Cardiologia

CONTENERE IL RISCHIO DI IPERTENSIONE ARTERIOSA

Alessandra Fabretto
Specialista in Cardiologia

Le malattie cardiovascolari (CV) sono la più frequente causa di invalidità e di morte nei paesi industrializzati. Non è nota la causa scatenante di infarto o ictus, le maggiori patologie CV, ma conosciamo i loro fattori di rischio: una serie di patologie che spesso si presentano nello stesso paziente, sono correlate fra loro e riconoscono frequentemente cause comuni.
Al rischio concorrono vari fattori come la familiarità per malattie cv, l’obesità, la vita sedentaria, il fumo, lo stress, il diabete, i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue.
L’ipertensione arteriosa (IA) dunque è la maggiore causa del rischio CV globale. La normalizzazione della pressione comporta quindi la riduzione del rischio CV, la possibilità cioè che ha un individuo di andare incontro a eventi cv maggiori nei 10 anni successivi alla valutazione.
La pressione arteriosa in un uomo sano deve mantenersi intorno a valori di 120/80 mmHg, solitamente più bassi nei giovani o nelle donne in età fertile, con variazioni in relazione all’attività fisica, allo stato generale dell’organismo, ma sempre entro limiti ben definiti.
Al mantenimento di un buon equilibrio pressorio collaborano in ogni istante molti fattori, sia all’interno dell’apparato cardiovascolare, sia esterni ad esso: neurologici, ormonali, fattori che regolano altre funzioni metaboliche. Ma se questi fattori si alterano per cause note, per malattie intercorrenti o per fattori sconosciuti, osserviamo il progressivo aumento della pressione arteriosa in modo inappropriato, sottoponendo cuore e vasi a un lavoro molto maggiore di quello fisiologico normale. Ne consegue, con il tempo, il deterioramento dei cosiddetti organi bersaglio: reni, cervello, ecc., sia per quel che riguarda la funzione sia l’anatomia. L’IA è l’aumento della pressione oltre i 135/85 mmHg, fino a valori anche molto più elevati.
Si hanno vari livelli di ipertensione: da ipertensione borderline, a lieve, moderata, severa, fino all’ipertensione maligna. Nell’IA esiste una predisposizione genetica, ma al suo sviluppo possono concorrere numerosi fattori fisici e ambientali. Significa che se uno o entrambi i genitori sono ipertesi i figli hanno alte probabilità di sviluppare l’ipertensione. E maggiore e più precoce può essere lo sviluppo della malattia e le sue complicanze quanti più fattori di rischio ha il paziente. In questo caso è indispensabile conservare entro i limiti della norma gli altri fattori di rischio noti e controllabili.

L’incidenza dell’IA è statisticamente in continuo aumento negli ultimi 20 anni nel mondo occidentale, come a loro volta sono in aumento le sue complicanze: infarto e ictus. La comunità scientifica, intesa come ricerca medica e come aziende farmaceutiche, è intensamente attiva nella ricerca delle cause dell’IA e nell’individuazione di terapie sempre più precise e con minori effetti collaterali.
Nell’ultimo congresso italiano sull’IA è emerso un dato nuovo di estrema importanza sia scientifica sia pratica: alla base di tutta la terapia anti-ipertensiva c’è la sana igiene di vita. Questa dovrebbe essere in realtà la base di tutta la moderna medicina per tutte le malattie: la prescrizione di qualunque terapia farmacologica deve essere preceduta e affiancata dalla correzione degli errori nelle norme igieniche di vita.
Nella società moderna occidentale c’è la tendenza alla vita sedentaria, all’alimentazione abbondante con conseguente aumento del peso corporeo, all’assunzione di sale in eccesso (sopratutto nei cibi preconfezionati), al consumo di caffè, a uno stress cronico che induce una produzione abbondante di adrenalina.

Il raggiungimento di questi obiettivi equivale alla somministrazione di un farmaco anti-ipertensivo: come se il paziente assumesse già una terapia.
Equivale a dire che in un paziente borderline o affetto da ipertensione di grado lieve il raggiungimento di questi obiettivi può far scendere la pressione tanto da permettere la sospensione, almeno temporanea, della terapia, mentre in un paziente in politerapia può significare la riduzione della quantità di pillole.
Alcuni pazienti sono spaventati dal luogo comune che una volta iniziata l’assunzione della terapia anti-ipertensiva, questa dovrà essere continuata per tutta la vita: non è così. Se messe in azione queste norme igieniche possono ridurre la pressione arteriosa e controllare eventuali patologie associate fino alla possibile riduzione del rischio cv e la possibile sospensione della terapia farmacologica.
Le statistiche hanno evidenziato che un soggetto con un fattore di rischio ha scarse probabilità di andare incontro ad eventi cv maggiori, ma aumentando il numero di fattori, la probabilità di andare incontro a infarto miocardico o ictus aumenta in modo consistente (vedi la “Carta del Rischio cardiovascolare“).
Nel 48% dei casi in Italia i pazienti ipertesi non raggiungono un sufficiente abbassamento della pressione arteriosa: non si ottengono cioè con la terapia i valori pressori raccomandati dalle linee guida della società europea dell’ipertensione, fino a una vera riduzione del rischio CV. Questo può accadere per molti motivi: scarsa aderenza alla terapia da parte del paziente, dimenticanze nell’assunzione dei farmaci, rari controlli medici, ecc.

Sia nell’uomo che nella donna la percentuale di insufficiente controllo risulta sovrapponibile e questo dato, anche se analizzato per tutte le regioni italiane, cresce ulteriormente nel resto della popolazione europea.

NORME IGIENICHE DI VITA
(poche, chiare e fondamentali)

CALO PONDERALE

La riduzione di peso comporta la riduzione della quantità di tessuto adiposo, che contrariamente a quanto si credeva in passato, non è un tessuto inerte, ma è pari a un organo metabolicamente attivo, sede di deposito e di scambi di sostanze che nella fattispecie hanno profonde implicazioni nella regolazione della pressione arteriosa. Inoltre il lavoro a cui viene sottoposto il cuore per l’irrorazione di una massa corporea maggiore è più elevato di quello fisiologico normale. A questo aggiungiamo che negli obesi il tessuto adiposo non è solo sottocutaneo e non si riduce ad un fatto estetico: depositi adiposi si ritrovano in tutto il corpo, compresa la zona intorno al cuore.

SPORT

Lo sport da solo non fa perdere peso, ma aiuta a mantenere una corretta igiene alimentare. L’attività muscolare comporta l’attivazione di vie metaboliche diverse da quelle adottate in una vita sedentaria con la mobilizzazione e la produzione di sostanze che dilatano i piccoli vasi, stimolano l’attività cardiaca e la produzione di nuovi vasi coronarici, bruciano il colesterolo in eccesso nel sangue. Inoltre aiuta la propriocezione e motiva a mantenere una dieta più equilibrata. Questo comporta oltre che un minor rischio cv in generale, una funzione cardiaca migliore, la riduzione di adrenalina disponibile, e altri benefici.

RIDURRE L’ASSUNZIONE DI SALE

Il sodio è già contenuto nei cibi freschi. L’aggiunta di sale come cloruro di sodio durante la preparazione dei cibi o il consumo di alimenti precotti che ne contengono molto comporta l’assunzione di un eccesso di sale. Questo sovraccarica il lavoro dei reni, dando false informazioni ai sensori che attraverso vari meccanismi fanno alzare la pressione. Inoltre l’eccesso di sale nel sangue comporta anche l’eccesso nella saliva con una minor percezione dei sapori e la susseguente aggiunta di ulteriore sale. La progressiva riduzione del consumo e l’eliminazione del suo eccesso nel corpo, nel sangue e nella saliva, porta al recupero dei sapori originali dei cibi. Per quantificare uno studio recente ha dimostrato che la riduzione di 1 grammo di sale comporta in media un calo di 7 mmHg di pressione.

RIDURRE L’ASSUNZIONE DI CAFFÈ

Il caffè è un potente stimolatore del sistema nervoso, non solo centrale, ma anche delle terminazioni periferiche. Esso stimola il metabolismo, il livello di allerta neurologico e altre funzioni. A livello cardiaco aumenta la frequenza e la pressione arteriosa. Il decaffeinato visto spesso come un escamotage, ha gli stessi effetti sul sistema CV; oltre alla molecola usata per spostare la caffeina, esistono molte altre sostanze attive in una tazzina di caffè. Un caffè al giorno può essere benefico; un eccesso può essere un vero tossico.


Dott.ssa Alessandra Fabretto
Specialista in Cardiologia
Responsabile del Servizio di Prevenzione e Terapia dell’Ipertensione
BIOS SpA – Via D. Chelini 39 – Roma

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