Antonio Faggioli
Associazione Medici per l’Ambiente, ISDE Italia – Libero docente in Igiene dell’Università degli Studi di Bologna
(Pubblicato su: PROFESSIONE – Cultura e Pratica del Medico d’Oggi – n° 8, 2008
Si ringrazia C.G. Edizioni Medico Scientifiche per l’autorizzazione alla pubblicazione)
Quando la regione Veneto ha sospeso l’obbligo vaccinale in età evolutiva, suscitando polemiche e cori di plauso, è diventato più evidente il problema delle vaccinazioni obbligatorie, in un’epoca in cui le patologie per cui esse sono ancora obbligatorie (tetano, difterite ecc.) sono talmente rare che può diventare, paradossalmente, più rischiosa la vaccinazione della patologia stessa. Nello sport per quanto concerne le visite di idoneità, ad esempio, è ancora obbligatoria la vaccinazione anti-tetanica, ma ormai essa non viene più richiesta dalla maggioranza degli specialisti in Medicina dello Sport, essendo il tetano praticamente assente nella popolazione degli sportivi, ad esclusione di quelli praticanti alcuni sport a rischio (ad esempio: Equitazione).
Il seguente articolo chiarisce le linee di pensiero attuali e fornisce indicazioni sul comportamento da seguire.
IN SINTESI
La recente decisione della Regione Veneto di sospendere in via sperimentale l’obbligo delle vaccinazioni infantili ha sollevato un dibattito ancor in corso. Vengono analizzate le ragioni dei pareri contrari e di quelli favorevoli a tale decisione. Si considera, inoltre, il contributo che può derivare dal superamento della obbligatorietà vaccinale infantile per sanare l’attuale disomogeneità regionale delle coperture vaccinali e per sostituire il doppio regime, obbligatorio e raccomandato, con un unico regime di vaccinazioni raccomandate, volontarie e gratuite.
L’insorgenza e diffusione delle malattie infettive sono notoriamente influenzate dalle condizioni ambientali e di vita della comunità, condizioni non solo fisiche, chimiche e biologiche dell’ambiente, ma anche sociali ed economiche. L’Associazione Medici per l’Ambiente non può pertanto trascurare l’epidemiologia delle malattie trasmissibili e la loro prevenzione primaria, della quale la vaccinazione fa parte. Si ricorda, infatti, che L’OMS comprende nella prevenzione primaria “la strategia per accrescere i fattori che riducono la suscettibilità dell’ospite alle malattie”, tanto da impedirne l’inizio.
Il superamento in Italia dell’obbligo di alcune vaccinazioni (contro difterite, tetano, poliomielite ed epatite virale B), dibattuto da tempo, ha ripreso attualità a seguito delle recenti decisioni a questo riguardo della Regione Veneto.
Il tema richiede un’analisi sotto tre aspetti:
– la sospensione sperimentale dell’obbligo vaccinale in corso nella Regione Veneto
– le attuali difformità regionali per alcune vaccinazioni raccomandate
– il superamento dell’attuale doppio regime, che prevede vaccinazioni obbligatorie e altre solo raccomandate.
La sospensione sperimentale dell’obbligo vaccinale in corso nella Regione Veneto
L’iniziativa della Regione Veneto, che dal primo gennaio scorso ha sospeso in via sperimentale l’obbligo vaccinale per l’età evolutiva (nota 1), ha dato luogo a dichiarazioni pubbliche sia favorevoli sia contrarie.
Si è espresso favorevolmente per la sospensione sperimentale, tra gli altri, Donato Greco, Direttore dei Dipartimento Prevenzione dei Ministero della Salute. Greco ha affermato che si deve prendere atto che l’obbligatorietà vaccinale infantile è prossima a cessare, considerato che l’UE sta adottando una direttiva che fissa al 2010 l’anno entro cui l’obbligo in Europa dovrà essere superato. Ha inoltre espresso l’opinione che nel Veneto, a seguito della sospensione dell’obbligo, sarà bassissima la percentuale dei genitori che decideranno di non vaccinare i figli. L’obbligatorietà, ha ancora dichiarato Greco, deve piuttosto riguardare i servizi sanitari territoriali delle ASL a dorsi requisiti strutturali, organizzativi e funzionali, idonei a promuovere vaccinazioni non obbligatorie; i genitori, a loro volta, devono sentirsi stimolati ad agire per obbligo morale “e non per la presenza dei poliziotto al loro fianco”.
Il precedente Ministro Turco ha espresso parere contrario, invitando l’Assessore alla Salute dei Veneto “a ripensare la propria decisione”.
Ignazio Marino e Cesare Cursi, rispettivamente già Presidente e Vice Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, pur condividendo il principio dell’adesione volontaria e consapevole dei cittadini, ritengono che in Italia non vi siano oggi le condizioni per dare pieno attuazione o tale principio.
Mario Pirani, che in un articolo pubblicato da “La Repubblica” ha fatto proprie le considerazioni di Marino e Cursi, ha denunciato “una liberalizzazione dei virus per eccesso ideologico”. La FIMP è stata più cauta, esprimendo “perplessità”, ma ritenendo che la sperimentazione veneta possa offrire risultati utili per future decisioni.
Non è mancato chi, nell’occasione, ha citato dati significativi, nel più assoluto silenzio dei media:
È stato pure fatto presente che i tassi nazionali di copertura vaccinale infantile già nel 2003 erano del 96% per difterite, tetano e polio e del 95% per l’epatite B.
Le argomentazioni desumibili dalle dichiarazioni contrarie alla sospensione dell’obbligo sono state essenzialmente due:
1 – il federalismo sanitario compromette l’uniformità nazionale delle prestazioni vaccinali
2 – la popolazione infantile del Veneto, come quella di altre Regioni che eventualmente adottassero analoga strategia, sarà esposta al rischio di contagio da parte dei numerosi extracomunitari e immigrati presenti e in arrivo in Italia.
Relativamente alla prima motivazione, il federalismo sanitario che non assicurerebbe l’uniformità nazionale dell’offerta vaccinale, sembra essere ignorato che la Costituzione attribuisce “la salute” alla legislazione esclusiva delle Regioni, nell’osservanza dei principi dettati collo Stato. I principi sono quelli della legge n. 833/1978, la quale all’art. 33 sancisce che “gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari”, salvo quelli resi obbligatori da leggi dello Stato, e che “le USL operano per ridurre il ricorso ai trattamenti obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria e rapporti organici tra servizi sanitari e comunità” (nota 2).
Provvedimenti coercitivi vaccinali si giustificano in presenza di rischi per la salute pubblica, anche solo stimati per coperture vaccinali inadeguate. L’entità di tali rischi può risultare diversa nelle varie Regioni, anche se ciò oggi non è determinabile in Regioni che non dispongono di sistemi di sorveglianza epidemiologica che permettono di evidenziare le loro peculiarità relative alla diffusione di malattie infettive; ove si disponga della situazione epidemiologica, è doverosa l’adozione di strategie vaccinali adeguate e compatibili con le esigenze locali.
In situazioni di questo ultimo tipo, l’obiettivo da perseguire non è l’uniformità normativa nazionale, ma l’equità delle prestazioni, ossia l’accesso a prestazioni uguali dei soggetti con uguali bisogni.
Il Piano Nazionale Vaccini 2005-2007 ammette la sospensione dell’obbligo vaccinale, quando ricorrono le seguenti condizioni:
Conclude il Piano Nazionale Vaccini: “Nelle Regioni in cui questi obiettivi siano raggiunti, si può iniziare un percorso per una futura sperimentazione della sospensione dell’obbligo vaccinale”.
Non va dimenticato il termine dell’obbligatorietà al 2010 che l’UE sta ponendo con una propria Direttiva, in attuazione del principio della “responsabilizzazione dei singoli ad adottare comportamenti attivi e duraturi per la salute di ogni cittadino e dello comunità”.
Per quanto riguarda il secondo ordine di motivazioni dei pareri contrari alla sospensione dell’obbligo vaccinale, ossia il rischio di contagio che correrebbero i cittadini italiani per la presenza dei numerosi extracomunitari e altri immigrati, si deve rilevare:
Il timore del contagio da extracomunitari ha indotto il Sindaco del Comune di Caorso (Piacenza) a chiedere la sospensione della norma del 1999 che permette la frequenza scolastica agli alunni che non hanno avuto le vaccinazioni obbligatorie (nota 3). Inoltre, in previsione del possibile “reato di clandestinità”, si ha notizia di immigrati che ritirano i figli dalle scuole per timore di essere identificati.
La sospensione dell’obbligo, nelle Regioni che soddisfano le condizioni poste dal Piano Nazionale Vaccini, è oggi un’utile sperimentazione che permette:
Le attuali difformità regionali in materia di vaccinazioni raccomandate
Le disomogeneità regionali, relative alla copertura vaccinale raccomandata contro varicella, meningococco C, pneumococco e papilloma virus, riguardano diversi aspetti:
Questo nonostante il Piano Nazionale Vaccini 2005-2007 avesse già previsto che tutte le Regioni assicurassero l’offerto delle vaccinazioni raccomandate, quindi anche quelle sopra citate che il prossimo Piano Vaccini 2008-2010 prevede.
Le cause delle difformità, solo talvolta ammesse dalle Regioni, sono:
Donato Greco ha dichiarato: “Varie Direzioni Generali di ASL, impegnate nel pareggio dei bilanci, hanno lesinato i pochi denari necessari alle vaccinazioni raccomandate, certamente non sulla base di documentate situazioni epidemiologiche locali”. Queste considerazioni valgono anche per le disomogeneità regionali di altre vaccinazioni raccomandate, come l’antimorbillosa giù presente nei LEA e oggetto di una campagna promozionale nazionale che risale al 2003. Il superamento della disomogeneità nazionale richiede:
Il superamento del duplice regime vaccinale
L’attuale duplice regime vaccinale, obbligatorio e raccomandato, da tempo è oggetto di critiche, soprattutto per il confondimento cui dà luogo nei cittadini.
È unanime il parere della necessità di superare tale regime, nonostante le sue basi di legittimità sostenuta da norme che risalgono a epoche in cui l’epidemiologia e la profilassi delle malattie trasmissibili si presentavano con caratteristiche diverse da quelle attuali.
La Legge n. 833/1978 attribuisce allo Stato “le funzioni amministrative concernenti la profilassi delle malattie infettive e diffusive, per le quali siano imposte la vaccinazione obbligatorio o misure quarantenarie” (nota 6).
Le misure obbligatorie, come previsto dal gi à citato art. 33 della stessa legge, sono disposte con leggi dello Stato o con ordinanza dell’autorità sanitaria nazionale, il Ministro della Salute, allorché si riscontrino situazioni contingenti di pregiudizio per la salute pubblica nazionale o di più Regioni.
Le vaccinazioni raccomandate rientrano nella competenza legislativa e amministrativa delle Regioni, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione (come modificato dalla Legge costituzionale n. 3/2001), il quale stabilisce che la tutela della salute rientra nelle materie di legislazione concorrente, per le quali “spetta alle Regioni la potestà legislativa esclusiva” (nota 7).
Queste sono le basi giuridiche dell’attuale doppio regime vaccinale, che tuttavia comportano un’intesa circa il rapporto tra competenze statali e regionali. L’intesa è stata prevista anche in occasione della definizione dei requisiti essenziali di assistenza (LEA).
Il primo DPCM del 2001, con cui sono stati definiti i LEA, già prevedeva le vaccinazioni raccomandate, soggette all’accordo secondo la seguente procedura: “Governo, Regioni e Province Autonome, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento degli obiettivi di funzionalità e di economicità dell’azione amministrativa, possono concludere in sede di Conferenza Stato Regioni accordi al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune. Gli accordi si perfezionano con l’espressione dell’assenso del Governo e dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome” (nota 8).
Nel marzo 2008, in occasione dell’adozione del Piano Nazionale Vaccini 2008-2010, le Regioni hanno proposto alla Conferenza Stato-Regioni che anche le nuove vaccinazioni raccomandate previste dal Piano – contro varicella, meningococco C, pneumococco e Papilloma virus – fossero comprese nei LEA, con la necessaria copertura di spesa. La proposta è stata accolta limitatamente alla vaccinazione contro il Papilloma virus, escludendo le altre per mancanza della necessaria copertura di spesa, non prevista nel finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale. Di conseguenza, il DPCM dell’aprile 2008, che ha definito i nuovi LEA, ha sancito tale decisione (nota 9), sollevando perplessità circa la priorità economica e sanitaria riconosciuta dal Governo alla lotta contro il Papilloma virus rispetto alle altre tre malattie infettive. È noto che i medici spagnoli hanno chiesto al loro Governo una moratoria per tale vaccinazione, motivandola non solo per la sua difficile sostenibilità economica e la dubbia priorità rispetto ad altri impegni di prevenzione primaria, ma soprattutto perché non sarebbero ancora concluse le ricerche sperimentali sulla suo efficacia, tanto più che questa non potrà essere verificata nelle donne vaccinate prima di 30-50 anni dalla somministrazione. Questi dubbi hanno ragione di essere anche in Italia.
Con i nuovi LEA non si è colta l’occasione per assicurare l’uniformità nazionale delle vaccinazioni raccomandate e ciò ha comportato anche il rinvio del Piano Nazionale Vaccini 2008-2010, che era subordinato all’accordo sulle risorse finanziarie aggiuntive destinate alle vaccinazioni contro varicella, meningococco C e pneumococco.
Conclusioni
Volendo definire obiettivi nazionali, si possono individuare due fasi temporali.
Nella prima, quella attuale che purtroppo si protrae da troppi anni, si debbono conseguire i seguenti obiettivi:
Nella secondo fase, in cui ogni Regione dovrà disporre delle conoscenze epidemiologiche locali, sarà possibile:
Nulla impedisce alle singole Regioni, che già hanno realizzato le condizioni previste dal Piano Nazionale Vaccini, di adottare fin da ora la strategia di vaccinazioni tutte raccomandate, volontarie e gratuite.
Nota 1 – Legge Regionale Veneto 23 marzo 2007, n.7: Sospensione dell’obbligo vaccinale per l’età evolutiva.
Nota 2 – Legge 23 dicembre 1978, 833: Istituzione del servizio sanitario nazionale. Art. 33: Norme per gli accertamenti e i trattamenti sanitari volontari e obbligatori.
Nota 3 – DPR 26 gennaio 1999, n. 355: Regolamento recante modificazioni al DPR 22 dicembre 1967 n. 1518, in materia di certificazioni relative alle vaccinazioni obbligatorie.
Nota 4 – Legge 23 dicembre 1978, 833: Istituzione del servizio sanitario nazionale. Art. 32: Funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria. Art. 33: Norme per gli accertamenti e i trattamenti sanitari volontari e obbligatori.
Nota 5 – DLgs 30 dicembre 1992, n. 502: Riordino della disciplina in materia sanitaria. Art. 1: Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza. Comma 3: “L’individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza […] è effettuata contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al SSN […]. Le prestazioni sanitarie comprese nei LEA sono garantite dal SSN a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa”.
Nota 6 – Legge 23 dicembre 1978, 833: Istituzione del servizio sanitario nazionale. Art. 6: Competenze dello Stato.
Nota 7 – Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3: Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione (l’art. 3 sostituisce il precedente art. 117).
Nota 8 – DPCM 29 novembre 2001: Definizione dei livelli essenziali di assistenza.
Nota 9 – DPCM 23 aprile 2008: Nuovi livelli essenziali di assistenza.
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