Sergio Rigardo
All’inizio degli anni ’90, in Germania, specialisti in ortopedia cominciarono a sperimentare Litotritori Extracorporei, fino ad allora usati per applicazioni urologiche, per il trattamento di patologie di natura ortopedica. Dopo aver riscontrato e verificato nel tempo i primi positivi risultati in particolari quadri clinici ortopedici, la terapia ad onde d’urto iniziò a proporsi come una valida alternativa al trattamento chirurgico. I vantaggi derivanti dal fatto di poter evitare l’anestesia (utilizzando bassi e medi valori di energia), dal mantenimento dell’integrità fisica (nessuna soluzione di continuo), dall’abbattimento dei costi legati al mancato intervento chirurgico, e dalla possibilità di ricorrervi in qualunque momento qualora fosse necessario, fecero sì che le varie aziende produttrici iniziarono a sviluppare i primi dispositivi per applicazioni ortopediche. Dispositivi che conservassero le stesse caratteristiche dei Litotritori Extracorporei ma, allo stesso tempo non avessero i problemi caratteristici di questi ultimi: in primis il dolore insopportabile provocato dal trattamento.
Al fine di risolvere questa problematica venne intrapresa la strada di ridurre i livelli energetici e contemporaneamente la zona di fuoco, in modo da rendere maggiormente sopportabile il dolore e quindi di conseguenza più tollerabile il trattamento, pur mantenendo l’efficacia dello stesso.
Usando sistemi a fuoco stretto si rendeva però necessario l’utilizzo di sistemi di visualizzazione (imaging) per puntare esattamente la zona di trattamento, con conseguente inevitabile aumento dei prezzi dei vari dispositivi.
Da un punto di vista prettamente clinico si è riscontrata nel corso degli anni un’efficacia della terapia ad onde d’urto per diverse patologie.
Patologie in fase di sperimentazione
In considerazione del fatto che gli studi in corso relativi a queste terapie non sono ancora conclusi, non sono ancora disponibili risultati definitivi; il che porta alla considerazione che ben presto si possano allargare gli orizzonti di utilizzo per questo tipo di apparecchiature.
Analizzando l’onda d’urto da un punto di vista tecnico, si può riscontrare che si differenzia da altre onde acustiche utilizzate in medicina perché non è un’onda continua. Essa è infatti costituita da impulsi di intensità elevata distanziati tra loro nel tempo, tali da non produrre alcun effetto termico.
In Figura (1) si può vedere come per ogni singolo impulso si verifichi un rapidissimo aumento della pressione, si abbia un picco molto elevato dell’ordine di qualche centinaio di bar ( 1Mpa=10 bar ) e infine si abbia un decadimento della pressione fino a valori negativi.
Figura 1
Il fenomeno della cavitazione, caratteristico della terapia ad onde d’urto, è in stretta relazione con la forma degli impulsi appena illustrati.
Grazie al fatto che si ha una forte depressione che raggiunge valori negativi, i liquidi cominciano a suddividersi e i nuclei delle bolle che si formano tendono ad ingrandirsi. Le bolle così formate vengono poi investite a loro volta dalle altre onde d’urto con conseguenze che si possono paragonare ad un getto di liquido: è come se si avessero dei proiettili liquidi che vanno a colpire a seconda dei casi calcoli, calcificazioni, ecc.
I metodi di generazione delle onde d’urto sono diversi, i più utilizzati sono:
1) Elettroidraulico: si ha la generazione di un’onda d’urto mediante una scintilla che dà origine ad una carica elettrica all’interno di una camera contenente acqua, la quale evaporando forma l’onda d’urto che va a riflettersi sull’ellissoide che costituisce la parte posteriore della camera.
Un aspetto molto importante e caratteristico di questo metodo è la generazione di onde d’urto sferiche e non piane, come ad es. per il metodo di generazione elettromagnetico.
2) Elettromagnetico: si ha la generazione di un’onda d’urto mediante una bobina che percorsa da corrente elettrica genera un campo magnetico il quale, a sua volta, provoca le vibrazioni di una membrana metallica subacquea. L’onda che si crea necessita di una lente di focalizzazione per poter essere direzionata (concentrata) in una zona ristretta.
3) Piezoelettrico: si ha la generazione di un’onda d’urto mediante una tensione elettrica applicata ai due lati di un elemento piezoelettrico.
Tutte le apparecchiature attualmente in commercio utilizzano uno di questi metodi di generazione, e tutte fanno convergere l’onda d’urto in modo da concentrare l’energia, per gli scopi per i quali sono stati concepiti.
È ovvio che ci siano delle differenze, anche sostanziali, tra le varie apparecchiature per la terapia ad onde d’urto attualmente in commercio. Esistono dunque dei parametri universalmente riconosciuti per caratterizzarle e dunque differenziarle.
– Pressione = è definita come Forza diviso Area ed è generalmente espressa in unità di Mega Pascal o Bar. (1Mpa = 10 bars).
– Pressione di picco = punto di massima pressione che si riscontra al centro della zona di terapia.
– 6 dB = rappresenta la curva a pressione costante (isobara) di valore pari al 50% della pressione di picco.
Utilizzando questi parametri si può così arrivare a definire la zona focale e cioè la zona delimitata da valori di pressione maggiori del 50% della pressione di picco. Praticamente è l’area sottesa dalla curva a pressione costante (isobara) – 6dB.
Essendo chiariti i punti comuni che diventano anche di confronto fra i vari sistemi, si riesce a valutare in modo chiaro le innovazioni che si sono via via susseguite nel tempo. Innovazioni che in definitiva hanno dei fini comuni, tra cui i più importanti dopo l’efficacia del trattamento sono senza dubbio relativi alla maggior tollerabilità da parte del paziente al dolore, specialmente quando si devono usare delle densità di energia medie o addirittura alte.
Per chiarire cosa si intenda con il termine densità di energia alta, anche per avere dei termini di paragone, si consideri che come riferimento per Alto Valore Energetico si intende una corrispondenza con una densità di energia pari a 0.28 mJ/mm2.
E’ in questo contesto che si va ad inserire nel vasto panorama delle apparecchiature ad onde d’urto un’innovazione che si basa essenzialmente sulla possibilità di avere una zona di terapia molto più ampia (circa 10 volte).
Essendo molto più estesa la zona di efficacia delle onde d’urto, si ha il notevole vantaggio di poter sopperire innanzitutto ai continui e incontrollati movimenti involontari del paziente. Movimenti provocati dal dolore a cui il paziente è soggetto durante tutto l’arco della seduta e che obbligano l’operatore ad un continuo controllo e ad un eventuale riposizionamento del soggetto in trattamento.
Infatti un’altra fondamentale miglioria introdotta da questa innovazione è il fatto che una zona di terapia e di fuoco così estesa, non convogliando un alta quantità di energia su un’area molto ristretta, rende molto più confortevole il trattamento. Si riesce così a trasmettere al paziente delle onde d’urto di media e alta energia con un dolore di bassa entità e soprattutto sopportabile; cosa assolutamente impensabile con sistemi ad onde d’urto molto focalizzati che sottopongono il paziente a livelli di dolore insopportabili già a valori medi di energia per tutto il tempo della seduta, che di norma si aggira sui 15-20 minuti.
Altro importante aspetto da prendere in considerazione consiste nella possibilità di fare a meno di un sistema di puntamento ecografico, che invece risulta necessario nella quasi totalità delle onde d’urto, poiché la zona di terapia risulta estremamente focalizzata. Al contrario, con una molto più estesa zona di terapia (che ovviamente comprenderà anche una molto più estesa zona focale), non si rende più necessario e indispensabile un sistema di puntamento, pur mantenendo l’efficacia del trattamento.
Un apparecchiatura che racchiude in sé queste innovazioni sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista medico, (ad esempio l’ORTHOSPEC della Medical Space) risulta di notevole importanza nelle patologie trattabili dalle apparecchiature che utilizzano la terapia ad onde d’urto. Terapia che deve comunque essere considerata come una valida alternativa al trattamento chirurgico vista la sua comprovata (anche se ancora in fase di studio, espansione e perfezionamento) utilità nella cura delle varie patologie prima citate.
Dr. Sergio Rigardo – Responsabile U.O.A. – RRF
Casa di Cura Villa Igea – Acqui Terme (AL)
A cura del Servizio di Bioingegneria della OrthoSpace (Divisione Ortopedica della Medical Space S.r.l. Group)
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