RAFFREDDORE: UN NUOVO APPROCCIO TERAPEUTICO

di Daniela OVADIA (dal sito www.okmedico.it)
Il comune raffreddore che colpisce in autunno e in inverno non è certo una malattia grave tranne che per i rari casi di pazienti con immunodepressione e o asma grave. Eppure questo fastidioso disturbo è tanto invalidante da causare in media un giorno di assenza l’anno tra i lavoratori italiani. Forse per questa ragione un gruppo di medici dell’università della Virginia, negli Stati Uniti, ha deciso di sperimentare un trattamento che combina i comuni spray nasali antistaminici (in questo caso a base di clorfeniramina) con un antinfiammatorio (ibuprofene) e un inibitore della replicazione virale, l’interferone alfa2b.
“Circa 24 ore dopo essere stati esposti al virus del raffreddore i 150 volontari selezionati sono stati suddivisi in tre gruppi. Il primo ha ricevuto la tri-terapia, il secondo solo ibuprofene e antistaminico, il terzo placebo”, spiega John Gwaltney, microbiologo e autore dello studio apparso su Journal of Infectious Diseases. “Nei cinque giorni di trattamento il primo gruppo ha visto una riduzione della sintomatologia del 73 per cento e il secondo solo del 33. Inoltre il gruppo trattato coi tre farmaci ha consumato circa la metà dei fazzoletti rispetto ai controlli”.
LA VITAMINA “C” È UN MITO CONTROVERSO
Il trattamento proposto dai microbiologi americani difficilmente verrà confezionato per l’uso comune dato il suo costo elevato. Ma questo non sembra turbare gli autori della ricerca: “Il nostro scopo era quello di dimostrare che il raffreddore non si previene e non si cura con un farmaco o un rimedio solo, come crede la gente che si riempie di vitamina C, il cui ruolo è invece ancora controverso. Gli studi effettuati, infatti, negano che sia utile in prevenzione, mentre probabilmente accorcia leggermente la durata dei sintomi se assunta in altissime dosi durante la malattia” continua Gwaltney. “E’ necessario invece un approccio completo, dato che i farmaci sintomatici non abbreviano la durata della malattia mentre l’inibitore della replicazione virale non può essere utile da solo se assunto quando i sintomi sono già presenti”.
COSA DICONO LE REVISIONI SISTEMATICHE
Non tutti concordano col ricercatore statunitense, dato che gli studi volti a dimostrare la maggiore o minore efficacia dei diversi rimedi contro il naso che “cola” sono numerosi; la Cochrane Collaboration, ente britannico che promuove le revisioni sistematiche per fornire indicazioni terapeutiche evidence based, ha esaminato alcuni dei più comuni. Gli interferoni per via nasale, come quello usato nello studio, hanno, per esempio, un elevato potere protettivo nei confronti della malattia somministrata in ambiente sperimentale (con una riduzione delle infezioni del 50 per cento circa). Il loro uso su vasta scala, però, presenta alcuni inconvenienti. In uno studio profilattico in ambiente comunitario l’uso prolungato di interferone ha provocato sanguinamenti nasali e abbondante produzione di muco. In pratica, affermano i revisori, l’effetto degli antivirali assunti per lungo tempo è simile a quello della malattia che si vuole prevenire!
GLI ANTIBIOTICI NON SERVONO
Che gli antibiotici non servano contro i rinovirus è una realtà che tutti i medici conoscono, ma che deve fare i conti con l’insistenza dei pazienti e, talvolta, con l’idea che, in alcuni malati a rischio, la copertura antibiotica possa essere utile per prevenire le sovrainfezioni batteriche. “Tutti gli studi che abbiamo esaminato concordano nel ritenere gli antibiotici inutili, se non dannosi” conferma Brian Arroll, coordinatore della revisione in materia. “Solo uno studio su nove nota una riduzione delle assenze dal lavoro nei malati trattati, ma la differenza non è statisticamente significativa”.
VIA LIBERA ALL’ECHINACEA
In questo tipo di malattia lieve i pazienti ricorrono spesso al fai da te e ai prodotti di erboristeria. Tra quelli ritenuti più efficaci dalla vox populi vi sono gli estratti di Echinacea angustifolia, una pianta della famiglia delle Composite. I revisori della Cochrane Collaboration hanno esaminato 16 studi per un totale di oltre 4.000 pazienti trattati con la pianta. La maggior parte delle ricerche riporta risultati positivi sia nel trattamento sia nella prevenzione del raffreddore comune, anche se la varietà delle preparazioni impiegate e la difficoltà nel titolare esattamente la quantità di principio attivo rendono i dati difficilmente comparabili tra loro e quindi non completamente attendibili.
UN METALLO PREZIOSO
Vi sono, invece, buoni motivi teorici per credere che lo zinco possa ridurre la sintomatologia da raffreddore, in quanto lo ione in questione sarebbe in grado di legarsi ai terminali carbossilici del rivestimento del Rinovirus, impedendone l’ingresso nelle cellule. Le sette indagini esaminate dagli esperti non sono state però ritenute sufficienti per dare indicazioni certe e inequivocabili in merito.
NON È SOLO FUMO
E’ difficile per un medico rimandare a casa un paziente con la semplice prescrizione di respirare una pentola di vapore acqueo al giorno. Eppure, in base alla revisione sistematica, è questa la terapia più utile. Gli studi effettuati su questo antico rimedio (per la verità solo tre, per un totale di circa 320 partecipanti) ne confermano l’efficacia nel diminuire la congestione nasale e nel favorire l’eliminazione del muco in eccesso. Il vapore, però, non agisce per nulla sulla quantità di virus contenuta nelle secrezioni, malgrado l’elevata temperatura.
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