PIEDI “PIATTI” – PERCHÉ NON SONO UN GRAN MALE

Fabio Lodispoto (Specialista in Medicina dello Sport – Roma)
(da “La Repubblica Salute” – 19 giugno 2003)
Un problema che in genere si supera con la crescita. Raramente interviene il chirurgo.
Tutti i bambini nascono con il piede piatto. E’ la norma: quasi tutti evolvono spontaneamente verso lo sviluppo di un piede normale con gli archi plantari ben rappresentati entro i 7-10 anni.
GLI ARCHI DEL PIEDE
Altri invece conservano il piede piatto anche da grandi. Non è il caso di di allarmarsi: i plantari sono realmente necessari in pochissimi casi. Quei pochi tuttavia anche con l’uso del plantare non potranno sperare in una correzione definitiva. L’esatto contrario delle convinzioni correnti di mamme e specialisti fino a poco tempo fa. Per la correzione definitiva del piede piatto occorre l’intervento chirurgico. Riservata a pochissimi casi la chirurgia tradizionale, molto cruenta ed invasiva, che prevede la soppressione di alcune articolazioni del piede e la trasposizione di grossi tendini. Oggi si corregge il piede piatto in modo mininvasivo. Per via percutanea si introduce nel piede una vite che impedisce la rotazione verso l’interno della caviglia oltre il limite fisiologico. Tanto basta a mantenere l’arco plantare ed a correggere il piede piatto in modo definitivo.
E non vi è un secondo intervento per la rimozione dell’ortesi. I risultati eccellenti di queste metodiche mininvasive sono ormai confortate da follow up di oltre dieci anni e da continui confronti con altre metodiche. Una opportunità chirurgica che tuttavia non è per tutti. I criteri di selezione per ottenere risultati eccellenti sono molto rigidi ed è necessaria una valutazione biomeccanica e radiologica accurata.
L’INTERVENTO SOLO NEL 3 % DEI CASI
I plantari sono come gli occhiali: appena tolti il difetto si manifesta nuovamente. Questo il risultato di alcuni recenti studi statistici: il plantare non modifica lo sviluppo dell’arco plantare. Il piede piatto, se tale, resta piatto anche dopo anni di diligente correzione con il sostegno di una ortesi plantare. Giudizio negativo anche per le calzature correttive, alte e rigide: nel tempo è sempre la scarpa a modellarsi sulla forma del piede e mai il contrario.
BAROPODOMETRIA DINAMICA
Ed è proprio l’uso precoce delle scarpe a ritardare lo sviluppo del piede e a favorire dismorfismi: due studi hanno messo a confronto bambini occidentali con bambini di zone rurali indiane ed africane. Risultato: i bambini che camminano scalzi (su superfici incoerenti e “informative” come sabbia e terra) sviluppano piedi più sani di quelli che utilizzano fin dai primi passi scarpine e “plantarini”. Il piede non è solo uno strumento di propulsione per il passo, è anche un organo di senso. Ad ogni passo appoggia al suolo tutta la pianta e per un breve momento si rilascia per meglio aderire e raccogliere le informazioni tattili dal terreno. Poi in base alle percezioni raccolte, durezza e asperità del suolo, si irrigidisce e si trasforma in una leva che spinge e fa avanzare il passo.
ANALISI DEL PASSO
Questo lavoro di elaborazione, di informazione e di attivazione dei muscoli del piede viene quasi annullato dalla suola delle scarpe. Lasciare i bambini scalzi almeno d’estate su superfici incoerenti e “informative” come sabbia e terra favorisce invece la maturazione del piede e quindi un più sano sviluppo.
Così, il più delle volte, è il tempo a correggere il piede piatto: il grado di valgismo del piede, che esprime la gravità del piede piatto, si riduce spontaneamente con lo sviluppo e la maturazione ossea. Bambini che hanno il piede piatto a tre anni di età, possono mostrare un piede perfetto a sette, otto anni di età senza che sia stato utilizzato alcun presidio correttivo. E anche se il piede resta piatto negli adolescenti e nei giovani adulti il più delle volte non c’è motivo di allarmarsi. Quasi sempre il piede piatto osservato da fermo diventa normale durante il passo. Infatti il piede durante la deambulazione e la corsa grazie all’intervento dei potenti tendini che lo controllano riacquista le normali curvature.
FORZE CHE CONCORRONO ALLA FORMAZIONE DELLA VOLTA LONGITUDINALE
Solo il 3-4% dei piedi piatti mantiene la deformità anche durante il passo. Questi piedi, specie se doloranti, richiedono invece la correzione con plantari o con l’intervento chirurgico.
BASTA UNA VITE CHE POI SCOMPARE
La tecnica è tutta italiana, messa a punto nel ’90 da Sandro Giannini, direttore della clinica ortopedica dell’università di Bologna. Oggi questo intervento, dopo tredici anni di continue messe a punto e controlli a distanza dei risultati, viene effettuato in quasi tutti gli ospedali ed università italiane.
Una incisione di un centimetro sotto il malleolo esterno del piede permette di introdurre una vite di calibro adeguato tra astragalo e calcagno.
Sono queste due ossa articolate tra loro a determinare il piede piatto quando si angolano eccessivamente. La vite ha la funzione di arrestare lo scivolamento tra le due ossa oltre un certo angolo. Tanto basta a correggere in maniera definitiva il piede piatto. Terminato l’intervento basta un punto di sutura sulla pelle a chiusura della piccola ferita. Il paziente con uno stivaletto gessato può camminare subito e caricare sull’arto appena operato. Dopo due settimane il gesso viene rimosso e un breve ciclo di fisioterapia riabilita piede e caviglia. A due mesi dall’intervento si torna alla vita normale.
1- TAVOLETTA TIPO FREEMAN
2- DELOS POSTURAL SYSTEM
ALCUNI ESEMPI DI RIABILITAZIONE SPECIFICA
La vite non deve essere rimossa: realizzata in acido polilattico dopo 3-4 anni, esaurita la sua funzione, viene riassorbita dai tessuti. I risultati statistici sono eccellenti nel 96-97% dei casi e non sono state in pratica osservate reazioni avverse al prodotto o mobilizzazioni dell’impianto che hanno richiesto la rimozione.
Ben altra cosa la chirurgia tradizionale: la correzione si otteneva sopprimendo alcune articolazioni del piede che viene irrigidito fondendo tra loro certe ossa del piede stesso. Risultato: piede sì corretto, ma a prezzo del sacrificio della naturale anatomia ed elasticità del piede e con un decorso post operatorio più lungo e difficile.
La vite riassorbibile è indicata nei bambini in fase di sviluppo tra gli 8 e i 12 anni, ma anche i giovani adulti possono essere sottoposti a questo intervento. Ma i piedi piatti non sintomatici o piatti che si correggono spontaneamente nel passo non necessitano di alcuna correzione.
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