Gianni Postiglione
(articolo tratto da Quality Club di Gennaio 2012 per concessione della NABBA Italia)
In premessa, evidenzio che lo Stretching (tensione, allungamento), inventato dal californiano Bob Anderson nei primi anni 70 del secolo scorso, è considerato un metodo funzionale all’allungamento e alla flessibilità muscolare e alla mobilità articolare. Questo tipo di Stretching muscolare classico (distrettuale) consiste in esercizi di allungamento di specifici distretti muscolari attraverso due fasi: la prima fase, per il primo livello di allungamento; la seconda fase, per un secondo livello di allungamento, dopo un rilasciamento muscolare.
Dallo Stretching iniziale di Bob Anderson, ormai poco utilizzato – in diversi decenni – sono stati sviluppati molti altri metodi: in questa sede prenderemo in esame lo “Stretching globale attivo“, il più efficace ed utilizzato.
Si differenzia dagli altri metodi perché si ritiene che solo gli allungamenti globali siano efficaci e perché prevede l’allungamento dolce e progressivo non del singolo muscolo, ma di diverse catene muscolari contemporaneamente. Esso deriva dalla Rieducazione Posturale Globale (RPG), ideata dal terapista francese Souchard e trova applicazione, specialmente, nel trattamento delle retrazioni delle catene muscolari statiche.
Lo Stretching globale attivo è così definito perché, metodologicamente, si prefigge l’allungamento globale delle catene miofasciali, con l’aiuto di contrazioni isometriche eccentriche eseguite dal soggetto (attivo). Esso si attua attraverso l’esecuzione di determinate posizioni, definite “posture”, da mantenere per alcuni minuti allo scopo di elasticizzare le catene muscolari ipoestensibili o retratte, che sono individuate a priori attraverso l’accurato esame morfo-posturale del soggetto.
Per il conseguimento degli obiettivi, nelle attività motorie, fisiche, sportive e di prevenzione, salute dinamica, benessere, Fitness (Wellness), di movimento per il miglioramento della qualità della vita, di corretta cultura del corpo è necessaria la componente programmatica dello Stretching globale attivo, soprattutto per la correlazione con la riprogrammazione posturale. Conoscere la propria postura è come conoscere se stessi.
Nella professionalità dell’Operatore di Fitness Posturale, la conoscenza dello Stretching globale attivo è determinante e costituisce una ragione trainante di occupabilità. Per altro, entra a pieno titolo nell’Allenamento Funzionale, una metodologia di allenamento attuale, ma non ancora totalmente padroneggiata nella docenza nelle problematiche sportive, nella prevenzione e nella salute dinamica.
RIFLESSO DI STIRAMENTO E RIFLESSO MIOTATICO INVERSO
È indispensabile chiarire, dal punto di vista neurofisiologico, le funzioni e i meccanismi di evocazione del riflesso di stiramento (o miotatico) e del riflesso miotatico inverso. Lo stiramento di un muscolo (fibre muscolari extrafusali) provoca un allungamento anche delle fibre intrafusali, disposte in parallelo. Questo allungamento delle fibre intrafusali determina, innanzitutto, l’eccitazione delle fibre afferenti che possiedono una bassa soglia di stimolazione.
Le afferenze giungono alle corna posteriori del midollo e, attraverso un collegamento monosinaptico, stimolano gli alfa motoneuroni che innervano il muscolo inizialmente stirato, il quale si contrae (riflesso di stiramento).
In pratica si determina un’autoregolazione della lunghezza del muscolo che preserva il sistema miofasciale dagli stiramenti bruschi o eccessivi. Inoltre, alcune afferenze Ia, per via polisinaptica, vanno a scaricarsi sui motoneuroni alfa dei muscoli antagonisti di quello stirato, facilitandone l’inibizione e il rilassamento.
Con effetto ritardato, perché hanno una soglia di eccitazione più elevata, partono le afferenze IIa, che attraverso un collegamento polisinaptico, operano in sinergia funzionale con le afferenze Ia.
Invece, gli organi muscolo tendinei del Golgi (tensorecettori), disposti in serie rispetto ai muscoli, vengono attivati quando la contrazione muscolare raggiunge una certa soglia e da essi partono delle afferenze che tramite le fibre Ib giungono alle corna grigie posteriori del midollo e, per via polisinaptica, vanno a inibire i motoneuroni alfa e gamma del muscolo in contrazione e ad eccitare gli alfa motoneuroni dei muscoli antagonisti.
In pratica l’attivazione delle fibre Ib rilascia il muscolo sottoposto a tensioni e facilita la contrazione degli antagonisti, provocando l’inibizione dello stesso muscolo e di quelli sinergici (inibizione autogena).
Questo “meraviglioso”meccanismo neurofisiologico rappresenta una sorta di protezione del sistema miofasciale da tensioni e contrazioni eccessive ed è denominato riflesso miotatico inverso.
I METODI DELLO STRETCHING
Stretching in lingua inglese letteralmente significa stiramento, allungamento, ma in realtà con tale termine s’intende un insieme di metodi finalizzati al miglioramento dell’elasticità miofasciale e, conseguentemente, della mobilità articolare.
I metodi di stretching si possono dividere in: globali e settoriali.
Il metodo globale attualmente più diffuso è denominato “Stretching Globale Attivo“, ideato, negli anni novanta dal terapista francese P. E. Souchard. Esso è utilizzato, in particolare, nella prevenzione e nel trattamento delle retrazioni delle catene muscolari statiche e prevede l’allungamento contemporaneo di diverse catene muscolari, mediante “posture di stiramento”.
Lo stretching settoriale, invece, prevede l’allungamento di un solo settore muscolare o di un singolo muscolo alla volta. Esso trova notevole applicazione nelle attività sportive, nel Fitness e in diversi protocolli riabilitativi. Molti anni addietro, era in uso un metodo di allungamento settoriale definito “balistico” che consisteva nella contrazione rapida dei muscoli antagonisti del distretto muscolare che s’intendeva allungare (molleggi ripetuti).
Questo metodo, per fortuna, è in disuso da molti anni, perché si è visto che oltre ad evocare il riflesso di stiramento con conseguente irrigidimento del muscolo, poteva provocare microlacerazioni delle strutture miofasciali.
Lo stretching “statico” o “passivo”, invece, è un metodo settoriale proposto da B. Anderson alla fine degli anni ’70.
Un metodo di stretching settoriale molto efficace è quello denominato “post-isometrico” o “P.N.F.” (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), che si basa sui principi del metodo di riabilitazione neuromotoria (PNF) ideato da H. Kabat e ripreso successivamente da M. Knott e D. Voss, in ambito riabilitativo.
Questo metodo, in pratica, prevede che il distretto muscolare da allungare venga prima sottoposto ad una contrazione isometrica (statica) di pochi secondi e subito dopo situato in allungamento.
I METODI DELLO STRETCHING
Qualsiasi manovra di stretching è distinta in quattro “fasi” sequenziali:
Le fasi temporali dello Stretching
La fase 1, che non deve raggiungere la soglia del dolore, e la fase 3 si eseguono lentamente e, in genere, gradualmente, mentre la fase 4 generalmente non dovrebbe superare i 60 secondi. La fase 2, quella ritenuta più importante per l’allungamento muscolare, dovrebbe durare tra i 30 e i 60 secondi.
Il soggetto, durante le tecniche di stretching, deve respirare in modo lento e ritmico concentrandosi su espirazioni prolungate e rilassate. Purtroppo molti soggetti presentano uno spasmo (blocco) del diaframma e/o retrazioni a carico dei muscoli inspiratori accessori (scaleni, sternocleidomastoideo, piccolo pettorale, ecc.) e incontrano difficoltà durante l’espirazione.
In questi casi è consigliabile una rieducazione respiratoria, con allungamento indiretto dei muscoli inspiratori e sblocco del diaframma.
Le tecniche di stretching presentano anche delle controindicazioni, infatti, sono da proscrivere nei seguenti casi:
Inoltre, esse vanno applicate con “parsimonia” in caso di lassità capsulo-legamentosa.
STRETCHING GLOBALE E CATENE MUSCOLARI
Lo stretching globale si differenzia dagli altri metodi, fondamentalmente perché prevede l’allungamento dolce e progressivo non del singolo muscolo, ma di diverse catene muscolari contemporaneamente.
Esso deriva dalla rieducazione posturale globale (RPG), ideata dal terapista francese Souchard, e trova applicazione, specialmente, nel trattamento delle retrazioni delle catene muscolari statiche. Lo “stretching globale attivo” è così definito perché, metodologicamente, si prefigge l’allungamento globale delle catene miofasciali, con l’aiuto di contrazioni isometriche eccentriche eseguite dal soggetto (attivo). Esso si attua attraverso l’esecuzione di determinate posizioni, definite “posture”, da mantenere per alcuni minuti allo scopo di elasticizzare le catene muscolari ipoestensibili o retratte, le quali sono individuate a priori attraverso un accurato esame morfo-posturale del soggetto.
A questo proposito bisogna rammentare che alcuni distretti muscolari, come la catena posteriore, i muscoli intrarotatori degli arti e il diaframma, vanno incontro più facilmente a retrazioni.
Per “catena muscolare” si intende un insieme di muscoli connessi tramite il sistema fasciale e organizzati funzionalmente mediante un’attivazione tonica preferenziale. Le catene muscolari sono disposte longitudinalmente nel corpo umano.
I muscoli prevalentemente tonici (statici) sono organizzati in catene muscolari statiche, che costituiscono un vero e proprio “coordinamento statico”.
Invece, i muscoli prevalentemente fasici (dinamici) sono organizzati in catene muscolari dinamiche o cinematiche, studiate da diversi autori (Denys-Struyf, Busquet, Dudal).
Secondo Busquet esse rappresentano circuiti, in continuità di direzione e di piano, attraverso i quali si propagano le forze organizzatrici del corpo. Esse determinano e influenzano i movimenti di flessione, estensione, inclinazione e torsione del nostro corpo, nonché i movimenti dei muscoli masticatori e oculomotori.
La differenza tra le catene muscolari statiche e dinamiche è soprattutto didattica, perché la fisiologia ci insegna che nel corpo umano non esistono muscoli completamente fasici o tonici e pertanto molti muscoli appartengono sia a catene statiche sia dinamiche.
Pertanto, le tecniche di stretching globale di seguito descritte determinano, certamente, lo stiramento contemporaneo di diverse catene muscolari, sia statiche sia dinamiche. Nel corpo umano secondo Souchard sono presenti le seguenti catene muscolari statiche con i corrispondenti muscoli:
LE CATENE MUSCOLARI PRINCIPALI
LE CATENE MUSCOLARI DEL BRACCIO
LA CATENA INSPIRATORIA E LE CATENE MUSCOLARI DELL’ANCA
Queste catene muscolari possono essere stirate utilizzando quattro gruppi di posture (vedi tabella successiva) denominate:
A) apertura dell’angolo coxo-femorale, braccia addotte
B) apertura dell’angolo coxo-femorale, braccia abdotte
C) chiusura dell’angolo coxo-femorale, braccia addotte
D) chiusura dell’angolo coxo-femorale, braccia abdotte
Ciascuna postura deve essere mantenuta da uno a più minuti, con una respirazione lenta e ritmica che privilegi la fase espiratoria e con l’eliminazione di qualsiasi compenso corporeo. Infatti, questo importante metodo è denominato anche “stretching globale decompensato”.
Per compenso, in tal caso, intendiamo un meccanismo automatico antalgico attuato dal nostro corpo per evitare le sensazioni dolorose derivanti dall’allungamento delle strutture miofasciali, le quali cercano di accorciarsi in un’altra zona (tutto questo, allo scopo di compensare).
L’espirazione lenta e prolungata, richiesta in tutte le posture, permette di ottenere un allungamento indiretto della catena inspiratoria (diaframma, muscoli inspiratori e relative fasce).
LE CATENE MUSCOLARI STIRATE NELLE DIVERSE FAMIGLIE DI POSTURE
GRUPPI DI POSTURE
Apertura delle anche, braccia addotte
CATENE STIRATE
– INSPIRATORIA
Principale anteriore – Antero interna delle anche Superiore della spalla – Anteriore delle braccia Laterale delle anche
GRUPPI DI POSTURE
Apertura delle anche, braccia abdotte
CATENE STIRATE
– INSPIRATORIA
Principale anteriore – Antero interna delle anche Antero interna della spalla – Anteriore delle braccia Laterale delle anche
GRUPPI DI POSTURE
Chiusura delle anche, braccia addotte
CATENE STIRATE
– INSPIRATORIA
Principale posteriore – Superiore della spalla – Anteriore delle braccia – Laterale delle anche
GRUPPI DI POSTURE
Chiusura delle anche, braccia abdotte
– INSPIRATORIA
Principale posteriore – Antero interna della spalla – Anteriore delle braccia – Laterale delle anche
L’utilizzo sistematico dello stretching globale, permette di ottenere i seguenti benefici:
Questo metodo non presenta particolari controindicazioni e, una volta appreso, può essere eseguita sotto forma di “autoposture”.
Comunque, la presenza di un operatore permette, tra l’altro, di insistere su diverse zone della catena muscolare con la tecnica post-isometrica (contrazioni statiche di un determinato settore muscolare), per enfatizzare i risultati.
GRUPPI E TIPOLOGIE DI DI POSTURE
GRUPPI DI POSTURE
Apertura delle anche, braccia addotte
POSTURE
1) Supina con arti inferiori distesi e addotti.
2) In ginocchio col dorso sulla palla
GRUPPI DI POSTURE
Apertura delle anche, braccia abdotte
POSTURE
3) Supina con arti inferiori distesi e abdotti
GRUPPI DI POSTURE
Chiusura delle anche, braccia addotte
POSTURE
4) Supina con arti inferiori addotti.
5) Supina con gambe a rana.
6) Supina con arti inferiori abdotti
7) Seduta con arti inferiori addotti.
8) Seduta con arti inferiori abdotti.
9) Seduta con gambe a rana.
10) In piedi con busto inclinato avanti (con e senza rialzo sotto gli avampiedi).
GRUPPI DI POSTURE
Chiusura delle anche, braccia abdotte
POSTURE
11) Supina con arti inferiori addotti.
12) Supina con arti inferiori abdotti.
Prima di intraprendere un programma di stretching globale, è necessario analizzare il soggetto con semplici test, per valutare il grado di elasticità delle catene muscolari anteriore e posteriore.
Test per valutare l’elasticità della catena principale anteriore
Test per valutare l’elasticità della catena principale posteriore
Una volta individuate le principali catene muscolari ipoestensibili o retratte, si stabiliscono le posture di allungamento più adatte per il singolo soggetto.
Quasi tutte le posture riportate nella tabella sopra esposta possono essere eseguite usando solo un tappetino e una parete, ma sarebbe difficile eliminare alcuni compensi.
Test per valutare il grado di elasticità della catena principale posteriore
Sul mercato esistono varie attrezzature molto utili, efficaci e capaci di risolvere diversi dettagli tecnico-applicativi.
Innanzitutto, esse permettono, attraverso particolari dispositivi, di regolare la posizione del soggetto in postura di allungamento gradualmente e in base al suo grado di elasticità.
Inoltre facilitano la soppressione dei compensi messi in atto dal soggetto e permettono l’esecuzione di particolari posture, efficaci e comode.
Alcuni di questi attrezzi permettono al soggetto, anche di eseguire in modo autonomo contrazioni statiche (tecnica post-isometrica) contro appositi elementi di contrasto. Essi offrono al soggetto e all’operatore, anche la possibilità di visualizzare i risultati ottenuti al termine di una seduta o di un programma di stretching globale.
TECNICHE DI STRETCHING GLOBALE
Di seguito sono illustrate alcune posture di stretching globale con l’indicazione delle catene muscolari maggiormente allungate.
Postura supina con chiusura delle anche e braccia abdotte – Allungamento catene posteriore e antero-interna della spalla
Postura supina con chiusura delle anche e braccia abdotte
Postura in ginocchio con apertura delle anche e dorso in appoggio sulla palla – Allungamento catena anteriore (il capo del soggetto va posto in appoggio)
Lo stretching globale trova indicazione in tutte le situazioni in cui sono presenti catene muscolari retratte o ipoestensibili.
Esso costituisce un aspetto fondamentale del recupero funzionale nella traumatologia e nella chirurgia dell’apparato locomotore.
Lo stretching globale è particolarmente indicato (in associazione ad altre tecniche chinesiterapiche) nel fitness posturale e in particolare nella prevenzione e nel recupero funzionale di:
In conclusione, è necessario sottolineare l’importanza di una collaborazione costante e intelligente tra fisioterapista, medico e operatore di Fitness Posturale al fine di garantire al soggetto il massimo recupero funzionale possibile.
BIBLIOGRAFIA
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