Ortopedia e Traumatologia

LA MIOSITE OSSIFICANTE

Vittorio Emanuele Ferrarotto – S. Bambino, Catania
Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione Az. Osped. Universitaria

(Pubblicato il 3 – 4 – 2006 – Rivista N° 4 Anno 3)

La “Miosite Ossificante (M.O.)” è una formazione ossea eterotopica, non neoplastica costituita da tessuto fibroso, osseo e cartilagine localizzati all’interno di tessuto molle. Esistono quattro tipi di miosite ossificante; la forma più comune è la miosite ossificante circoscritta (M.O.C.), forma localizzata, auto-limitante, secondaria a trauma contusivo, penetrante, termico o iatrogeno (intervento chirurgico) [1]. Questa variante di m.o. interessa più frequentemente i muscoli flessori dell’avambraccio, il quadricipite femorale e l’adduttore della coscia, in adolescenti o giovani adulti, con lieve prevalenza maschile. Può anche essere coinvolto il gomito, la spalla e l’anca, mentre è raro l’interessamento di testa, collo, dita, torace e colonna lombare. Il danno iniziale è seguito da tumefazione dei tessuti molli, tumefazione che cresce nell’ambito di 1-2 mesi come massa solida e dolorosa [2]. Dopo un anno le dimensioni della massa possono diminuire.
L’eziologia di questa forma di miosite ossificante è ancora sconosciuta; si pensa che fattori come traumi, operazioni chirurgiche e danno nervoso possano rendere multipotenti le cellule mesenchimali ed indurre la trasformazione di fibroblasti in osteoblasti. L’assunzione di FANS o terapia radiante a basse dosi dopo trauma o operazione chirurgica possono prevenire la M.O.C. [3].
L’elemento caratteristico di questa forma di miosite ossificante è rappresentato dalle modalità della sua evoluzione. Dalla terza alla quarta settimana iniziano a svilupparsi nella massa calcificazioni ed ossificazioni, e a sei-otto settimane perifericamente si osserva una corticale ossea ben definita ed organizzata.
Massa solida, tumefazione, dolore, diminuzione del “range of movement” e rigidità sono i sintomi più rilevanti. La natura infiammatoria e la presenza di una tumefazione spesso portano ad una diagnosi clinica iniziale errata di tromboflebite, tumore o infezione[4].
Indicatori sensibili per la diagnosi precoce di M.O.C. sono i livelli sierici di fosfatasi alcalina, che spesso aumentano con il peggiorare dei sintomi e con l’evidenza radiografica di calcificazioni nei tessuti molli. La fosfatasi alcalina può comunque essere elevata anche in diverse altre condizioni, e non rappresenta dunque un test specifico.
Anche la valutazione radiologica non è specifica nella fase iniziale di malattia. Il più importante reperto radiografico è rappresentato dal cosiddetto fenomeno zonale, rappresentato da un’area trasparente nel centro della lesione, che indica la formazione di osso immaturo, e da una densa zona di ossificazione matura alla periferia. Si evidenzia inoltre una sottile breccia radiotrasparente che separa la massa ossificata dalla corticale adiacente. Questi reperti sono d’aiuto nel differenziare questa condizione dall’osteosarcoma iuxtacorticale, che a volte può apparire simile. In alcuni casi, tuttavia, il focus di miosite ossificante può aderire e fondersi con la corticale, mimando l’osteosarcoma parostale all’esame radiografico. In questi casi la TAC può fornire informazioni addizionali, come la presenza del fenomeno zonale caratteristico della miosite ossificante.
In alcuni casi è necessaria la biopsia ossea, per esempio per distinguere la M.O.C. da un sarcoma osteogenico extrascheletrico, quest’ultimo a crescita lenta, con calcificazioni che si distribuiscono in maniera centrifuga. Dal punto di vista istologico la m.o.c. presenta centralmente cellule mesenchimali iperplastiche di forma normale; nella zona intermedia tessuto similosseo ricco di osteoblasti, e nella zona più periferica tessuto osseo compatto maturo. Il tessuto similosseo e le trabecole sono regolari (a differenza che nel caso di osteosarcoma osteogenico, le cui trabecole e tessuto osseo sono distribuiti in maniera irregolare e sono inoltre scarsamente differenziati).
Complicanze della M.O.C. sono cancerizzazione, fratture ed impigement neurovascolare.
Il secondo tipo di M.O. è associato a disordini neurologici o danno al midollo spinale.
Il terzo tipo è la M.O. pseudomaligna di origine sconosciuta, che può essere confusa con un tumore maligno [5].
Il quarto tipo di M.O. è una rara malattia genetica chiamata Fibroplasia Ossificante Progressiva (vedi dopo), caratterizzata da ossificazione eterotopica progressiva in diversi siti periarticolari.

ANATOMIA PATOLOGICA
La miosite ossificante presenta zone con differenti stati di maturazione cellulare; la regione centrale della lesione presenta cellule immature, fibroblasti rapidamente proliferanti ed uno stato di infiammazione; la zona circostante contiene trabecole di osteoide con fibroblasti ed osteoblasti derivati da metaplasia mesenchimale; la periferia è caratterizzata da mineralizzazione di osteoide ed osso lamellare maturo (nel caso di fascite nodulare invece non c’è componete cartilaginea ed ossea).

DIAGNOSI
La TAC è un’indagine sensibile per l’identificazione di calcificazioni e ossificazione. La calcificazione può presentarsi come alone periferico o come struttura irregolare, di densità variabile. Tipico un centro radiotrasparente circondato da corticale matura. Nel caso di sarcoma, l’osteoide immaturo presenta calcificazioni più dense centralmente [6].
L’aspetto RMN della miosite ossificante dipende dallo stadio di maturazione della lesione. Nel primo stadio, una sequenza pesata in T1 solitamente mostra una massa che manca di bordi definiti con intensità di segnale intermedio omogeneo, leggermente più elevato rispetto a quelli dei muscoli adiacenti. Le immagini pesate in T2 mostrano che la lesione è ad alta intensità di segnale. Dopo l’iniezione endovenosa di gadopentato di dimeglubina, le immagini pesate in T1 mostrano un bordo periferico ben definito di esaltazione del contrasto, ma il centro della lesione non incrementa il segnale. Le lesioni più mature mostrano intensità del segnale intermedio nelle sequenze pesate in T2, isointense con i muscoli adiacenti, circondate da un bordo a bassa intensità di segnale che corrisponde alla maturazione dell’osso periferico. Talvolta il centro della miosite ossificante (sia immatura che matura) può contenere una componente adiposa dando alla lesione un segnale ad alta intensità nelle immagini pesate in T1.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Entrano in diagnosi differenziale con la miosite ossificante lesioni non maligne come fascite nodulare, osteoma iuxtacorticale, osteocondroma, condroma, osteoma para e periostale.

TERAPIA
Il trattamento iniziale della M.O. dipende dallo stadio. Per la M.O.C. di solito è previsto un trattamento conservativo; la terapia medica comprende indometacina o aspirina [7].
L’escissione chirurgica è necessaria in presenza di una delle seguenti condizioni:
– diagnosi non certa, con sospetto di tumore maligno
– impigement neurovascolare
– limitazione dei R.O.M
– dolore importante
– cancerizzazione
I margini di resezione dovrebbero includere la lesione e l’area a bassa densità TAC che la circonda; di solito l’intervento non viene eseguito fino a che l’attività metabolica della lesione non si sia stabilizzata o sia cessata (6-12 mesi).
Nel caso di M.O. pseudomaligna (di origine sconosciuta) la chirurgia è sempre il trattamento d’elezione.

BIBLIOGRAFIA

  1. Buckwalter J.A.: Myositis ossificans, in Weinstein SL, Buckwalter JA (eds): Turek’s Orthopaedics. Principles and their application, ed 5. Philadelphia, Lippincott, 1994, pp 289-334
  2. Naraghi F.F., DeCoster T.A., Moneim M.S., Miller R.A., Rivero D.: Heterotopic ossification. Orthopedics 1996; 19:145-52
  3. Seegenschmiedt M.H., Goldman A.R., Wolfel R., Hohmann D., Beck H., Sauer R.: Prevention of heterotopic ossification after total hip replacement: reandomised high versus low-dose radiotherapy. Radiother Oncol 1993;26:271-4
  4. Uematsu Y., Nishibayashi H., Fujita K., Matsumoto H., Itakura T.: Myositis ossificans of the temporal muscle as a primary scalp tumor. Department of Neurological Surgery, Wakayama Medical University, Wakayama. Juli 12, 2004
  5. Spencer J.D., Missen G.A.K.: Pseudomalignant heterotopic ossification (myositis ossificans). Recurrence after excision with subsequent resorption. J. Bone Joint Surg 1989; 71 B:317-9
  6. Wang S.Y., Lomasney L.M., Demos T.C., Hopkinson W.J.: Radiologic case study. Traumatic myositis ossificans. Orthopedics 22:991-995, 1999
  7. Oz B.B., Boneth A.: Myositis ossificans progressiva: a 10-year follow-up on a patient treated with etodronato disodium. Acta Paediatr 1994;83:1332-4

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