Sport e Diversamente Abili

RAPPORTO SUL JUDO-ADATTATO

ASSOCIAZIONE ITALIANA SPORT EDUCAZIONE

(Riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali come Associazione Nazionale di Promozione Sociale con decreto del 27/06/03 ed iscritta al Registro Nazionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n° 66)

(Trofeo Corona Ferrea, Monza 2004 – in primo piano la gara dei disabili mentali e, in fondo, la gara internazionale)

Si intende per judo-adattato la pratica dei disabili. Ma, mentre l’handicap fisico ha dei limiti in se stesso, c’è una difficoltà psicologica nell’handicap mentale.
La prima considerazione riguarda le differenti casistiche, riassunte in:

  • down e ritardati
  • caratteriali
  • psichiatrici

che vanno tenute separate finché i soggetti non hanno raggiunto un buon livello di integrazione (e di rispetto dell’altro). Da cui deriva che la pratica deve mirare all’integrazione, non alla vittoria in Campionato.
D’altro canto il judo-adattato può essere la disciplina-pilota per sviluppare lo sport-adattato … che rientra nella visione generale di sport-educazione, a cui è interessata l’Unione Europea e il mondo intero (O.N.U. – 2005, Anno Mondiale dell’Educazione attraverso lo Sport).
L’Europa si chiede:
“Perché l’organizzazione dei non-vedenti ha creato le Paralimpiadi per i disabili, ma il Comitato Olimpico Internazionale (I.O.C.) non organizza Campionati Continentali e Mondiali?
E le Federazioni sportive discutono i regolamenti dei Campionati per disabili mettendo fisici e mentali sullo stesso piano emotivo.
Ma … se l’ideale olimpico e il Campionato sono alla portata dei disabili fisici, quelli mentali traggono benefici da tornei minori, aperti a tutti, davanti a un pubblico di amici e conoscenti. Prendono sicurezza da semplici dimostrazioni. Per loro una breve trasferta, una notte fuori, è già avventura. Non serve portarli in giro per il Mondo, finché non sono integrati ai normodotati.
Non sopporterebbero il duro allenamento, la “campionite”, la celebrità, il doping.
L’insegnante li porta a conquistare i piccoli aspetti del quotidiano; tutti ne guadagnano, ma pochi arrivano a integrarsi quasi alla pari.
A coronare la progressione in palestra c’è la gara amichevole con i normodotati: disabili con un vantaggio (di grado, di peso, o di età); normodotati che accettano di “magari perdere”.
Oltretutto, dando interesse e notorietà al campionato alcuni normodotati barerebbero per iscriversi (già avviene, pur di viaggiare a sbafo e arraffare un premio). Chi dichiara che quello è disabile? Lo zio medico?
E come li facciamo gareggiare? I down e i ritardati mentali, con i caratteriali? con gli psichiatrici?
Sarebbe bene non mescolarli, finché non sono formati al “rispetto dell’altro”.
Ma il rispetto dell’altro tende a scomparire in un Campionato del Mondo! Se la gara è amichevole, il fair-playè facile, se la gara è ufficiale la tensione provoca litigi e reclami.
Non dobbiamo essere superficiali. L’ideale olimpico può interessare molti disabili fisici, ma pochi mentali: quelli giunti a livello di integrazione.
Occorre un’Agenzia di sport-educazione, non smaccatamente agonistica e insegnanti accettati (dai disabili), dedicati e preparati al lavoro di base. Poi qualcuno potrà anche disputare un Campionato del Mondo (in cui vincerà il meno down, il meno disabile, o uno che bara).
E chi deve occuparsi del judo (e dell’attività motoria) dei disabili mentali?
Il Ministero delle Politiche Sociali. Chi altro mai?
Ci serve un Congresso, e un aiuto medico per definire le regole del gioco, ci serve un accredito sociale per presentarci alle ASL, ai CSE, alle Comunità, ai medici, agli psichiatri, ai professori … Per fare onore all’Italia.
Vogliamo discutere:

  • come formare istruttori che portino i disabili a livello di integrazione
  • come responsabilizzarli perché in palestra, in dimostrazione e in torneo si miri ai valori morali e sociali, non al campione
  • la definizione di disabilità mentale nelle sue categorie
  • lo spirito e i regolamenti della gara.

Vogliamo ottenere:

  • il patrocinio del Ministero delle Politiche Sociali
  • l’attenzione del Ministero Istruzione, Università e Ricerca
  • una presentazione per portare la proposta italiana all’Unione Europea.

Siamo a disposizione:

A.I.S.E. – Associazione Italiana Sport-Educazione riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali come Associazione Nazionale di Promozione Sociale
Via Thaon di Révél, 3 – 20159 Milano
Tel. presidenza: 02-69.00.71.42; tel. segreteria: 02-40.71.559
www.sport-educazione.it
www.judo-educazione.it
e-mail: aise@tiscali.it

Vogliamo dialogare con tutti, vogliamo insieme costruire un mondo migliore, vogliamo far crescere l’Italia e contribuire all’Europa.

LA GARA DI JUDO-EDUCAZIONE
Judo-educazione è per tutti, ma acquista importanza nell’età formativa
Siamo atleti o judoisti?

L’atleta si allena in palestra.
Il judoista pratica nel dojo.
In palestra l’allenamento prepara il campionato.
Il judo-educazione usa il torneo per verificare la pratica.
L’atleta vince ad ogni costo: per squalifica, per decisione, per vantaggio tecnico, lasciando l’amaro in bocca all’avversario.
Il judoista cerca la vittoria attraverso l’ippon magistrale che lascia ammirato l’avversario e incantato il pubblico; in questo modo anche il judo vince.
Nel ju-sport non si bada alla posizione.
Nel ju-do più importante di “vincere ad ogni costo” è “come si vince”, così la postura, lo stile, acquistano importanza.
Nella gara sportiva tutto è pronto per l’atleta, che deve concentrarsi.
In judo-educazione la gara prevede ospitanti e ospitati, che a un certo momento si affrontano cavallerescamente: “Oggi ci affrontiamo in rappresentanza delle nostre Scuole, ma domani ci troveremo insieme a costruire il mondo”.
Nella gara sportiva l’atleta è presentato come l’attore di uno spettacolo.
Nella gara di judo il pubblico partecipa a una cerimonia

  • in cui un giovane affronta una prova della vita
  • in cui esiste il rispetto per quei figli “che abiteranno case in cui a noi non è concesso di entrare neppure col pensiero …”
  • la gara di judo riprende idealmente l’iniziazione guerriera.

In campionato ci sono avversari da battere.
Nel judo si supera se stessi, come nella sfida a chi arriva primo alla fermata del tram: “se oggi sono più bravo ti insegnerò; se tu sei il più bravo imparerò da te”.
Il judo-educazione vuole cancellare le barriere:

  • non usa categorie di peso, ma il combattimento viene equilibrato tra pesi simili
  • maschi e femmine insieme: alla donna è dato un vantaggio che userà per trovare fiducia in se stessa, mentre il maschio la tratterà cavallerescamente; in gara la donna non userà la seduzione, come l’uomo la forza
  • in gara accogliamo anche i disabili che hanno percorso la strada dell’integrazione dando loro un vantaggio; mettendo così a prova tutti nel saper vincere e perdere
  • non c’è premio per il vincitore; di lui siamo orgogliosi, ma “l’essere umano ha diritto all’azione, non ai suoi frutti”.

Judo-educazione come scelta alternativa al juDO-sport


Rapport sur le Judo-Adapté

On entend, par judo-adapté, la pratique de cette activité par des handicapés. Mais, tandis que le handicap phisique compte ses propres limites, le handicap mental présente une difficulté psychologique.
La première considération concerne les différentes situations, résumées en:

  • down et retardés (mieux: syndrome de Down et retards-mentaux)
  • caractériels
  • cas psychiatriques

qui doivent rester séparés tant que les sujets n’ont pas acquis un bon niveau d’integration (et de respect de l’autre). Il s’ensuit que la pratique (sportive et culturelle) doit viser l’intégration, et non pas la victoire en Championat.
Par ailleurs, le judo-adapté peut devenir la discipline-pilote pour le développement du sport-adapté … qui rentre dans le cadre général du sport éducatif, auquel s’intéressent l’Union Européenne et le monde entier (O.N.U. – 2005 Année Mondiale de l’Education par le Sport).
L’Europe se demande:
Pourquoi l’organisation des non-voyants a-t-elle créé les Jeux Paraolympiques pour les handicapés
alors que le Comité Olympique International (C.I.O.) n’organise pas de Championnats Continentaux et Mondiaux?
Et les fédérations sportives discutent des règlements des Championnats pour handicapés, mettant sur le même niveau handicap physique et mental.
Mais … si l’idéal olympique et le Championnat sont à la portée des handicapés physiques, leshandicapés mentaux retirent eux des bénéfices dans des manifestations mineures, ouvertes à tous, devant un public d’amis et de connaissances.
Ils prennent de l’assurance au cours de simples présentations. Pour eux, un bref voyage, une nuit en dehors du chez eux, est déjà une aventure.
Il est inutile de leur faire parcourir le monde tant qu’ils ne sont pas intégrés aux “sportifs normaux”.
Ils ne supporteraient pas l’entraînement assidu, l’obsession de la compétition, la célébrité, le dopping.
L’enseignant les pousse à conquerir des petites victoires sur le quotidien; tous en tirent profit, même sipeu d’entre eux s’intègrent complétement aux “sportifs normaux”.
Le tournoi amical avec ces dernières couronne leurs progrès à l’entrainement: les handicapés partant avec un avantage (de classement, de poids ou d’âge); les “sportifs normaux” acceptant une“éventuelle défaite”.
De plus, si l’on donnait de la notoriété et un intérêt à ce championnat, certains “sportifs normaux” feraient tout pour s’y inscrire (ce qui se produit déjâ, pour peu qu’il y ait un voyage gratuit et un prix à gagner). Qui certifierait le handicape? L’oncle médecin?
E comment les faisons-nous concourir? Les trisomiques et les retardés mentaux avec les caractériels?et avec les psychotiques?
Il vaudrait mieux les tenir séparés tant qu’ils ne sont pas formés au “respect de l’autre”.
Or le respect d’autrui tend à disparaître dans un Championnat du Monde!
S’il s’agit d’un tournoi amical, il est facile d’être fair-play; dans un tournoi officiel en revanche la tension provoque réclamations et litiges.
Ne nous voilons pas la face. L’idéal olympique peut interesser beaucoup de handicapés physiques, mais peu de handicapés mentaux: hormis ceux ayant atteint un bon niveau d’intégration.
Nous avons besoin d’une Agence des sports éducatifs qui ne soit pas uniquement tournée vers la compétition, ainsi que des enseignants agrées (par les handicapés), dévoués et préparés au travail de base.
Après quelqu’un pourra disputer un Championnat du Monde (où vaincra le moins trisomique, le moins handicapé, ou quelqu’un qui triche).
Et qui doit prendre en charge le judo (et l’activité motrice) pour les handicapés mentaux? (En Italie) leMinistère des Politiques Sociales. Qui d’autre sinon?
Nous avons besoin d’un congrès et d’un éclairage médical pour définir les règles du jeu, nous avons besoin d’un agrément social pour nous présenter aux médecins, aux psychiatres, aux professeurs, aux comunités … Pour faire honneur à l’Italie.
Nous voulons discuter:

  • de la façon de former des éducateurs capables d’amener les handicapés à un bon niveau d’intégration;
  • des moyens pour les responsabiliser afin qu’à l’entraînement, en démonstration pubblique et lors des tournois amicales ils accordent plus de place aux valeurs morales et sociales qu’à la compétition en elle-même ,
  • de la définition du handicap mental dans chacune de ces catégories,
  • de l’esprit et des règlements des tournois.

Nous voulons obtenir:

  • la parrainage du Ministère des Politiques Sociales,
  • l’attention du Ministère de l’Education de l’Université et de la Recherche,
  • une porte-parole pour amener la proposition italienne à l’Union  Européenne.

Nous sommes à vôtre disposition:

A.I.S.E. – Associazione Italiana Sport-Educazione riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali come Associazione Nazionale di Promozione Sociale
Via Thaon di Révél, 3 – 20159 Milano
Tel. presidenza: 02-69.00.71.42; tel. segreteria: 02-40.71.559
www.sport-educazione.it
www.judo-educazione.it
e-mail: aise@tiscali.it

Report on Adapted-JudoNous avons la volonté de dialoguer avec tous, de construire ensemble un monde meilleur, de faire progresser l’Italie et d’apporter nôtre pierre à l’édifice européen.

With adapted-judo we mean judo’s practice by disabled people. But, while the physical handicap has got some limits in itself, there is a psychological difficulty in the mental handicap.
The first consideration is about different case histories, summarized in:

  • down and mentally retarded
  • suffering from behaviour disorders
  • suffering from psychiatric disorders

which must be kept separated as long as the subjects do not reach a good level of integration (and of respect for the other). From which it derives that the practice must aim at integration, not at victory in a Championship.
On the other hand, adapted-judo has the potential to be the discipline which could act as a pilot sport to develop the adapted-sport, which is part of the more general vision of sport as education, in which the European Union – the whole world are interested. (2005: United Nations International Year of Sport and Physical EducationSport as a means to promote education, health, development and peace).
Europe is asking:
“Why the visually impaired organisation has created the Paralympics for disabled people, but the International Olympic Committee (IOC) does not organize Continental and World Championships?”
And the sport federations are discussing the rules of the Championships for disabled people, keeping pyhisical and mental disabilites on the same emotional level.
But … While the olympic ideal and the Championship are within reach of the pyhsically disabled, the mentally disabled benefit more from minor tournaments open to everyone, in front of an audience of friends.
They gain self-confidence with simple demonstrations. For them a brief travel, a night spent out of town, is an adventure already.
There’s no need to take them around the world, Not until they are integrated with normal-abled people.
They would not bear the hard training, the myth of the champion, the celebrity, the doping.
Their coach leads them to win the little things in everyday’s life; Everybody can achieve something, but very few can get to an almost complete integration.
To reward the progression in training there is the friendly competition with able people: Disabled with an advantage (in the grade, the weight, the age); Able people who can accept “maybe to loose“.
Furthermore, with the Championship gaining interest and fame, some normal-abled people would cheatto participate (it already happens, just for the sake of travelling for free and grab a prize). Who is saying that that person is disabled? His uncle, the doctor?
And how are we going to run the competitions? Down and mentally retarded with those suffering from behaviour disorders? Or with the ones suffering from psychiatric disorders?
It would be better not to mix them up until they are trained to “the respect for the other“.
But respect for the other tends to disappear during a World Championship!
If the game is friendly, Fair-play is easy, If the game is official The tension causes arguments and complaints.
We cannot be superficial. The Olympic ideal can be interesting for  many  physically disabled, but for very few mentally disabled: only those who have reached integration.
An Agency for sport and education is needed, which cannot be based exclusively on agonism. And we need teachers who are accepted, by the disabled, dedicated and prepared for the basic work.
Only after this someone may even compete in a World Championship (which will be won by the less Down, the less disabled, or someone who cheats).
And who is going to take care of judo (and of the pyhisical activity) of the mentally disabled? In Italy, the Minister of Social AffairsWho else?
We need a Congress, and medical help to lay down the rules of the game, we need a social acknowledgment so that we can introduce oursleves to the health boards, to the doctors, psychiatrists, professors … To honour Italy.
We want to discuss:

  • how to form instructors that can  lead the disabled to the integration level 
  • how to give them responsability so that during training and competitions the aim is towards themoral and social values and not centered on the winner
  • the definition of mental disability in its different categories
  • the spirit and the rules of competitions.

We want to obtain:

  • the support of the Ministery of Social Affairs;
  • the attention of the Ministery of Education
  • a presentation to bring the italian proposition to the   European Union

We are available:

A.I.S.E. – Associazione Italiana Sport-Educazione riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali come Associazione Nazionale di Promozione Sociale
Via Thaon di Révél, 3 – 20159 Milano
Tel. presidenza: 02-69.00.71.42; tel. segreteria: 02-40.71.559
www.sport-educazione.it
www.judo-educazione.it
e-mail: aise@tiscali.it

Bericht über ›Angepaßtem‹ JudoWe want to talk to everybody. Together we want to build a better world. We want to make Italy grow up and Contribute to Europe

Mit ›angepaßtem‹ Judo bezeichnet man die Ausübung eines auf die Bedürfnisse von Behinderten angepaßtem Judo. Während jedoch eine körperliche Beeinträchtigung aufgrund ihrer selbst beschränkt, gibt es eine psychologische Schwierigkeit bei einer psychischen Beeinträchtigung.
Die erste Überlegung betrifft die verschiedenen Formen, diese sind wie folgt:

  • Down-Syndrom
  • Verhaltensstörungen
  • psychische Störungen

sie sollten getrennt werden, bis die jeweiligen Personen sich bis zu einem angemessenen Niveau eingegliedert haben (und den anderen respektieren). Daher folgt, daß das Training auf die Integration abzielt und nicht auf einen Wettkampfsieg.
Andererseit kann das ›angepaßte‹ Judo eine ›Pilot-Disziplin‹ sein, um ›angepaßten‹ Sport überhaupt zu entwickeln … der seinerseits in die allgemeine Vision von SportBildung gehört, an der die EU und die ganze Welt interessiert sind (2005: Weltjahr der Bildung durch Sport).
Wir fragen Europa:
“Warum hat die Organisation der Nichtsehenden die Paraolympics für Behinderte gegründet, während das Internationale Olympische Komitee (IOC) keine Kontinental- oder Weltmeisterschaften veranstaltet?
Von den Aussichten allarmiert diskutieren die Sportverbände die Regeln der Behindertenmeisterschaften, wobei sie körperlich und geistig Behinderte auf dieselbe emotionale Ebene stellen.
Aber … während olympisches Ideal und Meisterschaften den körperlich Behinderten möglich sind, kommen den geistig Behinderten kleinere Wettkämpfe zugute, offen für alle, vor einem Publikum, das aus Freunden und Bekannten besteht.
Sie gewinnen Selbstvertrauen aus einfachen DIMOSTRAZIONI. Für sie bedeutet es schon ein Erlebnis, ein wenig rauszukommen, für eine Nacht weg zu sein.
Es bringt nichts, sie um die ganze Welt zu schleppen, solange sie nicht bei den Nichtbehindertenintegriert sind.
Sie würden nicht aushalten hartes Training, die Meisterschaft, die Berühmtheit, das Doping.
Der Trainer bringt sie dazu, die kleinen Details des Alltäglichen für sich zu gewinnen; alle gewinnen dabei, aber wenigen gelingt es sich nahezu vollständig zu integrieren.
Den Fortschritt im Dojo krönt die Auseinandersetzung mit den Nichtbehinderten: Behinderte erhalten dabei einen Vorteil (des Grades, der Gewichtsklasse oder des Alters).
Nichtbehinderte, die akzeptieren, ›vielleicht zu verlieren‹. Außerdem – bei dem Interesse an und der Bekanntheit durch Wettkämpfe – würden manche Nichtbehinderte schummeln, um sich einzuschreiben
(wie es schon geschieht, nur um ja kostenlos zu reisen und einen Preis zu ergattern). Wer bestätigt, daß der jeweilige behindert ist? Der Onkel, der Arzt ist?
Und wie lassen wir sie sich miteinander messen? Am Down-Sydrom Leidende und in der Entwicklung Zurückgebliebene mit Verhaltensgestörten? Oder mit den psychisch Erkrankten?
Es wäre gut, sie nicht untereinander zu vermischen, bis sie nicht den »Respekt des Anderen«verinnerlicht haben.
Aber der Respekt des Anderen verschwindet leicht bei einer Weltmeisterschaft!
Wenn der Wettbewerb freundschaftlich ist, dann ist das Fair-Play einfach, wenn der Wettbewerb öffentlich ist, dann ruft die Anspannung Streit und Beschwerden hervor.
Wir dürfen nicht oberflächlich sein. Das olympische Ideal mag viele körperlich Behinderte interessieren,
doch nur wenige geistig Behinderten: nur die, die entsprechend integriert sind.
Es ist eine nicht übermäßig auf Wettkämpfe bedachte Vereinigung der Sport-Bildung nötig und (von den Behinderten) akzeptierte Trainer, die sich für die Ausbildung begeistern und befähigt sind.
Dann wird man auch über eine Weltmeisterschaft diskutieren können (die derjenige gewinnt, der am wenigsten stark am Down-Syndrom erkrankt ist, der am wenigsten Behinderte oder ein Betrüger).
Und wer kümmert sich um das Judo (und die motorischen Übungen) der geistig Behinderten? DasMinisterium für Soziale Angelegenheiten. Wer auch sonst?
Es ist ein Kongreß nötig und Unterstützung durch Mediziner, um die Spielregeln festzulegen, es ist eine soziale Anerkennung nötig für die medizinischen Einrichtungen, CSE und Kommunen, die Ärzte, Psychiater, Professoren … Zur Ehre Italiens.
Möchten wir diskutieren:

  • wie man Trainer ausbildet, die die Behinderten zu einem guten Integrationspunkt begleiten;
  • wie sie dafür sensibilisiert werden können, daß im Dojo und beim Wettkampf die moralischen undsozialen Werte wichtiger sind als die Meisterschaft;
  • wie die verschiedenen geistigen Behinderungen kategorisiert werden können;
  • den Geist und die Regeln bei Wettkämpfen.

Wir möchten:

  • die Schirmherrschaft des Ministeriums für Soziale Angelegenheiten;
  • die Aufmerksamkeit des Ministeriums für Bildung, Universität und Forschung;
  • eine Grundlage erarbeiten, die man als italienischen Vorschlag bei der EU vorlegen kann.

Wir stehen Ihnen gerne zur Verfügung:

A.I.S.E. – Associazione Italiana Sport-Educazione riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali come Associazione Nazionale di Promozione Sociale
Via Thaon di Révél, 3 – 20159 Milano
Tel. presidenza: 02-69.00.71.42; tel. segreteria: 02-40.71.559
www.sport-educazione.it
www.judo-educazione.it
e-mail: aise@tiscali.it

Wir möchten mit allen diskutieren, wir möchten gemeinsam eine bessere Welt schaffen, wir möchte Italien wachsen sehen und einen Beitrag für Europa erbringen.

Rivolta ai Ministeri del Lavoro e Politiche Sociali, dell’Istruzione Università Ricerca e delle Pari Opportunità: promuovere un gruppo di lavoro volontario denominato “Donna e Sport” incaricato di esplorare:
1) l’accesso della donna alle funzioni direttive nello sport
2) la pratica sportiva di ragazze e donne di classi sociali disagiate, o appartenenti a minoranze etniche.

Le motivazioni
Lo sport contiene dei valori educativi, sociali, umani.
Favorisce la crescita della persona, ma anche la scoperta delle attitudini fisiche e morali.
Genera scambio, suddivisione dei compiti, solidarietà, rispetto delle regole e il senso di appartenenza alla Nazione.
Il suo aspetto ludico sublima l’egoismo.
In questo modo lo sport rappresenta una componente essenziale dell’educazione di maschi e femmine.
Puntare all’investimento commerciale nello sport in considerazione del tifo che suscita potrebbe essere una strategia sbagliata. Bisogna sottolineare l’idealismo insito nel rapporto insegnante/allenatore e con i compagni di squadra, quello dell’appartenenza al club … e creare nuove visioni attraverso lo sport nella Scuola. I valori dello sport sono soprattutto umani.
La presenza femminile nello sport è strettamente legata a quella della donna nella Società; è giocoforza ricordare le Olimpiadi misogine dell’antichità, l’influenza sessuofoba dei club inglesi, e l’apporto dato ancor oggi dalle compagini militari, forzatamente maschile.
Lo sport si è sviluppato secondo la concezione maschile. Con la nuova posizione della donna nella Società sarebbe da verificare se continuare così, o modificarla; nel senso che il maschio è naturalmente indirizzato ad affermarsi nel “campionismo”, ma forse la femmina apprezza maggiormente un’occasione di incontro, di apertura sociale e di emancipazione (le donne praticano attività fisica quasi quanto gli uomini, ma quelle che scelgono l’attività agonistica sono appena un terzo).

Ne potrebbe derivare un’offerta alternativa alla visione olimpica, guidata dallo sport studentesco, con degli incontri e dei tornei in cui più importante della vittoria ad ogni costo ècome si vince. In cui la formazione del cittadino prevale sugli interessi pratici (sport-educazione).

L’incarico
Proponiamo di nominare una Commissione composta da un Presidente che coordina e due Vice-presidenti che gestiscono i temi proposti.
1) L’accesso della donna alle funzioni direttive dello sport richiede di ascoltare tanto le agenzie che amministrano lo sport (Coni, Enti, Federazioni, FF.AA.) quanto quelle che hanno potere sulla donna (comunità etniche e religiose) esaminandone ragioni e valutando i compromessi che potrebbero portarle a collaborare; proponendo infine un programma (di incentivi e di responsabilizzazione) che “femminilizzi” (con pari presenze) i Consigli sportivi ad ogni livello.
2) La pratica sportiva di ragazze e donne delle classi sociali disagiate, o appartenenti a minoranze etniche richiede la raccolta e valutazione dei dati di chi lavora sul campo, ma anche alcune inchieste (nei quartieri del disagio) affidate a quadri competenti, per arrivare a formulare un progetto che favorisca i disagiati nell’avvicinamento e nel costo.
3) Il coordinamento di questi temi dovrebbe generare un progetto di sport-educazione gestito dalle Politiche Sociali con la collaborazione della Scuola, del volontariato sportivo, e delle Pari Opportunità nell’intento di offrire un’attività alternativa a quella del Comitato Olimpico, col quale comunque dovrebbe essere prevista la collaborazione.

Gli obiettivi
Attraverso la “femminilizzazione” dello sport vogliamo arrivare:

  • a un miglior rapporto uomo/donna
  • ad accrescere le capacità fisiche, intellettuali e organizzative della donna
  • ad attirare un maggior numero di maschi allo sport
  • a favorire l’integrazione delle minoranze etniche
  • a favorire l’integrazione dei disadattati.

Scendendo nei particolari vorremmo:

  • orientare i finanziamenti e gli incentivi a chi collabora col progetto Donna e Sport
  • creare un movimento sportivo studentesco con gli opportuni legami internazionali
  • realizzare un Progetto di Aggiornamento e Formazione
  • incentivare l’attività sportiva nelle periferie e nei quartieri del disagio
  • mettere a disposizione delle donne dirigenti-sportivi un ufficio legale
  • creare una Commissione permanente per raccogliere le esigenze della donna nei confronti dell’attività motoria
  • promuovere con i mezzi opportuni l’iniziativa
  • monitorare le varie fasi della realizzazione
  • diffondere un rapporto annuale sui risultati ottenuti.

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