Latte per lei e latte per lui
In futuro potremo comprare latte con un’etichetta azzurra per bambini e con un’etichetta rosa per le bambine? E’ quanto dovrebbero fare le aziende produttrici di latte artificiale, se venisse confermata l’ipotesi che la biologa Katie Hinde ha presentato alla conferenza annuale dell’American Association for the Advancement of Science (Chicago, 13-17 febbraio). Secondo la scienziata americana, infatti, le donne potrebbero produrre latte diverso a seconda del sesso del loro figlio.
«Fino ad oggi è stato dedicato relativamente poco sforzo di ricerca per indagare se la sintesi del latte avvenga in funzione del sesso, – ha spiegato Hinde che lavora al Comparative Lactation Lab dell’Università di Harvard – forse perché l’argomento suona pericolosamente vicino al concetto il latte è sessista».
Hinde però vuole avviare una nuova linea di ricerca, basata sul fatto che molti mammiferi producono tipologie di latte chimicamente diverse a seconda del genere della loro prole. Le scimmie per esempio producono un latte più grasso e più ricco di proteine per i piccoli maschi, mentre allattano le femmine con un latte più ricco di calcio. Analoghi risultati si possono riscontrare in altre specie, come i cervi o i delfini.
Le indagini sull’uomo però sono molto scarse. Nel 2010, studiando un gruppo di madri di Boston, una ricerca americana ha rilevato una differenza in contenuto energetico nel latte fornito alle figlie, rispetto ai maschi. Lo studio però è stato successivamente criticato per la costituzione del campione di donne e per i calcoli del contenuto proteico del latte.
Più recentemente, nel 2012, l’antropologa Masako Fujita dell’Università statale del Michigan ha rilevato insieme a dei colleghi diverse concentrazioni di grassi nel latte di 72 donne delle zone rurali del Kenya. In media, queste donne producevano latte più grasso quando dovevano allattare un maschio, ma solo se erano ricche o avevano uno status alto nella loro società. Se erano povere, infatti, accadeva il contrario: il latte era più grasso nelle figlie.
Questi dati suggerirebbero che la produzione di latte dipenda sia dal sesso che da fattori culturali ed economici. Questo dà forza alla cosiddetta ipotesi Trivers–Willard, una teoria risalente al 1973 e concepita per le società animali dei mammiferi che sono prevalentemente poligame. Secondo questa ipotesi le femmine di mammiferi che si trovano in condizioni di vita migliori (per esempio per il loro ruolo sociale o perché hanno meno parassiti) dovrebbero favorire i figli, perché in un contesto di poligamia i maschi avrebbero una maggior probabilità di accoppiarsi. Gli animali che si trovano in condizioni peggiori invece dovrebbero investire sulle figlie femmine per avere così maggiori probabilità di far sopravvivere i propri geni.
(Fonte: https://aaas.confex.com/aaas/2014/webprogram/Session6907.html)
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