(da “Il Formicolio alle gambe!” di G. Internullo)
Molto spesso non solo per i medici generici, ma anche per gli specialisti vi sono argomenti ostici. Fra questi vi sono sicuramente le Sindromi Nervose Canalicolari degli arti inferiori. Le sindromi canalicolari possono essere definite genericamente come neuropatie periferiche con alterazioni motorie e/o sensitive in rapporto a compressione da parte di strutture anatomiche di vicinanza in sedi elettive ove il nervo è particolarmente costretto ed esposto.
Frequentemente giungono negli ambulatori pazienti che accusano formicolio alle gambe e si lamentano di tale disturbo e del fatto che nella stazione eretta prolungata tale disturbo aumenta. Spesso, e subito, si pensa a un quadro di lombo-sciatalgia anomalo, a un disturbo di natura vascolare. Però a volte ci troviamo di fronte a un quadro di sindrome compressiva nervosa periferica che viene misconosciuto.
Dal punto di vista funzionale appartengono alla cosiddetta fase di “neuroaprassia” e questo chiarisce come la sintomatologia non sia sempre correlabile al danno ed al quadro anatomo-patologico.
La neuroaprassia è l’alterazione della conduzione nervosa, senza interruzione degli assoni, per compressione, trazione, contusione o ischemia. È caratterizzata da anestesia incompleta con parestesie che si riducono in tempi piuttosto brevi, da pochi minuti a poche settimane).
Tali sindromi vengono spesso erroneamente diagnosticate e quindi trascurate nella loro cura. Le ragioni di ciò sono diverse: da una parte una eziologia molteplice, perché le cause di compressione possono essere numerose, e da qui la prima incertezza, dall’altra la non corretta conoscenza di queste sindromi (anche da parte degli stessi specialisti ortopedici e neurologi). Tutti sappiamo che i nervi nel loro decorso, anche negli arti inferiori, devono spesso superare delle “strettoie”, attraverso formazioni canalicolari o osti che generalmente sono costituiti da un tessuto fibroso che origina dalle aponeurosi. Quindi in queste strettoie il nervo dapprima inizia a soffrire con una irritazione del perinevrio, poi con una sofferenza delle fibre nervose che può arrivare fino alla loro necrosi se la compressione dura sufficientemente a lungo.
Ma se è mutevole la sintomatologia, la terapia è ben precisa, sia quella medica, che molte volte può risolvere la lesione nervosa irritativa o agire sulle cause di compressione, sia quella chirurgica, che risponde a ben precise esigenze di liberare la compressione canalicolare, talora con delle resezioni aponeurotiche.
Si definisce “canalicolare” la sofferenza di un nervo per compressione nel suo passaggio in una struttura anatomica a “tunnel” obbligata, ristretta ed in estensibile.
Molto più frequenti e note sono le sindromi compressive nervose dell’arto superiore come la Sindrome del Tunnel Carpale, per ricordarne una delle più conosciute e più facilmente diagnosticate.
Oltre alla situazione predisponente locale possono concorrere alla insorgenza del quadro canalicolare compressioni estrinseche od intrinseche, traumatiche (fratture, ematomi,) od infiammatorie (tenovaginiti).
Gli esami Radiografico, Elettromiografico ed Elettrodiagnostico, la Teletermografia, la Xerografia, la TAC, la RMN possono essere di utile apporto alla definizione diagnostica.
Le Sindromi Compressive Canalicolari degli arti inferiori più note, frequenti e diffuse sono:
La Sindrome del Tunnel Tarsale Anteriore è causata dalla compressione/intrappolamento del nervo peroniero profondo (o nervo tibiale anteriore) a livello del collo del piede, nel canale costituito dal piano osseo, retinacolo degli estensori e dei tendini dei muscoli estensori.
Nervo peroniero profondo: decorso
La condizione predisponente può essere un traumatismo, una reazione post-traumatica a fratture, il continuo uso di calzature con tacco alto, dismorfismi del piede (piede piatto pronato o cavo), esostosi, osteofiti.
I sintomi sono caratterizzati da turbe sensitivi e motorie e non si devono trascurare: il dolore (irradiato a livello del primo spazio interdigitale con interessamento del primo e secondo dito, notturno e diurno, spesso presente anche a riposo), le parestesie e le disestesie a carico del 1° e 2° dito fino a quadri di ipoestesia.
Segni motori con lieve deficit a carico del muscolo estensore breve delle dita possono essere anche presenti. Segno clinico tipico è il Segno di Tinel positivo a livello del retinacolo degli estensori.
Segno di Tinel positivo a livello del retinacolo degli estensori
La Sindrome del Tunnel Tarsale Mediale è causata da una compressione del nervo tibiale posteriore a livello del tunnel tarsale mediale prossimale e/o distale (tale sindrome equivale, per l’arto superiore, alla sindrome del tunnel carpale). L’etiopatogenesi è caratterizzata da compressione del nervo tibiale posteriore a livello del canale tarsale, tunnel osteofibroso (noto anche come canale tibio-astragalo-calcaneale o canale di Richet), formato dal malleolo tibiale mediale, calcagno, astragalo, legamento deltoideo [importante mezzo di rinforzo dell’articolazione tibio-tarsica (pavimento del tunnel)] e dal legamento laciniato (tetto del tunnel) che costituisce il retinacolo dei muscoli flessori, teso dal malleolo mediale (margine posteriore) alla faccia mediale del calcagno (parte postero-inferiore).
Compare come condizione conseguente a fratture, traumi contusivi, tenosinoviti dei flessori, ad anomalie funzionali statiche e a dismorfismi del piede, o è conseguente alla comparsa di neoformazioni cistiche o neoplastiche.
Canale Tarsale
Nel caso di un quadro di sindrome del tunnel tarsale mediale prossimale i sintomi possono essere caratterizzati da dolore con carattere di continuità, che aumenta con la stazione eretta, a carico delle dita, della pianta del piede e del lato mediale-inferiore del tallone, con formicolio nella stessa zona. Spesso sono rilevabili turbe della sensibilità, meno frequentemente quelle motorie (muscoli plantari brevi).
Si deve ricercare alla palpazione la presenza di “pastosità” e dolore sotto-retro-malleolare mediale e l’eventuale risveglio della sintomatologia soggettiva con la percussione in corrispondenza delle sedi suddette.È possibile anche riscontrare un deficit alla flessione della falange basale delle dita e dell’abduzione del primo e quinto dito. In alcuni casi rari si può avere un interessamento del nervo plantare mediale e laterale.
Questa sindrome compressiva è caratterizzata da dolore e parestesie alle dita, alla pianta del piede e al lato infero-mediale del tallone. Il dolore aumenta con il carico e la prolungata stazione eretta. Importante diventa il segno di Tinel che è positivo sul tunnel tarsale mediale.
Segno di Tinel: la pressione in corrispondenza della doccia retro-malleolare provoca dolore sul territorio innervato dai nervi plantari
Con gli esami radiografico, stratigrafico, TAC e con la RMN è possibile in molti casi definire alterazioni strutturali del tunnel tarsale o del suo contenuto. L’esame elettromiografico (bilaterale per comparazione) deve fare riferimento, oltre che all’indagine dell’attività motoria dei muscoli intrinseci, alla stimolazione motoria ed alla conduzione sensitiva del nervo.
Il trattamento, se non si è tratto vantaggio da quello medico e fisioterapico, è quello chirurgico caratterizzato dall’apertura chirurgica del tunnel tarsale, sezionando il legamento anulare mediale e l’anello dell’adduttore con lisi delle strutture vascolo-nervose esplorando nel contempo le strutture ad esse periferiche. Si potranno così valutare eventuali tenovaginiti, esiti di fratture, cisti sinoviali cui provvedere.
Sull’astragalo e sul calcagno, la faccetta articolare antero-mediale e quella postero-laterale sono fra loro separate da un solco rugoso; i due solchi formano nell’insieme un recesso osseo (una specie di galleria) detto Seno del Tarso (Sinus Tarsi).
Il Seno del Tarso è quindi uno spazio presente tra astragalo e calcagno che contiene innumerevoli recettori nervosi, sia propriocettivi che sensitivi, importanti nel controllo del passo.
Al suo interno è presente un importante legamento del piede: il legamento a “siepe” (o legamento interosseo dell’articolazione astragalo-calcaneale), con funzione di propriocezione durante il passo e di stabilizzazione dell’articolazione. Esso è obliquamente diretto lateralmente e in avanti, relativamente stretto nella sua parte mediale, molto largo invece alla sua estremità laterale.
All’interno del Seno del Tarso passa anche il fascio vasculo-nervoso.
La patologia è spesso secondaria a rottura o fibrosi (per lesioni ripetute e/o mal curate) del legamento interosseo astragalo-calcaneale, del legamento laterale esterno o alla infiammazione del tessuto fibroadiposo circostante (spesso per una alterazione dell’appoggio plantare: in genere un piede pronato e calcaneo valgo).
La sintomatologia consiste in dolore sotto-astragalico (malleolo peroneale) e sensazione di instabilità soprattutto nella deambulazione su terreni accidentati. Il trattamento è medico e fisioterapico (Laser Yag, Ultrasuoni ad alta frequenza, Tecarterapia, Interx). In caso di alterazione dell’appoggio del piede deve essere valutata l’opportunità di correggere tale alterazione.
La Metatarsalgia di Morton, così è più frequentemente citata in vari testi, è caratterizzata dalla compressione del nervo interdigitale plantare a livello del tunnel inter-metatarsale terzo – quarto più raramente tra secondo e quarto spazio (figura 2). Abbastanza frequente nelle donne, fu descritto nel 1876 da T. Morton. L’attribuzione a Morton però non è corretta, né da un punto di vista di priorità interpretativa, né da un punto di vista descrittivo cronologico (il primo ad evidenziarla è stato Civinini, alcuni anni prima di Morton). L’etiopatogenesi è prevalentemente traumatica; in genere causata da microtraumatismi cronici da carico con conseguente compressione del fascio vascolo-nervoso e flogosi della borsa inter-metatarsale e sviluppo di fibrosi perineurale e formazione di voluminosi neuromi.
In altri casi si osserva che con lo stiramento del nervo interdigitale da parte dei tessuti molli viciniori, durante la dorsi-flessione delle dita, compare il dolore e il disturbo accusato.
Caratteristico è il dolore spontaneo, a carattere nevralgico localizzato tra la testa del III e IV metatarso con irradiazione frequente alle superfici contrapposte del III e IV dito. Il dolore è vivissimo alla palpazione mirata, od alla pressione con strumento smusso, nel terzo spazio inter-metatarsale a livello retrocapitale. Si risveglia durante una camminata ed anche mantenendo a lungo la stazione eretta, in particolare calzando scarpe piuttosto strette. Il dolore assume tale intensità da costringere il paziente a fermarsi per strada, ovunque si trovi, per togliere o sfilare comunque la calzatura (fingendo, ad esempio di fermarsi a vedere una vetrina).
Per comprendere il possibile inquadramento di questa sindrome in ambito canalicolare e la sua localizzazione elettiva al III spazio inter-metatarsale (85% circa dei casi), occorre ricordare come i nervi digitali comuni decorrano distalmente in un tunnel fibroso assieme ai vasi ed ai tendini corrispondenti dei muscoli lombricali. Pur essendo elettivo come sede il III spazio inter-metatarsale, è possibile la localizzazione ad altri spazi, talora in concomitanza; frequente è la bilateralità.
I sintomi sono caratterizzati da dolore, urente e puntorio, a livello del terzo spazio inter-metatatarsale e accentuato dall’uso di calzature non corrette, dal carico e dalla deambulazione.
I pazienti colpiti riferiscono parestesie e disestesie a livello dello spazio inter-metatarsale interessato. Si deve però segnalare che è incostante l’ipoestesia sui versanti contigui del III e IV dito.
L’esame clinico è caratterizzato dal dolore palpatorio, talora con parestesie, sull’interspazio metatarsale corrispondente con irradiazione distale.
L’esame radiografico non è significativo in assenza di altra patologia, mentre l’elettromiografia sensitiva proposta da alcuni autori è di difficile sistematizzazione, per tecnica ed interpretazione. L’esame strumentale suggerito è l’ecotomografia dello spazio inter-metatarsale.
Figura 2 – Quadro operatorio di Neuroma di Civinini-Morton
La terapia è inizialmente conservativa (ortesi di scarico, fisiochinesiterapia, infiltrazioni di corticosteroidi). In caso di insuccesso viene proposta la soluzione chirurgica che prevede la neurolisi o la neurectomia per via dorsale o plantare. Purtroppo la percentuale di insuccesso è piuttosto elevata (si aggira intorno all’80%) ed è dovuta principalmente ad errore diagnostico, ad una rimozione insufficiente, ad una insufficiente lisi del legamento intermetatarsale.
La Meralgia Parestesica è una neurite da intrappolamento del nervo femorocutaneo laterale della coscia alla sua emergenza sottocutanea, a livello del canale fibroso delimitato dalla spina iliaca anteriore superiore all’esterno, dal muscolo psoas all’interno, dall’arcata crurale in alto e dal muscolo iliaco in basso.
Tale patologia è presente in svariate situazioni cliniche e patologiche. È più facilmente riscontrabile negli adulti, prevalentemente di sesso maschile. Può essere provocata da diversi cause come: le lesioni traumatiche (dirette o indirette), le compressioni delle radici nervose di L2 e L3 (ernie discali, lipomi), le compressioni esterne da tutori ortopedici, o da altre patologie come: l’obesità, la gravidanza, l’ascite, la sarcoidosi, l’ipo-ipertiroidismo.
Le turbe sono di tipo sensitivo (figura 3) come: disestesie sulla superficie esterna della coscia e della natica; dolore irradiato alla stessa sede indicata, sia nella stazione eretta protratta che nella posizione seduta.
Si possono avere anche disturbi come parestesie con persistente formicolio e sensazione di anestesia, sempre alla regione antero-laterale della coscia nella parte superiore.
Clinicamente si riscontra una zona di ipoestesia tattile, termica e dolorifica.
Figura 3 – Area con disturbo sensitivo della Meralgia Parestesia
Questa sindrome è causata dalla compressione del nervo sciatico popliteo esterno nel tunnel fibulare. Può essere causata da traumatismi diretti (ferita da taglio o punta, fratture della testa peroneale) o indiretti da strappo (lussazioni del ginocchio, lesioni capsulo-legamentose in varismo). Può anche essere dovuta a compressioni in seguito a bendaggi, accavallamento delle gambe, posizione accosciata, osteomi della fibula, cisti artrogene dell’articolazione tibio-peroneale superiore.
I sintomi sono caratterizzati nella fase più grave da “steppage”, cioè piede “ciondolante” con difficoltà all’estensione della caviglia, come quando si sale uno scalino, dovuta ad insufficienza dei muscoli antero-laterali della gamba (tibiale anteriore, estensore comune delle dita, estensore lungo dell’alluce e muscoli peronieri)
Si associa anche quadro di ipoestesia con parestesie sul dorso del piede e sulla faccia antero-laterale della gamba che può anche precedere la fase di “steppage”.
L’esame clinico è caratterizzato da deficit motorio a carico dei muscoli precedentemente indicati, ipoestesie al dorso del piede, parestesie al dorso del piede e al lato antero-laterale della gamba.
CONCLUSIONI
In tutte queste sindromi compressive diventa importante l’esame elettromiografico che permette di stabilire il vero livello della localizzazione compressiva.
La terapia medica si basa sull’utilizzo di neurotrofici dotati di azione stimolante la rigenerazione nervosa, FANS, terapie fisiche (ionoforesi con FANS, laserterapia, elettroanalgesia), infiltrazioni con cortisonici ed anestetici in alcuni casi, uso di tutori ortopedici, eliminazioni di alcune cause predisponenti.
Se da tutta questa serie di possibilità terapeutiche il paziente non trae benefici e la sintomatologia rimane invariata, si deve in ultima analisi prendere in esame la soluzione chirurgica.
Dottor G. Internullo
Specialista in Chirurgia della Mano
U. O. di Ortopedia e Traumatologia – Azienda Ospedaliera “Gravina” – Caltagirone (Catania)
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