Ortopedia e Traumatologia

ESPERIENZE DI BODYWORKS E TRATTAMENTI MIOFASCIALI NEL RUGBY

di Maurizio Ronchi
Bodyworker sportivo e coordinatore dello Staff Medico del Seregno Rugby
(con la collaborazione di: Ft. Dr. Marco Gibin, Mft. Federico Polimene – Staff Medico Seregno Rugby)

Il rugby, questo bellissimo sport di squadra, basato sulla disciplina e il rispetto dell’avversario, per via dei molti ruoli che compongono il “quindici”, è aperto a tutti e non necessariamente a persone con grande presenza fisica.
Quello che necessariamente è importante per praticare questo sport in sicurezza, al di là ovviamente della tecnica di gioco, della preparazione atletica e della conoscenza delle tante regole del “mondo di ovalia”, è seguire i vari protocolli per la prevenzione dagli infortuni, tra cui i bodyworks miofasciali.
I trattamenti manuali che si eseguono sul corpo di una persona (manipolazioni, digitopressioni, mobilizzazioni, stretching, taping …) sono definiti bodyworks, e possono aiutare gli atleti a mantenere la massima efficienza fisica del corpo.
Verranno descritti, anche in base alla nostra esperienza, quali sono gli aspetti principali per cui queste manualità vengono utilizzate a seconda delle necessità: prevenzione del sovraccarico da lavoro-allenamento, riabilitazione, riatletizzazione o mantenimento/fitness.
Il rugby è uno sport di contatto che, pur non essendo violento, ha insiti alcuni aspetti imprescindibili da una ovvia fisicità, sebbene statisticamente e contrariamente ad un luogo comune, non sia tra gli sport con il maggior numero di incidenti gravi (1).

Senza entrare nello specifico dei diversi ruoli, l’aspetto basilare è che la condizione fisico-atletica del giocatore di rugby debba essere “super”, intesa non come “superfisico”, ma come atleta dotato di una struttura fisica tale da raccogliere in sè tonicità muscolare, flessibilità articolare e un’ottima resistenza alle sollecitazioni: ciò si costruisce con la preparazione atletica (ginnastica corpo libero, corsa, palestra etc.) coadiuvata da regolari sedute di bodyworks.
L’aspetto che più ci sta a cuore, è ovviamente la salute degli atleti. L’obbiettivo quindi è quello di migliorare i protocolli di prevenzione, che sono prioritari, e quelli di riabilitazione terapeutica e successiva riatletizzazione.

Tralasciando la parte di preparazione fisica finalizzata a modellare una buona muscolatura come unica protezione delle articolazioni durante le intense azioni di gioco, placcaggi e ingaggi – nel rugby non sono permesse le protezioni tipo hockey o football americano – tratteremo esclusivamente ciò che i bodyworks possono dare per mantenere in piena efficienza il fisico di un rugbysta.

LE PARTI DEL CORPO PIÙ A RISCHIO
Il rischio di infortunio è correlato alla frequenza e all’intensità dei contatti/impatti che un giocatore subisce in allenamento e in partita. E’ ovvio che non è possibile quantificare a priori il loro volume, ma in base al ruolo e alle statistiche (1) si può ragionevolmente prevedere quali siano i distretti più soggetti a rischio o quelli più sollecitati dallo stress fisico per sostenere la performance atletica durante il gioco.
Pur restando valido quanto premesso a riguardo di avere un fisico super come garanzia di protezione, i protocolli preventivi sono studiati per offrire un costante controllo e assistenza al fisico del giocatore, in modo da poter ragionevolmente ridurne il rischio.
Diventa quindi determinate il tipo di ruolo di gioco del giocatore, per stabilire un programma preventivo mirato.
Per facilitare la comprensione dei ruoli, non essendo semplice descriverne le specifiche tipologie, divideremo i giocatori in due gruppi: gli avanti e i trequarti.

In generale, gli avanti sono i giocatori del pacchetto di mischia, quelli dal fisico massiccio, che fanno il macchinoso lavoro di fatica con mischie, alzate, raggruppamenti, spinte e ripartenze.

Mentre i trequarti sono quelli che stanno dietro la mischia; la velocità, la destrezza e la tecnica di gioco sono le loro caratteristiche.
I distretti del corpo più esposti ai traumi per gli avanti sono, per la parte articolare, il tratto cervicale/collo, la spalla, il tratto lombare; per la parte muscolare sono quelli degli arti inferiori e del bacino.
Per i trequarti vengono maggiormente interessate le articolazioni della spalla, polso-dita, ginocchio e caviglia e i muscoli di braccia e gambe.
Solo un breve accenno alle statistiche (2) che evidenziano come gli infortuni agli arti inferiori siano in assoluto i più frequenti, seguiti da testa-collo, spalla, polso-dita. Si deve distinguere tra l’infortunio da trauma da contatto, rispetto a quello accidentale come stiramento, strappo, contratture e stress a carico delle strutture miofasciali/tendinee/legamentose. Infatti la maggior parte degli infortuni sono la conseguenza di un trauma acuto diretto da contatto, ma ovviamente questo non deve far sottovalutare la rilevante percentuale di problematiche dovute a sovraccarico funzionale e quelle dovute alla scarsa preparazione fisico-atletica (come avviene nelle serie minori dilettantistiche). Risulta chiaro che la protezione delle articolazioni con una buona muscolatura (lavoro in palestra, pesistica, esercizi propriocettivi), è decisamente necessaria per salvaguardare quei settori sottoposti a ripetuti impatti di gioco: crollo della mischia, placcaggio, ingaggi, corsa su terreni “pesanti” o induriti dal gelo.
La preparazione fisica (corsa, attività aerobica, stretching, corpo libero …) è assolutamente primaria per prevenire i comuni traumatismi sportivi.
I protocolli di bodyworks, pur supportando questi aspetti dell’allenamento, non entrano nel merito della preparazione fisico-atletica di pertinenza dello staff tecnico.

BODYWORKS
Deve essere ben chiara l’etimologia del termine miofasciale:

  • mio = muscolo
  • fasciale = tessuto connettivo.

Grazie alla ricerca degli ultimi 15 anni nel settore dell’anatomia e della biologia della fascia, dobbiamo considerare questi due tessuti come una sorta di gemelli siamesi, strettamente connessi e con spiccata interazione. Per cui tutti i trattamenti di bodyworks non sono esclusivi per i muscoli, ma proprio per questo intimo legame lo sono anche per le diverse strutture fasciali connesse anche se non a contatto, in quanto ne viene influenzata l’intera catena cinetica. I vari componenti del sistema nervoso presenti nel tessuto miofasciale, come i fusi neuromuscolari e gli organi tendinei del Golgi, deputati all’invio delle informazioni su contrazione, allungamento e rilassamento del muscolo, o i corpuscoli di Pacini, trasmettitori sensibili alle variazioni di pressione, vengono stimolati dalle manipolazioni dei bodyworks, con l’intento di migliorare la capacità del giocatore di rispondere alle stimolazioni esterocettive per una sicura coordinazione motoria durante le fasi di gioco. Le strutture connettive con tutti i propri aspetti (fascia, espansioni, setti, capsule, retinacoli …) verranno quindi trattate con lo scopo di migliorare la funzionalità.

Arti inferiori
Caviglia e ginocchio sono le articolazioni maggiormente a rischio, sia per l’aspetto traumatico da impatto che per gli incidenti dovuti alla condizione del campo da gioco. La mobilizzazione articolare/miofasciale diventa una procedura di trattamento primaria, non solo per migliorare la funzione biomeccanica, ma soprattutto per lo stimolo propriocettivo indotto.
L’allenamento propriocettivo inizia già con i trattamenti di bodyworks, che accompagnano quelli specifici che l’atleta svolge a scopo preventivo o nel post-infortunio (4).
Il trattamento del piede–gamba prevede una serie di mobilizzazioni, dalle rime articolari delle dita del piede alla tibio-tarsica, alternate al release delle eventuali aderenze miofasciali che si instaurano tra i tessuti molli, per consentire la fisiologica funzionalità/scorrevolezza tissutale.

Questo tipo di lavoro agisce come forte input propriocettivo, il quale permette all’atleta di prendere coscienza della propria funzionalità motoria in relazione allo spazio/superficie di movimento, per poter gestire al meglio le situazioni impreviste durante la fase di gioco, che possono causare distorsioni o lesioni.
Verranno per cui mobilizzati il m. tricipite surale, soprattutto le aree di contatto dei tre muscoli che lo formano e le rispettive espansioni miofasciali e gli spazi interstiziali sia per lo scollamento di aderenze, che di aiuto al drenaggio degli essudati lasciati da un allenamento intenso.

Una particolare attenzione sarà data ai tendini dei mm. Peronieri, d’Achille, Tibiale e a tutti gli estensori della dita, molto soggetti ad aderenze per via delle scarpe da gioco, molto fascianti/avvolgenti. Le aderenze miofasciali, che sono una fisiologica normalità, generalmente si risolvono spontaneamente col naturale movimento muscolo-articolare. Quando però si aggiunge la ripetizione di gesti sportivi e di movimenti specifici si può, determinare un’azione meccanico-traumatica sulle strutture interessate (2) che deve essere risolta con un trattamento di release miofasciale.
Il trattamento del ginocchio-coscia prevede una mobilizzazione articolare/miofasciale, che comprende la rotula. Inoltre i bodyworks per questa articolazione prevedono una decoaptazione tramite stretching con continuo cambio di angolazione articolare tra tibia e femore.
In pratica è una trazione che alleggerisce il carico tra le zone di contatto, specialmente per le cartilagini, permettendo al liquido sinoviale di lubrificare ogni spazio/interstizio possibile.

Non è mai superfluo ricordare che ogni volta che si esegue uno stretching, sia attivamente che passivamente, è opportuno mantenere la trazione/allungamento per almeno 15 secondi per garantire la massima efficacia, e MAI meno di 8-10 secondi, in quanto dobbiamo aspettare che cessi il riflesso miotatico di contenimento, innescato dai fusi neuromuscolari a protezione del muscolo soggetto a repentino allungamento. I trattamenti e le manipolazioni di bodyworks devono riguardare tutti i tessuti molli, sia direttamente per quelli superficiali, che indirettamente per quelli profondi. Attraverso la mobilizzazione si tratteranno muscoli, tendini, legamenti, connettivo ed inserzioni, cominciando così un primo release dalle aderenze e il drenaggio in caso di seduta di post allenamento. Le parti profonde nascoste dalle strutture superficiali, saranno trattate per induzione con tecniche appropriate.
Si possono associare bendaggi elastici di Taping Kinesiologico® come supporto ai trattamenti di bodyworks, indicati per il drenaggio linfatico, di edemi, ematomi, o per il sostegno neuromuscolare per i casi di rehab o di riatletizzazione post-terapeutica.

Arti superiori
Il trattamento del polso e delle dita prevede un largo impiego delle tecniche di scollamento miofasciale, soprattutto per i lunghi tendini estensori della dita e i relativi muscoli posti nell’avambraccio, e per i retinacoli del polso. Quest’ultime strutture fasciali necessitano di trattamento di mobilizzazione, in quanto non sono deputate solo al contenimento dei tendini, ma contribuiscono attivamente all’attività motoria dei muscoli (6) influenzando l’intera catena cinetica. Questo specifico trattamento non è esclusivo per chi pratica il rugby, ma è in genere valido per tutti gli sport dove le dita sono molto sollecitate, con a overuse/overload, come ad esempio ginnastica, ciclismo, tennis, arrampicata-alpinismo, judo, baseball … ma anche per chi utilizza in eccesso il mouse del computer!

I tendini degli estensori della dita, hanno la naturale tendenza ad incollarsi con la fascia superficiale e quella sottostante, per via dell’uso eccessivo o per l’esatto contrario dovuto a forzata immobilità o per poco utilizzo. Questo si spiega perché il nostro corpo, proprio per la sua fisiologia, adotta degli schemi di economia e risparmio, per poter gestire e indirizzare al meglio le energie là dove servono, evitando inutili sprechi. Questa è la capacità di adattamento, basilare per la sopravvivenza del nostro corpo. Ad esempio, utilizzare poco le dita in una persona anziana con vita sedentaria o per un’infermità, o in chi subisce uno stop sportivo/lavorativo post-traumatico con ingessatura-bendaggio, per il nostro corpo equivale a “non lo usi, allora lo blocco/proteggo”, ne consegue una produzione di collagene che causa una restrizione miofasciale protettiva, ma che inevitabilmente sarà molto limitante e poco confortevole (5).
La mano, il polso e l’avambraccio saranno trattati interamente, comprendendo mobilizzazioni articolari/miofasciali e tecnica di pompage, compressione/decompressione per le dita, molto efficace per l’azione decongestionante indotta, specialmente per il ripristino del fisiologico microcircolo compromesso dallo stress da presa dovuto alla prestazione sportiva.
Il trattamento testa-collo e spalla, nonostante la stretta connessione, verrà descritto separatamente. La sommità del nostro corpo ha bisogno di avere un ROM muscolo-articolare il più ampio e fluido possibile.

Tutte le strutture miofasciali devono poter svolgere al meglio la propria funzione, che va dalla scorrevolezza dei vari strati tissutali, all’indipendenza di movimento e di attivazione muscolare. I bodyworks liberando da quelle situazioni di tensione e di aderenze, inducono all’atleta importanti stimoli neuromuscolari, i quali permettono una migliore autogestione di controllo movimento/gesto.
Per quanto riguarda il collo del giocatore nel rugby, è necessaria una più che ottima preparazione specifica per l’irrobustimento della muscolatura, specie per i giocatori delle serie minori dilettantistiche, dove la statistica mostra un’incidenza più alta per gli infortuni di testa e collo (2).
Quindi i bodyworks, attraverso i trattamenti di release, di tonificazione/normalizzazione miofasciale e, aspetto molto importante, per gli input propriocettivi indotti, sono il naturale compound della preparazione fisica/muscolare di un giocatore, in quanto aiutano a garantire una pronta risposta neuromuscolare alle sollecitazioni cui è sottoposto durante la pratica sportiva.

Un particolare riguardo deve essere garantito per le prime linee del pacchetto di mischia, piloni e tallonatori, in quanto l’azione di ingaggio per la formazione della mischia, sollecita il collo in maniera importante, e ancor di più quando questa per instabilità dovesse crollare rovinosamente a terra.
Infatti il ruolo di prima linea è unico, nel senso che in caso di sostituzione, solo un pari ruolo può prenderne il posto, appunto per la specifica preparazione fisica e tecnica necessaria per sostenere questo ruolo che prevede molte situazioni di sovraccarico. Ovviamente anche gli altri giocatori del pacchetto di mischia, le seconde e le terze linee, verranno seguiti con molta attenzione per l’aspetto testa-collo. Sono sistematici i bodyworks di trattamento miofasciale sui muscoli Paravertebrali cervicali, e per tutti gli altri che ne gestiscono i movimenti: Scaleni, Splenio, Elevatore scapola, Trapezio, Sternocleidomastoideo. La tensione miofasciale che porta all’incollaggio dell’Elevatore della Scapola verso il Piccolo Romboide, il soprastante Trapezio e le varie espansioni miofasciali, è il classico esempio di effetto da sovraccarico. Solitamente il release avviene spontaneamente durante il normale movimento della spalla, quando però l’aderenza è vincolante, è necessario eseguire una manipolazione di aggancio e trazione per mobilizzare e rilasciare il muscolo Elevatore della Scapola. E’ una tecnica che spesso utilizzata durante i corsi per far sentire il classico rumore (popping) dell’avvenuto rilascio miofasciale.

Il nostro protocollo prevede un largo utilizzo delle mobilizzazioni articolari sia passive che attive a scopo propriocettivo. Dobbiamo sempre tener presente che la gestione del ROM muscolo-articolare, soprattutto per la fase di fine corsa del movimento, è a carico dei vari corpuscoli propriocettivi. Questi devono essere sempre stimolati ed allenati per evitare che il torpore propriocettivo, dovuto a scarso allenamento o allo stop da infortunio, possa essere concausa di infortunio o di recidive (8).
Infatti il trattamento della spalla, ha nella mobilizzazione articolare l’aspetto più importante per la prevenzione da infortunio.
Prendendo ancora una volta i dati dello studio di Ieracitano-Giacobbe (2), il ruolo dei trequarti ha una discreta incidenza di traumi distorsivi a carico della spalla e degli arti superiori, come la lussazione che accade nell’azione di placcaggio in velocità. Ora, avendo già espresso il concetto importante di dover strutturare fisicamente il corpo di un rugbista per proteggere le articolazioni, i bodyworks svolgono un importante ruolo per tenere in perfetta efficienza questo comparto molto sollecitato.
Sono molti i muscoli che partecipano alla gestione della complessa e variegata mobilità articolare scapolo-omerale: tendini, espansioni miofasciali, legamenti, capsule, borse, etc. Quindi la parte dei trattamenti atti a consentire il fisiologico scorrimento tissutale, sono la base per permettere che tutti i vari comparti miofasciali, dagli agonisti/antagonisti a quelli di supporto, a quelli reclutati, possano agire in piena sinergia. Il sincronismo di attivazione neuromuscolare è determinante per evitare che tutte quelle situazioni di gioco non da impatto, come extra-allungamenti, torsioni, repentini cambi di posizione spaziale del braccio, siano causa di infortunio. La muscolature extra-rotatoria della spalla, è molto sollecitata, così come il Bicipite brachiale (specie per il suo capo lungo tendineo) e il Coracobrachiale. Le manualità per un ottimale e duraturo release miofasciale, sono di ordinaria amministrazione durante le sedute.

E’ molto importante risolvere le aderenze della scapola, sia quelle superficiali con gli strati sottocute, che quelle sottostanti che si formano con la fascia toracica, per consentire il miglior movimento/scivolamento dell’articolazione scapolo-toracica. Aderenze che sono in grado di rallentare la reattività di esecuzione di movimento, specie quelle tra Elevatore della scapola e Piccolo romboide, o Piccolo rotondo- Grande rotondo – capo lungo del Tricipite. Nella parte anteriore si deve controllare che Grande e Piccolo pettorale debbano scorrere liberamente, in quanto il Grande avendo la predisposizione di incollarsi al Piccolo, potrebbe inibire la sua funzione di muscolo accessorio della respirazione, con le dovute conseguenze. Così come il Bicipite brachiale deve essere ben scollato dai muscoli limitrofi, in quanto molto potente è in grado di poter viziare l’altrui funzione. Molto importante è anche la mobilizzazione delle due articolazioni minori, acromion-claveare e claveo-sternale, sempre per consentire quell’azione di sinergia tra i vari comparti e permettere una buona respirazione/espansione della cassa toracica.
La spalla inoltre è un’articolazione che può essere ben supportata col bendaggio elastico, non solo ad esclusivo supporto o scarico muscolare, ma per il forte input neurologico e propriocettivo che esercita.

CONCLUSIONI
L’esperienza di supporto agli atleti praticanti il Rugby, porta ad un assiduo sviluppo di queste tecniche di bodyworks, non solo per la finalità puramente miofasciale, ma anche per consentire agli atleti di poter disporre al meglio delle proprie funzioni motorie.
Consentire una reattività neuromuscolare, frutto di un buon programma propriocettivo e delle continue stimolazioni sensoriali indotte dalle manipolazioni, è un buon supporto per prevenire, o quanto meno essere in grado di limitare, quelle situazioni che possono essere causa di infortunio nella pratica del rugby.
La funzionalità dei bodyworks è quindi aiutare l’atleta a far funzionare meglio il proprio corpo e migliorane la “gestione”.

BIBLIOGRAFIA

  1. Congresso nazionale AMIR 2005: La gestione medica di una squadra di Rugby
  2. Ieracitano V.M., Giacobbe M.V.: La traumatologia nel Rugby – IL MEDICO SPORTIVO – Periodico di aggiornamento scientifico e professionale Anno 7 – Numero 2 – 2007
  3. Da pubblicazioni e siti di: Federazione Italiana Rugby – International Rugby Board – Australian Rugby Union – New Zealand Rugby Union
  4. Ronchi M., Gibin M., Masera J., Polimene F., Zecchinello F.: PEC – Propriocettività, Equilibrio, Coordinazione: programmi di prevenzione, riatletizzazione e sportbodyworks – (2010) – FITMEDonline anno 2 n. 11,12 – 2010 ; anno 3 n. 1 – 2011 http://www.professionefitness.com
  5. Gallozzi C.: Equilibrio corporeo e tessuto connettivo – Istituto di Medicina e Scienza dello Sport – CONI Servizi – Roma, 2009
  6. Stecco L., Stecco C.: Manipolazione fasciale. Parte pratica – PICCIN, 2007
  7. Ronchi M.: Tecnica passivattiva nello scollamento mio-fasciale: Arti Inferiori (2008) – www.sportemedicina.it
  8. Ronchi M.: Tecnica passivattiva nello scollamento mio-fasciale: Tronco e Arti Superiori (2009)- www.sportemedicina.it
  9. Ronchi M. et al.: L’esercizio propriocettivo nel pattinaggio a rotelle – FITMEDonline n°10/2012

Si ringraziano Piera e Massimo Terragni per aver concesso l’uso della struttura e delle macchine di sala del COBRA GYM Fitness & Wellness

Maurizio Ronchi
Operatore olistico – Bodyworker sportivo non terapista disciplinato ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n.4 (G.U. 26 gennaio 2013, n. 22)
Divulgatore e docente di sportbodyworks e “tecnica passivattiva”
Coordinatore dello staff medico del Seregno Rugby
Membro dell’Associazione Manipolazione Fasciale® e dell’Associazione Italiana Taping Kinesiologico®
Istruttore FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera)
Istruttore postura MBT (Masai Barefoot Technology)
Membro APODIB – Associazione Professionale Operatori Discipline Bionaturali
E-mail passivattiva@libero.it

Disclaimer – dichiarazione di non responsabilità
Le informazioni presenti nella pubblicazione costituiscono una indicazione di tipo generale in riferimento alle problematiche descritte.
Scopo del contenuto è “educational – divulgativo” e non sostituisce in alcun modo l’intervento e/o l’opinione del medico e la sua diagnosi.
E’ quindi d’obbligo contattare il proprio medico di fiducia, o lo specialista di sua indicazione, per ricevere una diagnosi corretta e le idonee disposizioni terapeutiche.

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