Alimentazione

LA CARTA DI IDENTITÀ DELL’UOVO FRESCO

Informazioni e Consigli a cura di Pianeta Uovo

uova

UNIONE NAZIONALE AVICOLTURA - Campagna di Informazione ai Consumatori

Consigli pratici per essere sicuri di acquistare prodotti freschi

Prima di acquistare un uovo diventa fondamentale leggere sulla confezione, dove si trovano tutte le informazioni sul sistema di allevamento, sulla data preferibile di consumo e sull’azienda produttrice. Attenzione,invece, alle uova sfuse, che danno scarse garanzie igienico sanitarie.
La freschezza è un requisito fondamentale per ogni alimento, soprattutto per l’uovo.
In che modo il consumatore può essere sicuro di comprare un prodotto fresco?
Basta leggere con attenzione le indicazioni che si trovano sulla confezione e sul guscio per avere tutte le informazioni necessarie all’acquisto: dalla tipologia di uova alla data di consumo preferibile e, eventualmente, di deposizione, oltre che le informazioni sulla azienda produttrice.

Come riconoscere la freschezza delle uova?

La vita di un uovo considerato fresco è fissata dalla legge in 28 giorni: la camera d’aria, lo spazio situato tra l’albume e il guscio nella parte tondeggiante dell’uovo, non deve essere superiore ai 6 mm di altezza per tutto il periodo nel quale è in commercio. Questo tipo di uova fresche rientra nella categoria A, e è quello distribuito per il consumo domestico: troviamo queste uova nei nostri supermercati o dal negoziante di fiducia. All’interno della categoria A, sono in vendita anche le uova “freschissime” (ovvero “Extra” o “Extra fresche”): in questo caso, la camera d’aria non deve superare i quattro millimetri per tutto il periodo della commercializzazione. Il periodo durante il quale le uova restano “Extra fresche” è di nove giorni dalla deposizione e sette dalla data di imballaggio. Va ricordato che le disposizioni normative comunitarie impongono al dettagliante di ritirare le uova una settimana prima della data preferibile di consumo indicata sulla confezione.
L’obiettivo è consentire al consumatore di avere a sua disposizione un margine di tempo relativamente ampio per consumarle. Ma le aziende produttrici riforniscono i punti vendita due/tre volte alla settimana: diventa quindi molto difficile trovare in commercio uova “anziane”.
Lo stesso discorso non vale nel caso delle uova vendute direttamente dal produttore al consumatore, sul luogo di produzione o in un mercato pubblico locale o tramite vendita a domicilio. Questo tipo di prodotto non dà le stesse garanzie al consumatore sulla qualità, sulla data di scadenza e sul sistema di allevamento. Anche perché, a prima vista e a occhio nudo, è difficile verificare la freschezza di un uovo.
Una soluzione che ha un’origine antichissima, consiste nell’osservare in trasparenza l’altezza della “camera d’aria” dell’uovo che cresce all’aumentare del tempo. Ma trattandosi di millimetri, non si tratta di un’operazione agevole, che comunque può essere fatta solo dopo aver acquistato il prodotto.
Tornati a casa, si può ricorrere ad un metodo caro alle nostre nonne. Si immerge l’uovo in acqua e sale: se è fresco, tenderà a poggiarsi sul fondo del recipiente. Altrimenti, col passare del tempo aumentando l’altezza della camera d’aria, l’uovo diventando più leggero, tenderà a salire con la parte tondeggiante e a disporsi trasversalmente. Si tratta comunque, a ben vedere, di metodi empirici, non scientifici, che non garantiscono in maniera assoluta il consumatore.
Le uniche e vere garanzie per tutti noi consumatori rimangono, dunque, l’etichetta sulle confezioni e il codice stampato sul guscio delle uova.

SONO RINTRACCIABILE A QUESTO NUMERO
AL VIA LA CAMPAGNA PER IMPARARE A “LEGGERE” L’UOVO

Oltre 2 milioni di brochure e un sito internet, realizzati dall’Unione Nazionale dell’Avicoltura, per saper tutto su un alimento sicuro, nutriente, economico e apprezzato dagli italiani.
Ricche di proteine nobili, vitamine e sali minerali, pochi grassi e soprattutto “buoni”: un vero e proprio concentrato di salute. E sono pure convenienti e versatili in cucina.
Stiamo parlando delle uova, l’alimento adatto ad ogni età (dai bambini agli anziani) e consumato da tutti: nel 2003 ne abbiamo mangiate 218 a testa. E da quest’anno le uova sono protagoniste di importanti novità che ne hanno modificato il look.

Un pieghevole ed un sito web per spiegare tutte le novità del “CODICE” sul Guscio

OPUSCOLO ILLUSTRATIVO

Per illustrare questi importanti cambiamenti, U.N.A. (Unione Nazionale dell’Avicoltura) lancia una campagna biennale di informazione dal titolo “Sono rintracciabile a questo numero”, finanziata con il contributo della Comunità Europea e dello Stato Italiano.
“L’UE ha promosso questa campagna – sottolinea Rita Pasquarelli, Direttore Generale dell’U.N.A. – per andare incontro alla richiesta dei consumatori di avere più informazioni e garanzie. L’iniziativa punta ad illustrare il significato del codice e le differenze tra i vari sistemi di allevamento. In questo modo sottolinea l’importanza della tracciabilità, che dà la possibilità di seguire il percorso dell’uovo partendo dal luogo di allevamento, facilitando i controlli sull’intera filiera produttiva. E rafforza la fiducia di tutti i consumatori nei confronti delle uova, aiutandoli in una scelta d’acquisto più consapevole.
A proposito di fiducia, va anche ricordato che secondo una indagine Doxa / Federalimentare di quest’anno, ben sette italiani su dieci dichiarano di fidarsi pienamente delle uova confezionate.”
Ecco dunque che U.N.A mette in campo una serie di strumenti per sensibilizzare i consumatori sulle virtù dell’uovo: un sito web www.pianetauovo.it dedicato all’iniziativa, un pratico pieghevole scaricabile dal sito web e la newsletter mensile “Sono rintracciabile a questo numero” per essere sempre informati sulle novità.

E L’UOVO DIVENTA ETICHETTA

Ecco come imparare a leggere il codice presente sul guscio delle uova, che racconta la storia del prodotto in commercio: dal luogo di provenienza al tipo di allevamento. Il tutto all’insegna della tracciabilità dei prodotti alimentari.

Anche le uova hanno il proprio passaporto

Una carta di identità, che rivela ai consumatori tutte le informazioni relative al metodo di produzione e alla loro provenienza. Dal primo gennaio del 2004 appare sul guscio una particolare “etichetta”: leggendola, possiamo sapere in quale nazione l’uovo è stato deposto, il sistema di allevamento e addirittura l’azienda nella quale è stato prodotto. Un vero e proprio codice che permette a tutti noi di essere meglio informati e garantiti al momento dell’acquisto. E che ci dà l’opportunità di “tracciare” la strada che ha portato quell’uovo dall’allevamento alle nostre tavole, passando per il supermercato.
E “tracciabilità” è la parola chiave per capire le novità sulle uova, introdotte dalla normativa europea (Regolamento CE 2295 del 2003). Si tratta della possibilità di seguire il percorso dell’uovo dall’allevamento al confezionamento. “Permette alle autorità – spiega Rita Pasquarelli, Direttore Generale dell’U.N.A. (Unione Nazionale dell’Avicoltura) – di controllare più agevolmente la filiera produttiva. È anche un servizio che viene garantito ai consumatori per aiutarli a compiere una scelta più consapevole, dando maggiore visibilità al tipo di allevamento e alla nazione da cui provengono le uova”.

E cosa troviamo sull’uovo?

Ma proviamo a vedere più nel dettaglio i principali risvolti di questa innovazione, che si applica alle uova in commercio.
All’inizio del codice, c’è un numero che indica il sistema di allevamento delle galline ovaiole: “0” per l’allevamento biologico, “1” per l’allevamento all’aperto, “2” per quello a terra, mentre il “3” riguarda quello in gabbia (o batteria).
Segue una sigla che specifica il Paese di produzione delle uova (IT per l’Italia, FR per la Francia, ES per la Spagna). Un altro numero segnala più puntualmente il comune di appartenenza, mentre viene riportata anche la sigla della provincia dell’allevamento (Bo per Bologna, Vr per Verona, Pg per Perugia ecc.).
Le ultime tre cifre riguardano invece l’allevamento vero e proprio da cui provengono le uova: si tratta di un numero molto importante perché, assegnato dalle stesse autorità sanitarie locali, sta anche a indicare che l’allevamento è sottoposto al loro controllo. Dal momento che la normativa è valida solo per i Paesi dell’Unione Europea, per quanto riguarda le produzioni da parte dei Paesi terzi la dicitura sugli imballaggi è la seguente: “sistema d’allevamento indeterminato”.
Va sottolineato che, oltre alle indicazioni sul codice, i consumato trovano molte altre informazioni sulla confezione. Per legge devono obbligatoriamente apparire la data di consumo preferibile, la categoria di qualità e di peso, il numero di uova confezionate, il nome e la ragione sociale o il marchio commerciale del centro di imballaggio, le modalità di conservazione.
Non solo: le aziende possono inserire, sempre sulle confezioni, anche alcune informazioni facoltative: dalla data di deposizione a quella di imballaggio, dal tipo di allevamento all’alimentazione fornita alle galline.

Allevamento all’aperto, a terra, biologico e in gabbia: ecco il panorama italiano

Se il guscio delle uova diventa etichetta, vengono anche introdotte delle definizioni che non sempre il consumatore conosce fino in fondo. Cosa significa, ad esempio, “allevamento in gabbia (o batteria)” e “all’aperto”?

Ecco alcune brevi informazioni:
Allevamento all’aperto: le galline per alcune ore del giorno possono razzolare in un ambiente esterno: le loro uova sono deposte nei nidi oppure deposte sul terreno e raccolte successivamente dall’allevatore.
Allevamento a terra: le galline ovaiole si muovono liberamente, ma in un ambiente chiuso, solitamente di un capannone. Anche in questo caso le uova sono deposte nei nidi oppure vengono raccolte dagli allevatori sulla lettiera, dove sono state deposte.
Allevamento in gabbia (o batteria): le galline si trovano in ambienti confinati, dove depositano le uova su un nastro trasportatore che le porta direttamente al confezionamento.
Mentre gli altri tre tipi di allevamento si differenziano solo per il luogo in cui sono allevate le galline ovaiole, l’Allevamento biologico obbedisce alle regole stabilite per tale tipologia di produzione e gli animali razzolano all’aperto per alcune ore al giorno.

Ma quale è la situazione italiana?
Non ci sono dubbi: è sufficiente dare un’occhiata ai gusci delle uova in vendita per scoprire che il numero “3“, il quale indica l’allevamento in gabbia, è quello più frequentemente riportato. In Italia le uova prodotte a livello intensivo (allevamenti che hanno più di 350 capi), sono state, nel 2003, 10 miliardi e 405 milioni. Di queste, ben 10 miliardi provengono proprio dagli allevamenti in batteria, pari al 96% del totale. Negli allevamenti rurali (meno di 350 capi) sono state prodotte 2 miliardi e 432 milioni di uova, quasi totalmente destinate all’autoconsumo. Sono dati, del resto, che non riguardano solo il nostro Paese, ma anche il resto d’Europa, dove su un totale di circa 300 milioni di galline, circa 270 milioni sono allevate in gabbia (87%).
Ma il numero “3” non è l’unico elemento comune presente sui gusci delle uova in vendita nei negozi di casa nostra. Ce n’è anche un altro: la sigla IT, abbreviazione di Italia. Infatti le uova che finiscono sulle nostre tavole sono prodotte proprio nel Bel Paese. Anche in questo caso è utile fare ricorso ai numeri. Nel 2003 sono state consumate circa 12 miliardi e 600 milioni di uova in Italia, mentre quelle prodotte sono state oltre 12 miliardi e 837 milioni, evidenziando un saldo attivo nella bilancia commerciale pari a 201 milioni di tonnellate.

Ma cosa hanno di tanto speciale le uova per meritare tutta questa attenzione?
Abbiamo già parlato della novità di quest’anno, il codice sul guscio. Passiamo ora ai valori nutrizionali. Oltre ad una buona quantità di vitamine (A, B, E) e di sali minerali (ferro, potassio, magnesio e calcio), le uova vantano il più alto valore biologico fra tutte le proteine animali.
Facili da digerire e da masticare, hanno sfatato alcuni pregiudizi: promosse alla prova colesterolo (-8% negli ultimi anni), svolgono una funzione protettiva nei confronti del fegato.
“L’uovo – spiega il Prof. Marcello Ticca, Libero Docente e Specialista in Scienza dell’Alimentazione –rappresenta un ottimo nutriente per i bambini e per i ragazzi. Non a caso, è uno degli alimenti che vengono subito utilizzati dopo lo svezzamento per completare l’apporto nutritivo del latte (dal settimo mese di vita il tuorlo e dopo il dodicesimo anche l’albume). E va bene anche per gli anziani: svolge adeguatamente il suo ruolo di contribuire a coprire il fabbisogno giornaliero di proteine e vitamine, non compromettendo affatto le funzioni del fegato e non incrementa il tasso di colesterolo nel sangue. Per questa ragione si possono consumare anche quattro uova a settimana.”
Un concentrato di salute, quindi, e a buon mercato. Anche durante l’era dell’euro … Infatti, secondo le stime dell’Unione Nazionale dell’Avicoltura, dal 2001 al 2004 il prezzo alla produzione è salito solamente del 3,1%, pari a 0,23 centesimi di euro (da 0,0721 a 0,0744 euro). Nello stesso periodo dell’anno, il prezzo al consumo è salito del 9,2%: meno di quanto registrato dal tasso generale di inflazione. Ecco quindi spiegato l’apprezzamento di questo alimento da parte degli italiani. I piatti a base di uova possono essere i più diversi (alla coque, frittate, pasta, dolci,) e il consumo resta alto, tanto è vero che nel 2003 ha superato i 12 miliardi e 636 milioni di pezzi. Sono numeri che ne sottolineano l’importanza all’interno del settore agro-alimentare italiano. Nel nostro Paese l’anno scorso sono stati prodotti 12 miliardi e 837 milioni di uova, che corrispondono a 808 mila tonnellate, per un fatturato di 1 miliardo 350 milioni di euro. E se confrontiamo la situazione italiana con quella degli altri Stati della UE, scopriamo che l’Italia rimane il secondo paese produttore, dietro la Francia (904 mila tonnellate di uova), ma davanti alla Germania (780 mila) e alla Spagna (756 mila).

La filiera integrata verticalmente? Una garanzia per tutti i consumatori

Cosa c’è dietro questo alimento così diffuso sulle tavole del nostro Paese? La “filiera verticale integrata”: un modello organizzativo vincente, perché permette alle imprese di controllare tutte la fasi della produzione e di offrire un prodotto sempre fresco. Il “menù” delle galline, studiato attentamente da esperti tecnologi, è costituito da materie prime naturali (mais, soia, erba medica), rigorosamente selezionate per evitare la presenza di impurità. Gli animali sono costantemente controllati da veterinari delle aziende e delle autorità pubbliche. La stessa fase della selezione e del confezionamento delle uova avviene nel pieno rispetto di regole stringenti: le uova sono imballate entro 48 ore, mentre quelle sporche sono immediatamente scartate.

U.N.A. Unione Nazionale dell’Avicoltura
E-mail una@unionenazionaleavicoltura.it
Web www.unionenazionaleavicoltura.it

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