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INFLUENZA AVIARIA (H5N1) NELL’UOMO

È universalmente noto che in Asia, in questi ultimi anni, si è manifestata una nuova influenza epizootica aviaria da virus A (H5N1), che ha provocato milioni di abbattimenti selettivi di pollame finalizzati al controllo della diffusione della malattia. Fino alla metà del 2005 l’influenza aviaria ha causato circa 50 morti attribuibili direttamente al virus H5N1, ma la possibilità che si verifichino mutazioni in una forma più contagiosa per l’uomo con le caratteristiche di pandemia, rappresenta il motivo di maggior preoccupazione dell’OMS e delle autorità sanitarie Internazionali che hanno predisposto piani di prevenzione veterinaria e medica adeguati al contenimento di questo possibile evento.
La Commissione di Consulenza sull’Influenza Umana dell’OMS (Committee of the World Health Organization [WHO] Consultation on Human Influenza A/HS) ha pubblicato sul New England Journal of Medicine:
Avian Influenza A (H5N1) Infections in Humans” (N Engl J Med 2005;353:1374-85), un documento che formalizza le attuali conoscenze sull’influenza aviaria e fornisce delle raccomandazioni che, in considerazione dei molti interrogativi aperti sul problema, saranno suscettibili di modifica.
Rispetto all’incidenza e alla trasmissione, l’influenza umana A (H5N1) ha avuto un andamento parallelo all’epidemia aviaria (H5N1) benché quest’ultima, nel 2004 e 2005, raramente abbia causato la malattia nell’uomo. La frequenza dell’infezione umana non è stata tuttora definita e sono in corso studi specifici. Le modalità di trasmissione confermano la trasmissione uccelli-uomo, mentre quella ambiente-uomo è ritenuta limitata e al momento non è accertata la trasmissione uomo-uomo.
Lo spettro clinico delle manifestazioni dell’influenza H5N1 nell’uomo è basata sui dati dei pazienti ospedalizzati e non è possibile definire con precisione le manifestazioni sub-cliniche e le presentazioni atipiche, ma solo i dati reperibili nei singoli report. Il periodo di incubazione potrebbe essere più lungo rispetto a quello di altri virus influenzali. Nel 1997 la maggior parte dei casi si manifestò dopo 2-8 giorni dall’esposizione e i report più recenti documentano intervalli simili, ma con range fino a 8 giorni.
Nella maggior parte dei casi l’esordio era caratterizzato da febbre (> 38 °C) e sintomi simil-influenzali con interessamento delle basse vie respiratorie (94-100% casi), mentre solo a volte erano interessate le alte vie (25-71%). Diversamente dai soggetti affetti da influenza aviaria H7 quelli con influenza A (H5N1) raramente hanno manifestato congiuntivite. Erano presenti diarrea (17–70%), vomito (10–33%), dolori addominali (17–50%) e sanguinamento dal naso e dalle gengive e in particolare una diarrea profusa senza sangue e modificazioni infiammatorie si manifestava con una frequenza maggiore rispetto a quanto avviene nella normale influenza e precedeva le manifestazioni respiratorie.
Il decorso era correlato all’infezione delle basse vie respiratorie con dispnea e tachipnea che potevano evolvere verso un’insufficienza respiratoria e una sindrome da distress respiratorio (ARDS) che nei casi della Thailandia si evidenziava dopo 6 giorni (range 4-13). Molti soggetti hanno richiesto una ventilazione assistita in unità di cure intensive per la comparsa di un deficit multiorgano (MOF) e ipotensione. La mortalità nei soggetti ospedalizzati era alta con un’ampia variabilità (33–100%). Rispetto al 1997, quando le morti erano prevalenti in giovani > 13 anni, i casi più recenti di influenza aviaria hanno causato un’alta percentuale di mortalità nei bambini. La morte era intervenuta dopo 9–10 giorni dall’esordio per insufficienza respiratoria.
I dati di laboratorio più significativi erano rilevabili all’emocromo che evidenziava leucopenia, linfocitopenia e trombocitopenia moderata, inoltre era evidente un incremento lieve delle transaminasi.
Gli studi sulla patogenesi del virus hanno indicato, sin dal 1997, una sua continua evoluzione con cambiamento antigenico; la specie ospite è aviaria, ma il virus ha dimostrato capacità di infettare i felini; l’infezione sperimentale nei topi e furetti ha aumentato la patogenicità virale e la sua stabilità ambientale. La replicazione virale è prolungata, il virus è stato isolato nei tamponi naso-faringei per circa una settimana (media giorni 6.5 range 1-16), ma più bassa che nell’influenza umana. La maggior parte dei campioni fecali testati erano positivi per RNA virale (7 su 9), mentre le urine erano negative. L’alta frequenza di diarrea nei soggetti affetti e la presenza di RNA virale nei campioni di feci fa supporre la replicazione virale a livello del tratto gastroenterico.
La possibilità di influenza A (H5N1) dovrebbe essere considerata in tutti i soggetti con una malattia respiratoria severa ed acuta nei paesi con presenza di influenza animale A (H5N1), in particolare in coloro che hanno avuto contatti con pollame.
Attualmente i test rapidi antigenici in commercio non hanno una sensibilità adeguata per formulare una diagnosi virologica certa che richiede una diagnosi di conferma attraverso sofisticati strumenti di laboratorio. Nel sospetto diagnostico, finché il setting non è quello di una pandemia, l’ospedalizzazione e il monitoraggio sono le procedure da attuare, anche per poter iniziare una terapia antivirale con inibitori delle neuraminidasi.

Indicazioni per viaggiatori in aree a rischio

– Vaccino antinfluenzale trivalente umano 2 settimane prima del viaggio in zone a rischio.
– Per coloro che potrebbero avere contatti con pollame infetto, evitare il contatto diretto con gli animali e le loro secrezioni.
– Adottare norme igieniche personali per ridurre il possibile contagio con frequente lavaggio delle mani con gel alcolici e ingerire solo uova e pollame previamente sottoposto a cottura. Il lavaggio delle mani è fondamentale se viene manipolato pollame vivo destinato all’alimentazione.
– I soggetti che manifestano febbre entro 10 giorni dal rientro da aree a rischio devono rivolgersi al medico.
(Estratto da Tab. 5 N Engl J Med 2005;353:1374-85)

Per le misure di prevenzione, attualmente non è disponibile un vaccino per l’infuenza A (H5) e i precedenti vaccini sono scarsamente immunogeni e richiedono due dosi o l’aggiunta dell’adiuvante MF59 per determinare una risposta anticorpale. La terza iniezione del vaccino H5 1997 ha determinato anticorpi che hanno una cross-reazione variabile con quelli isolati nel 2004. Pertanto sono in corso studi per approntare un vaccino per uso umano del ceppo H5N1.
A questo scopo è fondamentale il lavoro coordinato dei ricercatori clinici ed epidemiologi dei paesi con casi di influenza H5N1 con i rappresentanti dei sistemi sanitari internazionali. Nella pratica clinica attuale, ai medici di famiglia viene chiesto di incrementare la copertura di vaccino nelle popolazioni a rischio di influenza umana e favorire la pratica di vaccinazione a coloro che lo richiedono. La rivista Nature ha aperto un osservatorio con gli aggiornamenti sull’acquisizione di conoscenze e le decisioni delle autorità sanitarie sul tema. Questo può essere utile a chi viene chiamato a chiarire ai pazienti quesiti su un argomento ad elevato impatto emotivo, al momento difficilmente traducibile in termini di rischio di malattia, proiezioni epidemiologiche e storia naturale.

(A cura di Paolo Spriano)

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