a cura di Giovanni Truscelli
Nella filosofia classica la conoscenza di se stessi (“Nosce te ipsum”) è il fondamento di tutte le virtù. Spinge a riflettere in profondità su chi siamo e su come l’irresistibile e sfrenato soddisfacimento epicureo, legato ai sensi, possa condurre l’uomo solo nel vizio.
Bisognerebbe coltivare, pertanto, l’arte della moderazione che è equilibrio in tutte le forme e sinonimo della più segreta e duratura felicità. Seguendo questa scia, ancora oggi, siamo invitati a guardare con nuovi occhi a noi stessi puntando alla virtù: frenare gli eccessi, controllare
il nostro peso, al fine di prevenire l’insorgenza delle patologie cardiovascolari. Una sfrenata alimentazione può soddisfare le nostre papille gustative ma nel lungo periodo finisce per danneggiare la nostra salute.
Del resto, sosteneva Paracelso: “è la quantità che fa il veleno”. Oltre al peso corporeo, ad ogni modo, sarebbe la circonferenza vita a correlare maggiormente col rischio di insorgenza di eventi cardiovascolari.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ne evidenzia i valori-soglia: 102 centimetri per gli uomini e 88 centimetri per le donne.
Secondo il recente studio INTERHEART pubblicato su “The Lancet” questo indice sarebbe due volte più predittivo rispetto al BMI (Body Mass Index= rapporto tra il peso, espresso in Kg, e l’altezza, in cm) nel determinare l’insorgenza di eventi coronarici perché rifletterebbe più accuratamente il grasso viscerale. In confronto a quello periferico, quest’ultimo è acclarato essere sia morfologicamente che “biochimicamente” più attivo ed in grado di rilasciare una serie di sostanze (adipochine) capaci di influenzare il nostro metabolismo glico-lipidico, la funzione endoteliale, l’emostasi, la pressione sanguigna, il sistema immunitario ed innescare molti processi infiammatori sistemici. Esisterebbe, pertanto, una meravigliosa ed affascinante comunicazione (“cross-talk”) tra cellule adipose e quelle dell’intero organismo.
Molte evidenze suggerirebbero, in aggiunta, come sempre il tessuto adiposo sia sede di un processo infiammatorio tessuto specifico come anche il riflesso della flogosi del nostro organismo (aumento della PCR, dell’IL-6) e della resistenza insulinica, causa del diabete.
Alla luce di tutto ciò in futuro, il peso corporeo sarà sempre di più sostituito dalla misurazione del girovita ed alcune società scientifiche ne imporrebbero, già allo stato odierno, criteri addirittura più severi.
Pensiamo, per esempio, all’International Diabetes Federation che pone i valori limite per la popolazione europea rispettivamente a 94 cm per l’uomo e 80 cm per la donna in presenza di almeno due dei seguenti fattori di rischio: basso colesterolo HDL (uomini <40 mg/dl, donne <50 mg/dl); ipertrigliceridemia (>150 mg/dl), ipertensione arteriosa (>130 mmHg di sistolica e >85 mmHg di diastolica), iperglicemia (a digiuno >100 mg/dl)/diabete o della terapia farmacologica specifica per ciascuna delle precedenti.
Il protocollo di NHANES III ci chiarisce ogni dubbio: far passare un metro da una parte all’altra del bacino, senza comprimere l’addome, appena al di sopra della porzione superiore del bordo laterale della cresta iliaca. Un metro, pertanto, salverebbe molte vite favorendo le auto-diagnosi precoci.
Una valutazione clinica cardiologica potrebbe essere utile per ricercare la presenza dei fattori di rischio cardiovascolare e per programmare alcune indagini laboratoristiche e strumentali (elettrocardiogramma, ecocardiogramma, ecc…) mirate a diagnosticare i segni di danno d’organo (cardiaco, cerebrale e vascolare periferico), ossia di quelle alterazioni anatomiche già presenti nel nostro corpo che non hanno ancora dato sintomi conclamati. Agire in tempo, in altre parole precocemente, si può. Questo permetterebbe di prevenire l’insorgenza di molte condizioni patologiche cardiovascolari e non.
Unire alle prescrizioni specialistiche una costante attività fisica e la dieta mediterranea:
L’apporto di omega 3, secondo molti studi, riduce mezzo di prevenzione, perché contrasterebbe la produzione di acido arachidonico endogeno responsabile, mediante l’azione delle ciclossigenasi e delle lipossigenasi, dei meccanismi infiammatori del nostro organismo che sono alle base di numerose malattie.
Più in particolare, contrasterebbe quei processi molecolari che presiedono la destabilizzazione e la successiva complicanza delle placche di colesterolo presenti sulle nostre arterie con la conseguente insorgenza di eventi acuti cardiaci, cerebrali e periferici. A completare la prospettiva, un effetto additivo sarebbe svolto dal vino. Oltre a rallegrare i palati, con i suoi polifenoli, andrebbe a contrastare i meccanismi nocivi della coagulazione che svolgono un ruolo cardine nella patologia ischemica. Sarebbero sufficienti ogni giorno un bicchiere nelle donne e fino a due bicchieri negli uomini per ottenere i risultati sperati.
Come evidenziato nel “Lyons Diet heart study“, sia per la riduzione dell’ insorgenza di nuovi eventi cardiovascolari come anche della cancerogenesi, questo modello nutrizionale si conferma il migliore da seguire per star bene e proteggere la nostra salute.
Pertanto, diviene sempre più importante favorire uno stretto “trait d’union” tra medico di famiglia, paziente e cardiologo al fine di amalgamare il cambiamento degli stili di vita scorretti (fattori di rischio “modificabili”) con interventi farmacologici consigliati in
base all’età, al sesso, alle comorbilità (dislipidemia, ipertensione, diabete …) e ad eventuali segni di danno d’organo scoperti dopo una valutazione cardiologica “attenta”, “globale” e “personalizzata”.
Solo un meraviglioso equilibrio tra l’appetibilità del cibo, il soddisfacimento dei nostri sensi e i consigli del proprio curante potranno costituire l’unico Elisir per una lunga vita.
Giovanni Truscelli, – Specialista in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Master di II Livello in “Cardiologia Diagnostica per Immagini” svolge attività di consulenza in Cardiologia presso BIOSdiagnostica
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