Gianmarco Testa
da “SPORT E SALUTE” (Anno II, numero 3 – Maggio 2005)

È una bevanda che fa parte integrante della nostra giornata. Ma in ogni tazzina che ci porgono al bar e a casa, c’è dentro anche un po’ di storia. Da conoscere …

Nero, dolce e bollente come voleva Eduardo De Filippo; oppure lungo, come lo bevono gli americani; ed ancora: veloce espresso da bar, o profumata cerimonia casalinga. Sia come sia il caffè non è soltanto una bevanda: è un po’ di cultura e di storia cui ci avviciniamo, ogni mattina.
Rappresenta, per molti, il primo contatto con il nuovo giorno. Per altri è la più piacevole pausa nei momenti di stress da lavoro. Per altri, infine, rappresenta la giusta carica nei momenti di defaillance.
Ma, visto che tutti, proprio tutti, abbiamo a che fare con il caffè, ogni santo giorno, siamo proprio sicuri di conoscere a fondo questa bevanda?

Origini leggendarie

La storia del caffè nasce in Oriente addirittura quattrocento anni prima della nascita di Cristo. Le leggende si contraddicono e si sovrappongono. Quella più diffusa racconta che un pastore dello Yemen notò come i suoi cammelli e le sue pecore, se si avvicinavano e brucavano certe particolari bacche, restavano eccitati per tutto il giorno fino a notte. Il pastore, di nome Kaldi, raccontò questa sua esperienza a certi monaci del Monastero Chehodet, i quali si incuriosirono e cercarono di capire i motivi del fenomeno. Alla fine convennero con le conclusioni del pastorello, ed usarono quelle bacche per restare svegli più a lungo, in modo di poter pregare meglio.
La seconda leggenda racconta che la bevanda arrivò direttamente dal cielo. Il profeta Maometto, un giorno, era particolarmente stanco. E si rivolse in preghiera ad Allah affinché gli desse la forza per continuare le sue peregrinazioni. Per tutta risposta il Profeta ricevette questa bevanda scura “come la sacra pietra della Mecca”; la bevve e si rianimò all’istante. Quella bevanda si chiamava “qawa”.
Di storie analoghe ve ne sono parecchie: sapete, ad esempio, perché la Moka si chiama così? Era il nome di una città mediorientale meta del viaggio di uno sceicco, Alì Ben Omar, che, sopraffatto dalla stanchezza, ricevette in regalo da un uccello, alcune bacche da cui trarre un infuso. Il caffè, appunto.
Un’altra storia racconta come un incredibile incendio, sviluppatosi in una regione interna dell’Abissinia, avesse bruciato migliaia e migliaia di queste bacche, diffondendo l’incredibile aroma del caffè appena tostato. Ai poveri contadini, per la fame, non restò altro che tentare di utilizzare in qualche modo i resti di quell’incendio, scoprendo, per puro caso, la tostatura dei chicchi del caffè. Fu la loro e la nostra fortuna di odierni consumatori. Anche l’arrivo della preziosa polvere nel vecchio continente ha un qualcosa di leggendario e fantastico.

“Dimenticato” dai turchi

Ora che ne sappiamo un po’ di più sulla preistoria di questa bevanda, proviamo a conoscerla assieme. Grazie ad alcuni sacchi di caffè dimenticati dai turchi in ritirata da Vienna, il caffè si diffonde in Occidente, attraverso Venezia, dove, si pensa sia stata aperta la prima “Bottega del Caffè” nel 1640 (anche se alcuni ritengono che ne sia stata aperta una precedentemente a Livorno). Diventa poi richiestissimo anche nei locali di Vienna, Marsiglia e Londra.
In ogni caso, il successo è immediato e il caffè, sia come bevanda che come locale omonimo, si diffonde in ogni città italiana. Anche se nel mondo arabo il caffè è senza dubbio una bevanda diffusa sin dagli anni 1000, è proprio in Occidente, comunque, che la sua introduzione ha alterne fortune.

Estrazione caffè – chicchi verdi a secco

Estrazione caffè – chicchi verdi in umido

“Bevanda del diavolo”

La Chiesa lo dichiara la “bevanda del diavolo”, finché nel ‘400 Papa Clemente VIII decide di santificarne l’uso.
Nel ‘600 anche gli scienziati vogliono dire la loro e asseriscono che il caffè è un veleno, aggiungendo che “nel giorno del Giudizio Universale chi lo avrà bevuto uscirà dalla tomba nero come i fondi del caffè”.
Nel ‘700 è re Gustavo III di Svezia che, senza volerlo, prova al mondo l’innocenza e l’innocuità di questa bevanda. Credendo sia veleno, il re effettivamente firma una condanna a morte da eseguirsi mediante somministrazione di caffè. Si racconta che, nonostante le cospicue dosi, i due colpevoli vissero fino a più di ottanta anni.

L’ALTERNATIVA LIGHT: IL DECAFFEINATO

La decaffeinizzazione del caffè è un uso che risale alla prima parte del ventesimo secolo, intorno al 1905, per opera di Ludwig Roselius in Germania. Erroneamente questa metodica viene spesso vissuta come un metodo che priva il caffè del suo aroma. Non è vero!
Il gusto del caffè dipende dalla concentrazione delle sostanze aromatiche che si sviluppano durante il processo di tostatura, mentre il processo di rimozione della caffeina viene applicato ai chicchi di caffè ancora crudi. Del resto, la caffeina, alcaloide contenuto in tutti i tipi di caffè verde, sostanzialmente non conferisce aroma o gusto allo stesso neppure dopo la tostatura.
Il caffè decaffeinato nasce perché i consumatori che desiderano godere dei gusto e dell’aroma inalterato della apprezzata bevanda, vogliono limitare l’introduzione della “parte” stimolante dei caffè. La fase di decaffeinizzazione, qualunque sia il sistema scelto, avviene prima della tostatura. È bene comprendere che una selezione attenta dei caffè verdi di alta qualità darà sempre ottimi caffè con o senza caffeina mentre qualità di basso livello di caffè verdi continuerà a dare pessimi caffè siano essi decaffeinati o meno.
Per decaffeinare il caffè esistono tre differenti modi basati sulla estrazione della caffeina tramite particolari sostanze, che hanno la caratteristica di dissolvere specifici componenti chimici solidi e rimuoverli durante i processi di estrazione.

1- Con l’anidride carbonica
I chicchi verdi vengono inumiditi con vapore e acqua fino a raggiungere la giusta percentuale di umidità (max 40%). Successivamente i chicchi vengono fatti passare nell’estrattore assieme all’anidride carbonica che si presenta in un particolare stato fisico detto “supercritico”. Tale stato ha la duplice proprietà di diffondere come un gas e di solubilizzare come un liquido. Il metodo non prevede l’uso di altre sostanze. L’estrazione avviene “dolcemente” e necessita di una pressione fra le 120 e le 250 atmosfere. I chicchi, infine, separati dalla caffeina, vengono essiccati. La decaffeinizzazione con C02 assicura una elevata selettività di estrazione e non intacca le altre sostanze che concorrono alla qualità del caffè.

2- Con l’acqua
La caffeina esiste nel seme del caffè verde ed è solubile in acqua. Il metodo prevede quindi di utilizzare acqua che, attraversando i chicchi di caffè verde, estrae la caffeina la quale, successivamente, passa attraverso del carbone attivo che la trattiene. Il liquido che ne deriva, a questo punto senza caffeina, ma con gli altri componenti solubili del caffè, viene reintrodotto nei semi decaffeinati che sono parzialmente essiccati. Il metodo dura all’incirca 8 ore durante le quali il processo viene ripetuto più volte fino a che circa il 98% della caffeina viene rimossa. Anche con gli altri metodi di decaffeinizzazione il tasso di estrazione è analogo.

3- Con diclorometano o acetato di etile
Anche in questo caso i chicchi verdi vengono preliminarmente umidificati tramite vapore e poi passati negli estrattori dove, attraverso il diclorometano o l’acetato di etile, (due sostanze organiche autorizzate dalla vigente legislazione europea) si decaffeinizzano. Un successivo trattamento con vapore ne elimina tutti i residui ed infine, attraverso la tostatura, evaporano le ulteriori tracce.
Si sottolinea che entrambi i fluidi sono composti volatili di cui non rimane traccia nel caffè verde e, tantomeno, nel caffè tostato.

Meglio sotto vetro

In Italia la bevanda ha tradizioni antichissime e solide radici. È diventata un’abitudine quotidiana. L’Italia occupa un posto di notevole importanza nel mercato del caffè. Ogni anno importiamo circa 324.000 tonnellate di caffè verde, metà di arabica e metà di robusta. Sempre in un anno esportiamo circa 3.800 tonnellate di caffè verso l’estero grazie al lavoro di ben 750 torrefattori presenti nel nostro Paese dove il 70% del consumo avviene tra le pareti domestiche, il 25% nei locali e la quota restante in ufficio. Nei bar il consumo arriva a 40 miliardi di tazzine (stime del 2002). Date queste cifre, è chiaro che il caffè in Italia è ben più che un fenomeno culturale. Eppure, stando sempre alle cifre, non siamo i maggiori consumatori della bevanda. Per esempio, in Finlandia il consumo del caffè supera la media: ogni finlandese consuma almeno kg. 12 di chicchi verdi e fa attenzione alla qualità, che può provenire dal Kenia, dal Brasile, dalla Colombia, dal Guatemala, dal Costa Rica, dal Nicaragua e dal Messico. Ma per una ragione: in quel paese il caffè è usato come bevanda da sorseggiare durante i pasti.
Con il passare degli anni e delle consuetudini, è cambiato anche il modo di acquistare il caffè. Non si compera più sfuso, dal droghiere e nemmeno lo si macina in casa come facevano le nonne degli anni cinquanta. Ora il prodotto arriva nelle nostre case sottovuoto, appena macinato, nel modo migliore per essere utilizzato all’istante. Un buon consiglio: se si vuole preservare l’aroma di una confezione appena aperta, allora è bene conservare la preziosa polvere in un barattolo di vetro, chiuso e posto in uno scaffale alto del frigorifero.
A tutt’oggi le leggende che hanno messo in cattiva luce il caffè non sono ancora del tutto superate: c’é, spesso, diffidenza verso la bevanda. Molte mamme sostengono che possa nuocere alla salute dei giovani rampolli. La verità è che la bevanda, in sé, è totalmente innocua. Tutto sta ad assorbirla con dosaggi contenuti: come tutte le sostanze psicoattive, non va presa a dosi eccessive.

Con un occhio alla salute

Nell’ottobre 1970, a Venezia, si è tenuto il Primo Simposio Biofarmacologico sul caffè. L’anno dopo, nell’ottobre 1971 a Firenze, si è ripetuto il Secondo Convegno, e nel 1972 a Vietri sul mare un terzo convegno ha integrato e completato l’esposizione delle proprietà delle sostanze attive contenute nel caffè, sancendo chiaramente gli effetti positivi e sfatando i pregiudizi negativi diffusi in passato. Durante questi convegni, esperti nel campo della Dietologia, della Nutrizione, della Fisiologia Umana hanno precisato l’attività terapeutica del caffè, bevanda che in una società come la nostra aiuta a sconfiggere lo stress fisico e mentale, caratteristico della nostra epoca. Dal punto di vista nutritivo il caffè non è un alimento indispensabile per il nostro organismo. Tuttavia, alcune sostanze in esso contenute provocano effetti benefici sugli organi. Naturalmente, come per ogni alimento, è necessario non consumarne una quantità smoderata, se non si vogliono ottenere inconvenienti dovuti all’abuso. L’abitudine a consumarlo quotidianamente non comporta assuefazione anche dopo lunghi periodi. Qui di seguito elenchiamo alcuni degli effetti più frequenti da esso prodotti sul nostro organismo. Il caffè è una sostanza cosiddetta “nervina”, che agisce sui centri nervosi, provocando un senso di benessere generale, spronando ad essere maggiormente vigili ed attivi sul lavoro, non solo fisico, ma anche e soprattutto in quello che richiede maggiore prontezza di riflessi. Tale stimolazione proviene dalla “caffeina”, in combinazione con l’acido caffettaninnico (miscela di vari acidi tra cui l’acido clorogenico e l’acido caffeico). La caffeina, alcaloide che il Runge scoprì nel 1820, si trova oltre che nel seme anche nelle foglie della pianta di caffè, tè, cacao, cola, matè. Ecco perché in alcuni paesi (isola di Sumatra, ad esempio), si fa uso di decotti del fogliame torrefatto. Una tazzina di caffè contiene circa 5 cg. di caffeina e la sua azione eccitante, che si protrae per una a due ore dopo averla bevuta, agendo sul sistema nervoso cerebro‑spinale, provoca un risveglio delle facoltà mentali, allontana la sonnolenza, la noia, la stanchezza, anche quella psichica, gli stati depressivi, potenzia le capacità della memoria, dell’apprendimento, dell’intuizione e della concentrazione, facilita la percezione degli stimoli sensoriali, attenua le cefalee e le emicranie in genere. Gli effetti positivi della caffeina sull’attività dei centri nervosi superiori è stata sperimentata con la tecnica dei riflessi condizionati: somministrata in dosi terapeutiche si è osservato che aumenta la rapidità dei riflessi condizionati, mentre si riduce il loro periodo di latenza. La sua azione benefica arriva anche al cuore, perciò nella farmacoterapia essa è stata usata anche come cardiotonico. Inoltre, la caffeina potenzia il tono arterioso, senza alterare la pressione, migliorando anche la circolazione delle coronarie. Va tenuto presente che le azioni sul cuore sono del tutto secondarie, e non sono rilevabili nelle dosi usuali di 2 ‑ 3 tazzine. Ciò vale soprattutto per quelle che possono essere considerate le azioni negative, ad esempio la tachicardia. Anche i polmoni beneficiano dell’azione stimolante della tazzina di caffè. In essi si determina un potenziamento della dilatazione dei bronchi, della ventilazione polmonare, che facilitano una migliore respirazione. A livello della muscolatura dello scheletro il caffè potenzia la capacità di contrazione muscolare, riduce la stanchezza, migliora la coordinazione dei movimenti e il rendimento sportivo. Per questa sua azione tonica sulla muscolatura il caffè è indicato per gli sportivi, perché allevia la stanchezza, specialmente negli sport di lunga durata, quando maggiormente la fatica si impadronisce del fisico ed i movimenti tendono a farsi pesanti. Sul gran simpatico agisce stimolando i nervi vasomotori e dunque facilita la digestione. Ecco perché il caffè, oltre che bevanda energetica nel risveglio mattutino, è utile dopo il pranzo e la cena, in quanto agisce sulle pareti dello stomaco, favorendo la secrezione dei succhi gastrici, quindi avviando e migliorando il processo digestivo. Nel fegato attiva la produzione della bile e la contrazione della cistifellea. Negli intestini coadiuva i movimenti, migliorandone le funzioni. Altri effetti positivi della buona tazza di caffè si riflettono sui reni, dove si ottiene la dilatazione delle arterie renali ed il conseguente potenziamento della diuresi. Sulle ghiandole endocrine agisce stimolando la secrezione delle surrenali (corteccia/cortisone, ecc.; midollare/adrenalina), ed infine stimola la funzione tiroidea ed il metabolismo. Non è da sottovalutare lo scarso valore calorico del caffè che, quindi, può essere liberamente consumato senza nuocere nelle diete ipocaloriche.

Le Varietà

Come tutte le cose preziose dei mondo, il caffè ha rigidi sistemi di classificazione e catalogazione. A studiarlo a fondo, in tutte le sue varie differenze, fu il botanico svedese Carlo Linneo: il caffè venne catalogato nella famiglia delle rubiacee, che raggruppa ben 4500 varietà, tra cui 60 specie appartenenti al genere “coffea”. Di queste, solo 25 sono le più commerciali per i frutti, e solo le prime quattro hanno un posto di rilievo nel commercio. Sono le famosissime qualità Arabica, Robusta, Liberica ed Excelsa.

  • Coffea Arabica – Specie coltivata e selezionata da diversi secoli. Di questa la più rinomata è la varietà “Moka”, coltivata sopratutto in Arabia, i cui grani, piuttosto piccoli, hanno un intenso profumo aromatico. Il loro colore caratteristico è il verde rame, mentre la forma è appiattita ed allungata. Altre varietà sono la “Tipica”, la “Bourbon” molto diffusa in Brasile e la “Maragogype” apprezzata per i grani più grossi. Le piante di Arabica prosperano in terreni dotati di minerali, specie quelli di origine vulcanica, situati oltre i 600 metri di altezza. Il clima ideale deve aggirarsi intorno alla temperatura media di 20°C. La coltivazione di altre specie è stata introdotta dalla fine dell’Ottocento, a seguito delle malattie che, in diverse regioni, colpirono e decimarono la Coffea Arabica. Da allora si andarono scegliendo e selezionando altre specie.
  • Coffea Robusta – Affine alla Coffea Arabica, i suoi rami si incurvano a forma di ombrello, verso terra. Durante l’anno la fioritura è continua. I suoi grani tondeggianti sono più piccoli, ma più ricchi di caffeina rispetto alla specie precedente e, una volta torrefatti, risultano molto profumati. Questa varietà che vegeta anche in pianura, ha avuto molta fortuna in commercio. Scoperta nel Congo è ora molto coltivata, perché oltre all’abbondanza di produzione ed al minor costo d’impianto, mostra alte caratteristiche di resistenza alle malattie, vegetando anche in condizioni disagiate. Alcune varietà ricavate da incroci di “Canephora” a cui la Robusta appartiene, sono molto diffuse in Indonesia, Uganda, india e nell’Africa occidentale. Inoltre è stata ricavata “l’Arabusta”, incrocio tra le due Coffee, Arabica e Robusta.
  • Coffea Liberica – Proveniente dalle foreste della Liberia e dalla Costa d’Avorio, è una bella pianta longeva, robusta, rigogliosa nella vegetazione, con frutti e semi grandi quasi il doppio di quelli della Arabica, ed inoltre più resistenti all’assalto dei parassiti. È una pianta che richiede temperatura elevata e abbondante acqua. Per queste sue caratteristiche la Coffea Liberica è scelta come porta ‑ innesto e per ottenere, tramite incrocio, nuove varietà presenti soprattutto in Costa d’Avorio e nel Madagascar. I suoi chicchi, sebbene di qualità inferiore, danno un caffè profumato e gradevole. Con un gusto che, fino a qualche decennio addietro, piaceva maggiormente nei paesi scandinavi.
  • Coffea Excelsa – Scoperta nel 1904, questa specie resiste bene all’attacco delle malattie ed alla siccità. Dà una resa molto elevata ed i grani, lasciati invecchiare, danno un caffè dal gusto profumato e gradevole, simile a quello della Coffea Arabica.

Facciamolo con la Moka

  • Il caffè prodotto con la macchina Espresso o con la Moka contiene meno caffeina del caffè filtrato. L’espresso è rapido e il contatto acqua‑caffè è minore di 30 secondi; con la Moka necessita almeno di 1 minuto; il filtrato, viceversa, ha un tempo contatto acqua‑caffè molto più lungo e può superare anche i 3‑4 minuti.
  • Si crede che il “caffè lungo” (preparato all’americana) contenga meno caffeina. Niente di più sbagliato. Il caffè lungo, poiché è più sfruttato nella preparazione, “estrae” più caffeina. Per “allungare” il caffè ristretto basta diluirlo con acqua.

A casa, quasi sempre, viene utilizzata la Moka. Il segreto per ottenere un buon caffè casalingo è quello di usare un buon prodotto (la materia prima è sempre importante), ma anche una tecnica specifica:

  1. il contenitore deve essere caricato generosamente con il caffè macinato e mai pressato
  2. l’acqua inserita nella caldaia deve essere calda
  3. la caffettiera va posta sul fuoco a fiamma bassa e a coperchio aperto. Per questo è bene porre un salvaschizzi sul beccuccio da cui esce il caffè.

Vademecum per intenditori

Per capire se un caffè è ottenuto da miscela di Robusta o Arabica, è sufficiente un colpo d’occhio. Il caffè ottenuto dalla varietà robusta ha una schiuma decisamente marrone con una sfumatura grigiastra, la schiuma ha bolle più grandi e meno compatte. Il caffè arabica ha un colore nocciola spesso con riflessi rossicci, crema persistente e compatta e talvolta percorsa da striature regolari. È frequente che il caffè robusta abbia un aroma “legnoso” o di muffa, mentre l’arabica ha una gamma di aromi molto più varia e piacevole ed è facile avvertire il profumo di cioccolato.

Al gusto la robusta risulta più amara e corposa, mentre l’arabica è più “dolce” e di buona struttura. A parità di miscela utilizzata in un espresso si possono riscontrare difetti dovuti ai modi e ai tempi di estrazione. I difetti più frequenti sono la sottoestrazione e la sovraestrazione. Nel primo caso il caffè risulta molto chiaro con una schiuma sottile che sparisce rapidamente: il tempo di estrazione è stato troppo ridotto o la miscela macinata grossolanamente (l’acqua calda non ha potuto estrarre tutte le sostanze). Nel secondo caso la schiuma è di un marrone molto scuro e limitata ai bordi, il caffè è scurissimo: il tempo di estrazione è stato troppo lungo e la miscela si è bruciata (lo stesso accade se la miscela è macinata finemente: l’acqua calda fatica a passare surriscaldandosi).

Caffé, caffeina e salute: ancora tanti miti da sfatare

Dubbi e preconcetti emergono da un’indagine su “Caffè, caffeina e salute“, alla quale hanno aderito 993 medici di medicina generale e 1897 specialisti (ospedalieri e privati).

Corrette, nella grande maggioranza, le risposte sui contenuti in caffeina in una tazzina di espresso (quasi tutti rispondono 40 mg, ma pochi sanno che la stessa quantità di moka ne può contenere fino a 80 mg), mentre pochi sanno che il filtrato all’americana contiene circa 120 mg di caffeina. Queste informazioni incomplete possono essere alla base di consigli non corretti nei confronti dei propri pazienti, quando non ci si sofferma solo sul caffè, ma si parla del contenuto di caffeina in genere.
La comunità scientifica concorda sulla quantità di caffeina che può essere introdotta in un giorno, indicando 300 mg/die di caffeina per l’individuo adulto, ovvero circa 4-5 mg di caffeina per kg di peso corporeo al giorno: esempio: un uomo di 70 kg = 4,5 x 70 = 315 mg.
Per avere un’idea di cosa significhi in termini di dosaggio, ecco i quantitativi di caffeina contenuti in alcune delle bevande/alimenti più comuni:

Espresso o moka: 40-80 mg per tazzina
Caffè americano: 115-120 mg per tazza
Istantaneo: 65-100 mg per tazza
Decaffeinato: < 5 mg per tazzina
Cappuccino: 70-80 mg per tazza
Cioccolata: 30-40 mg per barretta da 60 gr
: 40-50 mg per tazza
Bevande tipo cola: 35-50 mg per lattina
Bibite energetiche con caffeina o guaranà: 50-100 mg

Altro punto da chiarire è il ruolo benefico, nullo o dannoso di un moderato consumo di caffè. In questo caso, probabilmente per la limitata conoscenza sul contenuto di caffeina, 1/3 dei medici ritiene a torto dannoso un moderato consumo di caffè (3-4 tazzine). Al contrario, la Comunità Scientifica ha più volte dichiarato che tale dose non inficia la buona salute, ma può essere protettiva su molti organi e apparati (come nel caso del fegato).
E ancora, nonostante le numerose sostanze benefiche contenute nel caffè, i medici evidenziano solo il contenuto in caffeina. Pochi sanno dei contenuti – a buoni livelli – in potassio e niacina.
Infine, fra le patologie per le quali gli intervistati vedono negativo un consumo di caffè, citano quelle relative al sistema nervoso, nonostante la letteratura scientifica abbia, di recente, riportato evidenze positive non solo relativamente all’aumento di performance mentali nei soggetti anziani, ma anche nella prevenzione del Parkinson e del Morbo di Alzheimer.

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