ERGONOMIA DELLA SEDIA

Dr. L. Perali
Da secoli le sedie sono disegnate secondo i medesimi principi ergonomici fondamentali e sebbene oggi siano dotate di imbottiture sofisticate, ancora non sono soddisfacenti sotto il profilo del comfort. Scopo di questo saggio è quello di vedere se, ai nostri giorni, si può fare qualcosa di meglio che in passato.
- Comfort
Per arrivare a disegnare un sedile confortevole dobbiamo in primo luogo stabilire cosa intendiamo per comfort e successivamente la posizione ideale del busto quando si sta seduti.
Nel significato comune del termine si intende per comfort l’insieme di sensazioni piacevoli derivanti da stimoli esterni o interni al nostro corpo, che ci procurano una sensazione di benessere in una determinata situazione: nel nostro caso, quando stiamo seduti.
Secondo questa definizione, il comfort sarebbe una condizione del tutto soggettiva e quindi non ci sarebbe alcuna possibilità di giungere ad una soluzione razionale del problema. Dobbiamo allora trovare il modo di rendere questo concetto obiettivo e misurabile.
Ciò diventa possibile se definiamo il comfort in termini di risparmio di energia muscolare. Il problema può quindi essere risolto stabilendo qual è la postura ideale del tronco in grado di far risparmiare al massimo il lavoro dei muscoli.
Proviamo a sviluppare questo concetto.
Comprendere che è sufficiente mettere un piano orizzontale sotto i glutei per far riposare le gambe dopo una corsa è intuitivo; non è altrettanto semplice capire cosa dobbiamo fare per far passare il mal di schiena che insorge dopo poco tempo che ci siamo seduti su un sedile senza schienale.
Se applichiamo i principi della statica, vediamo subito che la posizione ideale del busto è quella verticale. Per la formula del lavoro di una forza (L= F x S = F x P1P2 x cosen alfa), la posizione verticale della colonna vertebrale (c.v) è quella che permette ai muscoli del dorso di risparmiare energia. Infatti, il coseno dell’angolo formato dalla c.v. con il piano orizzontale (angolo alfa) è uguale a zero; ciò significa che se la c.v. fosse una matita, essa starebbe diritta senza bisogno di esser sostenuta.
Ciò non avviene perché, come sappiamo, la c.v. è sinuosa per poter compiere movimenti complessi; inoltre sostiene il peso del capo e delle braccia ed è sottoposta alla trazione dei visceri toraco addominali: pertanto la posizione verticale del busto, detta ortostatica (fig. 1), deve essere mantenuta attivamente.
Per questo motivo è necessario applicare al sedile, in posizione verticale, lo schienale il quale fa sì che il lavoro della muscolatura del tronco sia ridotto al minimo.
Schematicamente lo schienale è costituito da due montanti laterali che sostengono una superficie di supporto di forma, grandezza e inclinazione variabile che nella sedia veniva chiamata in passato “spalliera”, oggi supporto lombare ma che dovrebbe invece esser denominata “supporto lombo-dorsale” (s.l-d) perché questo è il tratto della colonna vertebrale (c.v.) che, come vedremo, deve esser sostenuto.
- Corollario
Da quanto detto deriva che:
– quando il busto è in posizione ortostatica il s.l-d deve avere una estensione in altezza di circa 20 cm, quanto il tratto che va da L3 a D8, in modo da impedire al busto di reclinare e quindi di squilibrarsi
– che le posizioni intermedie dello schienale, interposte fra quella verticale e l’orizzontale, fanno aumentare il lavoro della muscolatura e perciò sono sbagliate, a meno che il sedile non sia studiato per impieghi speciali
– che la posizione orizzontale del busto richiede la superficie massima di sostegno, poiché in tale posizione il coseno dell’angolo alfa è uguale 1 e, pertanto, il lavoro dei muscoli è massimo. Difatti, in posizione sdraiata, che è quella che siamo soliti assumere quando vogliamo riposare o per dormire, il corpo deve essere sostenuto interamente e cioè è necessario usare un giaciglio
– è il s.l-d che deve esser posizionato a contatto del busto quando questo è in posizione ortostatica. Ciò significa che lo schienale, diversamente da quanto si osserva generalmente nei sedili di oggi, deve esser portato in avanti ed entrare, in proiezione, all’interno del piano del sedile (fig. 2)
Se vogliamo ottenere il massimo comfort non possiamo variare il posizionamento dello schienale mentre gli altri parametri che concorrono alla confortevolezza del sedile, come l’altezza del suo piano dal pavimento o il tipo del rivestimento, possono cambiare.
- L’errore costituzionale
Nella maggior parte dei sedili attuali lo schienale si alza dal bordo posteriore del sedile con una inclinazione verso l’indietro di circa 12°, cosicché il busto è costretto a reclinare per trovare l’appoggio (fig. 1). Le posizioni oblique dello schienale presentano i seguenti svantaggi:
– il busto (fig. 3), come qualsiasi oggetto su un piano inclinato, scivola verso il basso perdendo il sostegno a livello della lordosi lombare; ciò a sua volta provoca l’incurvamento della colonna e quindi una serie di conseguenze sgradevoli, come la tensione dei legamenti e dei muscoli del dorso nonché l’apertura degli spazi intervertebrali all’indietro specie a livello lombare, condizione questa che favorisce l’insorgenza dell’ernia del disco.
Per ovviare a questi inconvenienti si ricorre all’espediente di inclinare verso l’alto di alcuni gradi il piano del sedile, in modo che il busto ed i glutei scivolino, per gravità, a contatto dello schienale. Tale misura peggiora la situazione poiché obbliga il corpo a mantenere una posizione scorretta, come già spiegato.
Le conseguenze dirette di tale soluzione sono:
– più il busto reclina, più il collo si flette in avanti per sorreggere il capo, con conseguente rapida comparsa di algie cervicali
– gli arti superiori devono estendersi in avanti per raggiungere il piano di lavoro, ragion per cui i muscoli della spalla ed i bicipiti si affaticano rapidamente
– se il supporto non è sufficientemente esteso in altezza, si forma una coppia di rotazione fra il bordo superiore del s.l-d, che fa da fulcro, e la parte superiore del busto. Ciò provoca dolore nel punto dove il bordo superiore del supporto tocca la schiena (fig. 4)
– infine il busto deve percorrere un arco di cerchio maggiore nell’atto sia di sedersi che di alzarsi (fig. 5); tale operazione diventa oltremodo faticosa se lo schienale è molto reclinato, il sedile è basso e se l’individuo è anziano o sovrappeso o convalescente da interventi chirurgici al torace, all’addome, o al dorso.
Vorrei far notare che il busto può assumere un atteggiamento reclinato anche in presenza di uno schienale posizionato correttamente e sagomato a regola d’arte; ciò si realizza quando il sedile è molto lungo. In tale situazione infatti l’individuo è portato ad occupare solamente la parte anteriore del sedile, per cui il busto è costretto a reclinare per raggiungere lo schienale (fig. 6).
La soluzione del problema consiste dunque nel collocare lo schienale, opportunamente sagomato, all’interno del piano del sedile facendo in modo che il s.l-d vada a contatto della schiena (fig. 7).
Non so per quali motivi si perseveri nel produrre sedili con siffatto “errore costituzionale”. Le possibili spiegazioni a tal riguardo possono essere:
– che anche un sedile prettamente da lavoro sia ritenuto un luogo o un mezzo per riposare. La sua forma scaturirebbe quindi non dall’analisi razionale della sua funzione ma dal desiderio inconscio di ritrarre l’archetipo della confortevolezza e della protezione che l’uomo associa alla posizione fetale e che è solito raffigurare in posizione più o meno obliqua e con la c.v. arcuata; questo stereotipo romantico sarebbe talmente radicato da non essere stato più messo in discussione
– come pure potrebbe esser stata determinante l’influenza di grandi architetti e designers moderni, con le loro interpretazioni personali del concetto del relax, ad avviare il sedile in direzione di un miraggio estetico più che verso una meta funzionale
– che esistano possibili difficoltà costruttive che potrebbero portare ad un aumento dei costi di produzione
– che lo schienale dovrebbe essere modellato seguendo le curve della schiena di ciascun individuo, se fosse collocato in avanti. Questa è una obiezione fondata. L’ostacolo però può essere superato, dato che è sufficiente sostenere solo quella parte della schiena che si estende da L3 a D8 per impedire al tronco di reclinare all’indietro e per ridurre il lavoro muscolare.
Poiché la sedia ha per definizione, i suoi componenti fissi, questo problema potrebbe esser risolto costruendo sedie di almeno due misure diverse; una per persone alte da cm 160 a cm 170 e l’altra per persone di cm 170-180 di altezza. Si potrebbe infine ipotizzare la produzione di sedie “su misura” per le persone molto al disotto o al di sopra di quelle misure. Oppure, rompendo con la tradizione, studiare la possibilità di realizzare il s.l-d, sia in legno che in metallo, regolabile in altezza.
- Dinamismo virtuale
È un fatto che, specialmente ai nostri giorni, la sedia si è rivelata quella che è: un vero e proprio “strumento di lavoro”, considerando come lavoro anche la breve permanenza su una sedia per la frettolosa colazione del mattino. Per questo motivo, a mio parere, dovremmo concepire “il sedile” come dotato di un “dinamismo virtuale”, nel senso che, anche privo di meccanismi e nella sua forma più semplice, quale potrebbe essere una panca da chiesa, esso “aiuti” l’individuo a mettersi seduto, a mantener desta la sua attenzione e infine ad alzarsi. Questo risultato si ottiene sia avanzando lo schienale come già detto, sia inclinando di poco in avanti il piano del sedile ed aumentando l’altezza del sedile da terra, tenendo conto dell’aumento di statura delle persone verificatosi negli ultimi decenni.
Personalmente ritengo che una sedia riuscita debba possedere ben equilibrati i requisiti atti a soddisfare le esigenze derivanti dalle tre azioni suddette.
- Conclusioni
Possiamo concludere quindi che in futuro bisognerà porre maggiore attenzione, durante la progettazione, ad essere coerenti con i principi della statica e che, seguendo l’indirizzo funzionale, potremo disegnare sedie con forme nuove e sorprendentemente comode.
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