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IL DOLORE LOCALIZZATO AL GOMITO

di David Di Segnidolorigomito1

Spesso, molte persone si lamentano per sintomatologia dolorosa localizzata al gomito e non è sempre facile individuare la causa di un problema che causa limitazione funzionale durante le attività quotidiane.
Per prima cosa quando parliamo di dolore è importante comprendere l’anatomia del gomito:
questa articolazione è costituita dall’interazione dell’epifisi distale dell’omero, dell’epifisi prossimale dell’ulna e dell’epifisi prossimale del radio.
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Esegue due movimenti principali: la flesso-estensione e la prono-supinazione.
Si tratta quindi di una articolazione non particolarmente complessa dal punto di vista anatomico, ma affinché i movimenti sopra descritti possano essere eseguiti senza dolore, è importante che le strutture capsulo-legamentose e muscolari siano perfettamente in ordine.
Generalmente il gomito è vittima di molti infortuni traumatici sia diretti (caduta con conseguente frattura di una delle strutture anatomiche), oppure indiretti (caduta sulla mano, con movimento in iperestensione del gomito oppure in rotazione con rottura del capitello radiale).
Quando parliamo di questi traumi, quasi sempre è importante la fase immediatamente successiva al trauma stesso, per stabilire se i frammenti ossei possano essere riallineati naturalmente in maniera incruenta, oppure se sia necessaria la chirurgia per poter ripristinare la congruità ossea e articolare.
Trascorso il primo periodo in gesso o tutore, sarà importante una fase di riabilitazione e fisioterapia idonee per poter recuperare la mobilità articolare, la forza e la gestualità. In questa fase è frequente il rischio di insorgenza di una capsulite articolare, una patologia infiammatoria in cui le fibre della capsula articolare perdono di elasticità e limitano il movimento di flesso-estensione e quello di prono-supinazione.
Sarà importante un percorso riabilitativo personalizzato per riacquistare mobilità articolare, rispettando la soglia del dolore, ma lavorando comunque assiduamente per recuperare al più presto il movimento perduto. In base alla tipologia di lesione (trauma o frattura), potranno essere necessarie poche settimane o mesi per ripristinare la funzionalità di base, talvolta con un percorso riabilitativo molto lungo e con momenti di “stallo”.
Sarà quindi compito del fisioterapista recuperare gradualmente la funzionalità dell’arto, con la necessaria terapia funzionale.
Molto frequentemente si verificano problematiche dolorose a carico di due aree speculari: Epicondilo (epicondilite) e epitroclea (epitrocleite).
Queste due aree rappresentano l’estremità dell’omero che anatomicamente si appiattisce e crea il il supporto lateralmente per epicondilo ed epitroclea e centralmente l’area per l’articolazione omero ulnare . Queste due estremità sono soggette a notevole stress essendo la zona di inserzione dei muscoli estensori e flessori del polso. Poiché si parla di muscoli molto attivi durante la giornata e dotati di elevati livelli di forza, queste due patologie hanno una elevata incidenza e possono colpire soggetti di ogni età. In sport come tennis e golf sono quasi una costante per i praticanti che, prima o poi, ne devono subire i fastidi.
Nel caso di una epicondilite o epitrocleite, sarà opportuna una fisioterapia accurata volta alla riduzione della infiammazione, al riposo dei muscoli interessati e infine al recupero muscolare per prevenire le recidive.
Distinguiamo così 3 fasi nel recupero riabilitativo:
La prima fase prevede della terapia fisica (ad esempio la Tecarterapia, la Laserterapia ad alta potenza e soprattutto le Onde d’urto) per richiamare sangue nel distretto interessato e avviare i processi fisiologici di ripristino strutturale e recupero funzionale.
La seconda fase prevede l’analisi degli squilibri muscolari che hanno portato al sovraccarico dei muscoli estensori e flessori del polso, cercando di riequilibrare i gruppi muscolari agonisti ed antagonisti ed eventualmente trattando anche i distretti che spesso sono coinvolti, come ad esempio la colonna cervicale (la patologia cervicale è quasi una costante nell’epicondilite, essendo presente nel 90% dei casi).
La terza fase prevede una attività di allungamento e, soprattutto, di tonificazione muscolare per permettere ai muscoli di sottoporsi di nuovo ad un gesto atletico.
Esistono a volte delle epicondiliti che sembrano difficilmente trattabili, sono quelle forme diventate ormai croniche, che solo il tempo e una ottimale riabilitazione funzionale potranno risolvere. In alcuni casi, per risolvere il processo infiammatorio, può essere necessario un ciclo di infiltrazioni intra-articolari, che devono essere prescritte ed effettuate esclusivamente da un medico specialista.
La sintomatologia dolorosa del gomito è quindi un’evenienza molto frequente ed è necessario un approccio terapeutico immediato per prevenire il rischio di cronicizzazione della patologia e l’allungamento dei tempi di recupero. Il ritorno alle attività di vita quotidiana e alla pratica dello sport deve essere graduale e iniziare solo a guarigione completa per prevenire le recidive della patologia.

Bibliografia

  1. Marenghi P, Tella GC.: The physiotherapic aspect of omeral epicondilitis – Ateneo Parmense –  Acta Biomed. 1976 Jan-Feb;47(1):115-21
  2. Shockwave Therapy for Pain Associated with Lower Extremity Orthopedic Disorders –  A Review of the Clinical and Cost-Effectiveness [Internet] – Ottawa (ON): Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health; 2016 Sep 16
  3. Segretin F, Paris G, Cheriet S, Delarue Y.: Rehabilitation and auto-exercises protocol in patients with chronic lateral epicondylitis: 6 months follow-up – Ann Phys Rehabil Med. 2016 Sep;59S:e109. doi: 10.1016/j.rehab.2016.07.243.

David Di Segni (MdmFisioterapia.it)
Laureato in Fisioterapia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Corsi e competenze
– Spinal Manipulation
– Dry needling, trattamento dei trigger Point
– Trattamento posturale – Metodo Mezieres
– Trattamento delle lombalgie – Metodo Mckenzie
– Functional approach secondo Lewit Scuola Di Praga
– Trattamento delle disfunzioni di movimento – Metodo Sahrmann
– Rieducazione degli squilibri dell’articolazione Temporo-Mandibolare
– Trattamento Fasciale (Fascia Motor Control)
– Linfodrenaggio
– Rieducazione Respiratoria
– Kinesio Taping
– Miofibrolisi (Iastm)

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