LA VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE NELL’ATLETA
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E’ Autunno ed è il momento di vaccinazione antinfluenzale.
Quando arriva l’autunno arriva anche il solito refrend di posizioni preconcette e prive di alcun fondamento scientifico sulla opportunità di procedere alla vaccinazione antinfluenzale.
L’influenza prevista quest’anno al momento non presenta alcuna caratteristica di particolare virulenza e gravità, anche se chi conosce questi virus sa bene che non bisogna mai abbassare la guardia a causa dell’alto grado di variabilità genetica che essi hanno.
La risposta corretta al quesito sulla opportunità di vaccinarsi rimane sempre la stessa : vaccinarsi contro l’influenza è sempre ed inequivocabilmente una cosa positiva e raccomandabile a tutte le età.
Vaccinarsi quindi fa bene a se stessi ed alla collettività, sia per motivi epidemiologici, perché le persone vaccinate interrompono il ciclo di contagio tra individui, e sia per motivi economici in quanto il vaccino permette la diminuzione del costo dovuto alla astensione dal lavoro per malattia.
Nel caso dell’influenza, un atleta che pratica agonismo a buon livello può essere esposto, quando contrae l’infezione, ad una sospensione della preparazione, che può compromettere anche buona parte dei programmi della sua attività agonistica.
Per gli atleti, alcuni Autori suggeriscono di adottare programmi globali di prevenzione per ridurre i rischi derivanti dalle malattie infettive (C. Signorelli et al. 2011; M. Brozzi et al. 2012), anche mediante la vaccinazione.
Tuttavia, com’è noto, le vaccinazioni incontrano spesso ingiustificate critiche. Nel caso del vaccino antinfluenzale è necessario chiarire alcuni aspetti correlati alle sue caratteristiche e per questo ci può essere d’aiuto leggere il foglio illustrativo di un prodotto in commercio presso le farmacie.
Il foglietto dice che: “il vaccino aiuta a proteggere dall’influenza”, non garantisce quindi l’immunità.
Quindi, vaccinazione sì o no?
Poniamo la domanda al Dott. Luigi Ferritto, medico-pneumologo presso la Clinica Athena-Villa dei Pini di Piedimonte Matese (CE), nonché mountain-biker.
Dott. Ferritto, cosa ne pensa del vaccino antinfluenzale per gli atleti?
Di regola il vaccino andrebbe riservato a tutte le persone fragili, quali gli anziani ed i malati cronici in precarie condizioni di salute, i bambini con asma, i medici e gli infermieri addetti alla assistenza di pazienti ad alto rischio. Gli atleti godono solitamente di ottima salute. E’ uso, però, consigliare il vaccino agli atleti al fine di garantire una continuità delle prestazioni, anche se bisogna considerare che la vaccinazione produce in un certo numero di casi qualche reazione infiammatoria locale, anche dolorosa e sintomi attenuati dell’influenza medesima. Certo è che la vaccinazione evita il diffondersi concomitante della malattia tra gli atleti.
Ci sono altri vaccini che potrebbero essere consigliati, come quello contro lo Pneumococco.
Lo pneumococco è la principale causa di otiti medie del bambino e di polmoniti nell’anziano. E’ consigliabile perciò vaccinare elettivamente queste due categorie.
Anche lo sport ad alto livello, in special modo gli sport di resistenza, quali il ciclismo, la maratona ecc. , che comprende gare fino a distanze molto importanti, può indurre un abbassamento delle difese immunitarie e favorire l’infezione pneumococcica, (oltre ad una serie di altre patologie da esaurimento dei substrati). In questi atleti è ipotizzabile un beneficio da questo tipo di vaccinazione, anche se il consiglio migliore sarebbe quello di programmare il numero di appuntamenti con le corse nell’arco dell’anno.
Quali metodi di prevenzione consiglierebbe in alternativa alla vaccinazione?
Abbigliamento congruo, una dieta equilibrata, una programmazione dell’allenamento con carichi e scarichi ben dosati, l’astensione dal fumo e dalle bevande superalcooliche sono i migliori pre-requisiti per non ammalare di influenza o per superarla meglio e prima.
Particolare attenzione si deve poi porre al contatto con una persona, quando ci si accorge che questa mostra i sintomi dell’influenza: evitare il più possibile il contatto ravvicinato e lavarsi le mani e il viso dopo averla salutata. Una dieta ricca di agrumi e la supplementazione alimentare con vitamina C sembrano favorire la produzione di interferone che è in grado di ridurre la capacità dei virus di replicarsi.
Alcuni atleti hanno utilizzato preparazioni omeopatiche. Cosa ne pensa?
L’omeopatia si basa sul principio di poter indurre nell’organismo stimoli simili a quelli delle malattie che si vogliono combattere, con dosi di sostanze (medicamenti naturali) assai piccole, incapaci di produrre l’entità dei disturbi della malattia ma teoricamente in grado di indurre l’organismo a creare delle difese specifiche. Se vogliamo, il principio è più o meno lo stesso ipotizzato e sperimentato da Jenner a cavallo tra il 18mo e il 19mo secolo, quando ottenne il primo vaccino, contro il vaiolo. L’efficacia del vaccino fu provata: il vaiolo fu debellato. Non altrettanto si può dire della omeopatia dalla quale stiamo ancora aspettando risultati concreti.
Quali sono gli atleti maggiormente esposti alle infezioni delle vie respiratorie; l’incidenza di queste patologie è in aumento?
Non vi sono statistiche disponibili che ci consentano di affermare che un atleta è predisposto ad ammalarsi di infezioni respiratorie più di un altro. E’ ragionevole pensare che atleti quali i ciclisti, i fondisti e i maratoneti, che compiono un’attività ventilatoria protratta in condizioni di freddo intenso nel periodo invernale possano essere più soggetti ad infezioni respiratorie. Ma è altrettanto ragionevole considerare la rischiosità di un posto chiuso, come le palestre affollate nel periodo invernale, se non adeguatamente ventilate.
Le patologie da raffreddamento non sono in aumento statistico ma dipendono dalle temperature stagionali e dalla virulenza degli agenti patogeni. Per quanto riguarda l’asma, invece, secondo l’OMS, questa aumenta del 50% ogni decennio, e sembra quasi sicuramente essere correlato ai fenomeni di urbanizzazione, soprattutto quando questo significa un aumento di densità di persone nelle periferie degradate. C’è quindi una crescente tendenza a vivere gran parte del tempo in ambienti chiusi con poca circolazione di aria, più esposti alla polvere e agli acari e inseriti in situazioni urbane dall’elevato tasso di inquinamento. Sull’incremento dell’incidenza dell’asma sembrano però pesare anche altri elementi, come l’aumento dell’obesità e il ridotto esercizio fisico.
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