree chiare)

Esame ecografico di una tendinopatia inserzionale rotulea nella quale il tendine ha uno spessore che è circa il doppio del normale

Esame radiografico di una tendinopatia inserzionale con un’area calcifica in prossimità dell’apice della rotula

Esame ecografico dei una tendinopatia rotulea calcifica con focolai intratendinei in sede profonda (freccia)

Bibliografia

  1. Jozsa L., Kannus P.: I tendini. Anatomia, fisiologia, patologia – Momento Medico s.r.l., 1999
  2. Perugia L., Postacchini F., Ippolito E.: I tendini. Biologia / patologia / clinica – Masson Italia Editori Milano, 1981
  3. Crass J.R., Van de Vegte L., Arkavy L.A.: Tendon echogenicity : ex vivo study – Radiology 1988; 167: 499-501
  4. Fornage B.D.: Achilles Tendon: US examination – Radiology 1986; 159: 759-764
  5. Bagnolesi P., Cilotti A., Lencioni R., Campassi C., Tessa C., Bartolozzi C.: Tendine di Achille: ecografia con diverse frequenze – Radiol Med 1993; 85: 741-747
  6. Astrom M., Gentz C.F., Nilsson P. et al.: Imaging in chronic achilles tendinopathy : a comparison of ultrasonography, magnetic resonance imaging and surgical findings in 27 histologically verified cases – Skel Rad 1996; 25: 615-620
  7. Richards P.J., Win T., James P.W.: The distribution of microvascular response in Achilles tendinopathy assessed by colour and power Doppler – Skel Rad 2005; 34: 336-342
  8. Zanetti M., Metzdorf A., Kundert H.P., Zollinger H. et al.: Achilles tendon: clinical relevance of neovascularization diagnosed with power-doppler US – Radiology 2003; 227: 556-560

Stefano Dragoni
Specialista in Radiologia – Istituto di Medicina e Scienza dello Sport – C.O.N.I.

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